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IL SITO DEDICATO A TUTTO IL POPOLO RESIANO CHE TENACEMENTE CONTINUA A DIFENDERE LINGUA,CULTURA E TRADIZIONE


Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

sabato 1 dicembre 2012

Resia, l’ultima valle delle Alpi Giulie

In un recondito angolo dell’arco delle Alpi Giulie, la natura ha voluto incastonare una valle come fosse una pietra preziosa. Delle sentinelle hanno avuto il compito di salvaguardarla, esse sono: verso sud – ovest i Monti Musi con la loro cima più alta di m. 1959 e verso est il gruppo del monte Canin (m. 2587), caro agli Alpini, che con le sue lunghe propaggini degrada sia verso sud che verso ovest.

La valle è attraversata dal Resia, un corso d’acqua che scaturisce ai piedi del Canin che dopo un corso di appena km 20 si getta nel Fella affluente del Tagliamento che sboccando nell’Adriatico unisce i monti al mare. L’accesso alla valle è guardato dal piccolo centro di Resiutta, che ha circa 500 abitanti. Qui, in tempi lontani, si sono fermate e hanno trovato rifugio sicuro, probabilmente 4 gruppi familiari, distinti dalla popolazione locale perché usavano ed usano ancora una lingua arcaica del ceppo slavo. Giunti forse al seguito di orde barbariche, in tempi di cui mancano le “fonti” ma è più probabile intorno al 1098, per motivi religiosi dopo lo Scisma d’Occidente per non aderire alla Chiesa Ortodossa di Costantinopoli e rimanere fedeli alla “Cattedra Romana”, rifiutando da subito il Cattolicesimo Nazionale, proprio di molti popoli slavi. Questa potrebbe essere l’origine remota dei Resiani.
Volutamente relegati tra i monti, questa gente laboriosa si è fatta notare per le molteplici attività svolte nella propria valle ma anche lontano, rimanendo sempre saldamente radicati alle origini. I Resiani hanno goduto di un sicuro protettore in cambio dell’obbligo di corrispondere dei diritti feudali ed ecclesiastici all’abbazia benedettina di Moggio (Udinese) dedicata a San Gallo cui successivamente è stato affiancato il compatrono San Carlo Borromeo. Sita nel Patriarcato di Aquileia è stata fondata da alcuni monaci svizzeri provenienti da San Gallo, sorta sul greto del fiume Fella forse in seguito ad una donazione (1084 - 1086), è stata costruita sui ruderi di un castello di cui rimane una torrazza. Consacrata il 28 agosto 1118 da Andrea vescovo di Cittanova d’Istria, ha raggiunto il massimo splendore negli anni in cui è stata retta da San Carlo Borromeo che per altro non ha mai visitato l’abbazia. L’imponente centro monastico è via, via decaduto fino al definitivo abbandono dei benedettini del 1777.
Resia ha seguito le vicende politiche del vicino Friuli, perciò in tempi recenti è passata prima all’Austria, poi all’Italia, sempre cercando di passare inosservata.
Bisogna arrivare al secolo scorso perché la valle risvegli gli appetiti espansionistici dei vicini per cui un “piccolo” popolo, da allora corre il pericolo di finire nelle fauci del prepotente. Oggi la vicina Repubblica indipendente di Slovenia pretende di annoverare i Resiani tra gli Sloveni, da qui il diritto all’autodifesa e ad essere difesi dal Governo Italiano.
I popoli non sono fatti di morbido stucco perciò non possono essere adattati ad altri invece, nella Venezia Giulia si è assistito più volte al tentativo di applicare la formula: frammentazione della verità, falsità storica, cancellazione. La presunzione di attuare dei progetti disgreganti disegnati lontano, il susseguirsi di disattenzioni pilotate, riassumibili in interessi pecuniari nel nord – est hanno creato per troppi decenni molti disagi. La difesa dei Resiani ricorre giustamente alle prove oggettive: “La testimonianza di un popolo Slavo arcaico (E. P. Hamp) di ceppo diverso dai vicini Sloveni, vive in una valle delle Prealpi Giulie.
I prof.i Corrai e Capitanio (1987)e più recentemente negli USA , CBM, Sience Parck, l’Università di Udine e nel Capoluogo Giuliano, un gruppo di ricercatori del Centro di Biochimica Molecolare dell’Ospedale Burlo Garofolo, effettuate le analisi del caso hanno espresso il seguente parere: “Trattasi di una popolazione molto omogenea, probabilmente fondata da un piccolo gruppo di fondatori. E’ di particolare interesse il fatto che “la deriva genetica”, conseguente al lungo isolamento, ha reso i Resiani diversi dalle popolazioni iniziali: “I Resiani sono solo Resiani, questo è uno dei motivi per cui vogliamo essere riconosciuti come comunità storica di antico insediamento ed il resiano come lingua slava arcaica, perciò chiediamo di non essere compresi nella legge n. 38/2001 (che tutela la minoranza Slovena).” Alla ricerca ha risposto il solito “captor” nella persona del ministro degli Esteri sloveno Samuel Zbogar che ha presentato un reclamo ufficiale