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giovedì 21 novembre 2013

Idroelettrico friulano a rischio d’esser “colonizzato” dalle multiutility

 Idroelettrico friulano a rischio di essere “colonizzato” dalle grosse multiutility, e comitati e associazioni ambientaliste chiedono alla Regione un’attenzione particolare e un intervento su più fronti.
Lo hanno detto in conferenza stampa i Comitati a tutela del lago dei Tre Comuni con Franceschino Barazzutti e Dino Rabassi, Marco Iob del Ceci ed Emilio Gottardo di Legambiente. A preoccuparli sono soprattutto le miriadi di derivazioni già in funzione, senza contare le centinaia che sono attualmente in istruttoria nelle direzioni regionali: dalle innumerevoli che interessano la zona di Forni Avoltri, alle tre nella Valle del lago, una sul Tagliamento a Gemona, fino ad arrivare a Resia e nella val Raccolana.

«Chiediamo – ha detto Barazzutti – che la questione idroelettrica entri nella realizzazione del piano energetico regionale, e fino ad allora si preveda una moratoria di tutte le richieste di concessione. Crediamo che l’energia idroelettrica dovrebbe essere gestita dai Comuni, magari consorziati e in grado di finanziare gli interventi attraverso fondi di rotazione, in modo tale che la ricchezza prodotta resti sul territorio».
A preoccupare comitati e associazioni è la constatazione che la maggior parte delle centrali presenti oggi siano in mano a gruppi privati, su tutti Edipower che possiede impianti di quel tipo a Ovaro e Arta in Carnia, ma anche lungo la Ledra, il Cellina e pure l’Isonzo: «Abbiamo apprezzato – ha detto Emilio Gottardo – la scelta della giunta regionale di stralciare, nella legge omnibus in queste settimane all’attenzione del consiglio, l’applicazione del deflusso minimo vitale ab libitum, ma ci sono molte richieste che avevamo fatto come un osservatorio sulla tutela delle acque e la moratoria che non ci sono, e oltretutto mancano delle linee di indirizzo su come dovrà essere gestito il settore».
Dal canto suo, il Cevi mette in guardia la Regione dai mancati riscontri a livello nazionale del referendum realizzato due anni fa, e la condizione di “poca voce in capitolo” di cui godono oggi gli amministratori sulla questione: «Il nuovo ruolo dell’Authority per l’energia elettrica rispetto a quello che aveva l’Ato, composto dalle amministrazioni – ha detto Marco Iob – ha tolto sovranità ai sindaci, e assistiamo all’assorbimento di molte realtà locali in grosse multiutility come nel caso di Era con Acegas. C’è bisogno di una nuova legge regionale sul bacino idrografico, che indirizzi le priorità e permetta alle amministrazioni locali di gestire l’idroelettrico così come già prevede la legge nazionale per i Comuni sotto i mille abitanti».
Secondo i comitati, anche le procedure di valutazione di impatto ambientale, oggi di competenza ministeriale, dovrebbero essere gestite dalla Regione: «Prendiamo l’esempio da Bolzano – ha detto Dino Rabassi – dove quelle procedure non sono di competenza ministeriale, anche perché solo gli enti presenti sul territorio lo conoscono, e in quanto tali sono in grado di valutare a fare le scelte opportune per salvaguardare e sfruttare in modo adeguato il proprio ambiente e le sue ricchezze».

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