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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

sabato 30 novembre 2013

MINORANZA SLOVENA: IN FVG CARTELLI STRADALI BILINGUI

 La presidente della Regione Debora Serracchiani ha firmato nella giornata di ieri il decreto che individua gli enti gestori e concessionari dei servizi pubblici che, in base all'art.10 della legge 38/2001 ("Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli Venezia Giulia"), sono tenuti all'utilizzo dello sloveno nelle insegne pubbliche e nella toponomastica nell'area confinaria del Friuli Venezia Giulia, dove è storicamente presente questa comunità.
Saranno così coinvolti nell'attuazione di tali misure Anas, Autovie Venete, Autostrade per l'Italia e FVG Strade; i gestori del Trasporto pubblico locale Trieste Trasporti, SAF-Autoservizi FVG di Udine ed APT di Gorizia; RFI-Rete ferroviaria italiana, Trenitalia, Aeroporto FVG, Poste Italiane e la Rai. Per la complessità progettuale, realizzativa e l'impegno finanziario richiesto per l'attuazione degli specifici interventi, il decreto prevede l'introduzione graduale delle misure di tutela, ma viene raccomandato fin da subito l'avvio degli interventi che siano di più immediata concretizzazione. Gli enti gestori dei servizi pubblici in questione sono stati proposti dal Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena. L'approvazione del decreto era stato uno dei temi al centro dell'incontro di Capodistria della presidente Serracchiani con il ministro per gli Sloveni d'Oltreconfine e nel Mondo Tina Komel.

Tratto dal sito FRIULI V.G.

5 commenti :

  1. Noi siamo fatti così, se ci danno uno schiaffo porgiamo subito l’altra guancia. Masochisti! Adesso hanno ottenuto quello che hanno voluto, i pochi, contro il rifiuto, dei tanti.
    Alla fine della seconda guerra mondiale, Tito voleva occupare tutta la Venezia Giulia, per farne la settima repubblica socialista, unitamente con le due provincie autonome socialiste, con la compiacenza di alcune forze politiche italiane. Sappiamo, questa è una conseguenza confermata da tanti fatti e casi storici che, alla fine, al momento dei trattati di pace, che non sono altro che la spartizione del bottino di guerra, le contese lasciano sempre delle ferite non facilmente rimarginabili e dimenticabili, questo non lo dico io ma è la storia che ci insegna. Imporre delle norme di attuazione, come il bilinguismo, anche nelle zone dove non è sentito ne accettato, viene supportato perché determinato dall’alto senza conoscere cosa ne pensa la popolazione e senza la preventiva approvazione degli interessati. Viene deciso, e questo non è leale perché conseguente da imposizioni, legittime per pochi ed abusive e disoneste per molti.

    P.S.
    Ancora lui, sempre lui. Cari appassionati di questo blog abbiate pazienza, qualcuno deve pur cercare di animare questo diario in rete, in nome e per la causa resiana, perciò io vi dico: sveglia ragazzi perché questi ci portano via anche la sedia da sotto il culo, nel gergo letterale, hanno imparato a presidiare tutto. Con questo vorrei ringraziare Canin per il modo e la sintonia che ho potuto riscontare nei sui interventi, lo stesso vale anche per Tiziano per la sua fattiva collaborazione.

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  2. Scusi ma la stessa imposizione è stata fatta dall'Italia quando ha occupato i territori a est e a nord di Cividale, andando fino a Tarvisio, dove storicamente è presente la comunità slovena. Le ricordo inoltre che la Jugoslavia non ha mai occupato il Friuli mentre l'Italia fascista occupò Lubiana, l'odierna capitale della Slovenia creando la provincia italiana di Lubiana e proibì l'uso della lingua locale, perpetrando saccheggi e violenze su persone innocenti. Lei sostiene che in queste zone del Friuli c'è un rischio di assimilazione etnica da parte slovena mentre non riconosce che di fatto è già successo il contrario, con tanto di complicità delle istituzioni, in epoca fascista e non; basta solo leggere i cognomi italianizzati e non della fascia confinaria. Continuare con la mentalità da guerra fredda, seppur ben radicata, in alcuni animi certamente non porterà a una pacificazione totale, probabilmente perchè i confini vengono considerati barriere e non ponti.