a Ginevra presso il Consiglio delle NU, appunto per segnalare la mancanza di tutela degli “Sloveni della Val Resia”. Si aggiunge a ciò quanto ha effettuato il Presidente uscente della Repubblica di Slovenia Danilo Turk che, in visita a Caporetto, ha accusato l’Italia di non applicare la legge sulla tutela della minoranza slovena della Val Resia. Infine il Premier sloveno Barut Pahor, ha reclamato il diritto alla tutela della minoranza slovena nelle Valli del Natisone, del Torre e di Resia. Di Di rimando all’esposto I Resiani reclamano: “che abbia termine alla quasi secolare mercificazione dei Resiani, Torriani, Natisoniani che vengono umiliati imponendo loro indirettamente l’ “identità nazionale slovena e la patria slovena”, nella quale non si riconoscono per diritto di non appartenenza. Chiedono infine: “una legge che tuteli assieme al doveroso rispetto della nazionalità italiana cui appartengono e della nostra millenaria storia e cultura.”
Le caratteristiche di questo piccolo popolo sono:
La Comunità Resiana è tutta compresa nel Comune di Resia (unità di territorio); la
lingua slava arcaica è distinta da qualsiasi altro idioma slavo ed è stato mantenuto e trasmesso per sola tradizione orale; l’UNESCO ha compreso il Resiano nella Mappa mondiale delle lingue in Pericolo; ha una tradizione musicale peculiare, le sonate “resiane” vengono composte su tempi dispari ed eseguite con strumenti ad arco modificati, i passi delle danze sono strettamente codificati con la punteggiatura uno o tre.
Non è fuori luogo considerare le conclusioni raggiunte da Raffaello Battaglia. Ne è un esempio un suo studio pubblicato postumo nel 1959 ed intitolato “L’Europa Danubiano balcanica” dal quale si evince che gli Slavi insediatisi in quella penisola, ancora oggi hanno l’ansia di ampliare il loro territorio, di costruirsi un passato e la storia mutuando a piacere li elementi necessari da altri popoli.
Scrive il Battaglia: “Nelle loro attuali divisioni politiche e quelle “nazionali”, Sloveni, Croati e Serbi costituiscono aggregati storici di origine relativamente recente e non rappresentano “unità etniche” originarie. Lo studio antropologico di queste popolazioni è intimamente legato al tanto discusso problema dell’origine degli Slavi meridionali e quello non meno interessante, nel campo antropologico, dei rapporti di derivazione esistenti fra la razza Adriatica o Dinarica e gli Slavi balcanici. Il vecchio problema dell’indigenato degli Slavi era già presente nel remoto passato in tutti i paesi europei dove essi si trovano al presente ed “ha profonde radici nella storia della slavistica”. Essa risale alla cronaca di Nestore (XI secolo), dove appare per la prima volta, frutto dell’orgoglio nazionale di un monaco slavo, insoddisfatto delle cronache bizantine, quel binomio “Iljurik – Slovene” (Illirico - Sloveno), privo di ogni base storica e antropologica, ma elevato col sorgere della slavistica a dignità di verità storica. Per attenersi ai dati storici più sicuri è necessario riconoscere che le prime notizie relative alla esistenza di genti slave nella penisola balcanica risalgono al VI sec. d. C. quando sono state rilevate parziali scorrerie di bande slave isolate o più spesso unite ad altre genti barbariche (Unni, Avari. Goti). Gli antenati degli Slavi balcanici, avrebbero avuto le loro sedi nell’Europa orientale e, secondo Niederle in qualche regione dell’alta Vistola (Protosloveni), e nella regione dei Carpazi (Protocroati e Protoserbi). Ma tra gli stessi studiosi slavi vi è chi dubita di una così antica individualità etnica e storica degli attuali Sloveni (Slovenci), Slavini, Slovinci, come venivano chiamati fino alla metà dell’Ottocento anche le popolazioni dell’entroterra dalmata.”
I Resiani, certi ci essere Italiani, sicuramente orgogliosi sia della propria origine che di essere riusciti a conservare integre le caratteristiche di un antico piccolo gruppo umano proveniente dal profondo Est Integrati, anzi fusi pacificamente con la popolazione locale hanno trovato il proprio habitat all’ombra delle Alpi, qui con il sostegno del proprio credo: “Lavora, ama, balla, canta, vivi come se il Paradiso fosse sulla Terra” , hanno resistito trovando la forza di opporsi a chi vorrebbe fagocitarli.


Tratto dal sito RINASCITA.EU

2 commenti :

  1. Articolo ottimo,ben congegnato, attuale,veritiero,storico,inoppugnabile. Chi è il bravo autore? per fargli i complimenti naturalmente.

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  2. Mi associo ai complimenti che vorrei fossero letti dall'autore: l'articolo aiuta (per chi non è resiano ma frequenta la valle) a fare il punto della situazione, lasciando spazio al confronto e all'approfondimento.

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