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  3. Ci sarebbe da ridere se fosse una barzelletta. Da prima del 1800 a Resia non c'erano cartelli stradali,forse non c'erano nemmeno le strade. Non c'erano i cartelli perché probabilmente la gente non sapeva nemmeno leggere, a parte i pochi eletti. Poi sono arrivate le macchine,poche. Poi sono arrivati i prepotenti,pochi anche questi. Gli italiani se li sono tolti dai piedi. Gli sloveni mi sembra che se li tengano tutti ben stretti. A Resia,mi risulta,c'erano i cartelli con scrittura slovena,a servizio di pochi. Giustamente sono stati rifatti in lingua Resiana a servizio di molti.A questo punto, siccome Resia è in provincia di Udine, che siano messi anche i cartelli stradali in lingua friulana,anche questi a servizio di molti e non certo a servizio di una sparuta minoranza (minoranza di che?). Mi sembra che l'Unesco, ben conosciuto in italia, ma sconosciuto all'estero, ha dato tutela alla LINGUA RESIANA, è sicuramente, certamente opportuno che i cartelli stradali siano in esclusiva lingua Resiana e Friulana, conosciuta ai più. Chi non sarà in grado di leggere il Resiano e Friulano si potrà munire di adatto dizionario. Chi è ancora ancorato al periodo del ventennio,per l'Italia,è opportuno fargli sapere che le cose sono cambiate. Non so invece quanto siano cambiate le cose in casa di altri,ma noto che le prepotenze continuano.

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  4. A questo punto cerchiamo di non tirare in ballo sempre e comunque le stesse cose, fascisti di qua, fascisti di la, per non parlare delle foibe, sono passati quasi settant’anni e siamo ancora qui. Anteriormente la prima guerra mondiale il confine dell’Austria arrivava fino a Pontebba. Pontebba italiana e Pontafel austriaco, dove il torrente Pontebbana segnava il confine italo-austriaco, dividendo così il paese in due comuni, questo fino al 1919, dove si può ammirare ancora un’antica pietra di confine recante l’iscrizione “Impero d’Austria”. Pertanto La Val Canale, Tarvisio compreso, era dominio, fino al 1919, dell’impero austriaco, poi questo territorio è passato sotto la sovranità italiana. La zona non è ben definita e circoscritta: si parla l’italiano, il friulano, il tedesco e lo sloveno, la Val Resia, invece, dove risiede il popolo di Resia, è una zona ben localizzata e delimitata, dove si parla il resiano, la lingua resiana, e tutti sono scolarizzati in lingua italiana. Noi non cerchiamo nessuno, non abbiamo bisogna di taroccare altre culture, come non abbiamo bisogno che qualcuno ci imponga cartelli stradali bilingue: italiano-sloveno, li abbiamo già, bilingue: italiano-resiano, sono gli altri, i futuri colonizzatori linguistici, i falsificatori, che ci cercano, ci intimidiscono, per il fatto che non rispettiamo la famigerata legge 38/2001, che non facciamo questo e non facciamo quest’altro, in casa nostra. Nel 1866 Resia aveva scelto l’Italia, confermando la sua scelta anche il 01 aprile 1946, quindi, senza equivoci, questo è considerato territorio italiano e non ci piacciono le interferenze esterne. Se vuoi il rispetto devi prima rispettare, senza pretendere delle cose che non sono tue.
    Si dice che chiunque si opponeva ai piani jugoslavi di annessione veniva accusato di fascismo o connivenza con il nemico, ora questo slogan l’hanno ereditato gli sloveni e le persone di origine slovena, penso che sia anche il tuo caso.
    Qualcuno, dalla parte oltre il Canin, nel 1945 affermava: “La nostra presenza in Val Resia è dovuta puramente a ragioni politiche. Indubbiamente il destino di questa striscia di territorio sarà deciso da un plebiscito che sarà tenuto in presenza delle nostre forze armate, per cui il risultato può essere considerato certo. (…)”. I resiani non dimenticano

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  5. è un bene guardare al passato non dimenticando, ma è altrettanto necessario guardare al futuro. Il capoluogo regionale ha già un piede fuori dall'Italia chissà quali nuovi confini sorgeranno nelle prossime generazioni...

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