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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

domenica 13 marzo 2016

Raccolta Firme: RESIANO, IN APRILE FIRMA E FAI FIRMARE - DIFENDI LA TUA IDENTITA' E QUELLA DEI TUOI FIGLI

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Lingua e Storia della Val Resia
È stata approntata la legge regionale sulle minoranze linguistiche con il numero 26. Un’ altare alla minoranza linguistica slovena e nemmeno un distinguo, un piccolo cenno alla lingua resiana, perla della collana delle lingue slave che negli ultimi secoli ha meritato, per la sua unicità l’attenzione di studiosi e linguisti di tutto il mondo. E tant’è datosi che gli slavisti locali hanno nuovamente decretato l’inclusione del resiano tra i dialetti sloveni.
È rimasto, al riguardo, inascoltato il suggerimento del professor Hamp che consigliava di fare un’accurato riesame del resiano prima di catalogarlo, specialmente per quanto concerne le vocali, importantissime ai fini di ogni lingua.

È stato ignorato quanto affermato, a suo tempo, da Baudouin de Courtenay , uno dei più autorevoli linguisti interessati con vera passione al resiano, il quale dopo aver spiegato perché i Resiani non sono Russi, scrive:” in simile maniera possiamo dimostrare che i Resiani non sono Bulgari, non Sloveni nel senso proprio di questa parola, non Serbo-Croati nel senso stretto, ecc., e che ci rappresentano, dal punto di vista glottologico, una stirpe slava indipendente”. Questa affermazione dava molto fastidio ai suoi picconatori, tanto che cercarono di screditarlo solo perché il buono ed onesto B. de C., ormai anziano, stanco ed ammalato, aveva espresso il desiderio di voler riconsiderare la teoria riguardante l’accostamento del resiano al turano-altaico.
Da parte degli slavisti, lo dice un saggio, viste le notevoli manchevolezze della legge 482/99 sono state seguite le articolate e complesse disposizioni che non tengono conto della realtà e dell’equità, ma solo delle forze di “intraprendenti” intellettuali congiunte all’opportunità di salvaguardare certi equilibri politici.
Quindi, catalogare il resiano tra i dialetti sloveni è soltanto un favore fatto al politico che tende la mano, ovunque possa farlo, per avere contributi: ciò è tecnicamente, storicamente e scientificamente un errore. Relegare il resiano nel limbo dei dialetti , anche se la legge non aiuta, rappresenta una mancanza di rispetto, una “diminutio capitis” per una lingua con la quale i Resiani, in quasi 1400 anni di convivenza si sono detti tutto, si sono trasmessi le conoscenze, la cultura, nonché arti e mestieri, tecnologia e musica.
Per favore, signori linguisti, se proprio non potete chiamarci lingua perché la legge non ve lo consente, indicateci con un altro vocabolo appropriato, ma NON GETTATECI nella fossa comune dei dialetti sloveni. La lingua slovena stritolerà e ingoierà il resiano in pochi anni e a Voi rimarrà imperituro l’amaro dentro per non aver fatto nulla per salvare questa stupenda lingua.
Il resiano non può essere un dialetto sloveno in quanto la sua origine è indipendente dallo sviluppo della lingua slovena.
Nello statuto regionale è sancito che gli appartenenti alla minoranza slovena del F.V.G. sono cittadini italiani di nazionalità slovena. Noi non possiamo chiamarci di nazionalità slovena. Con la Slovenja non abbiamo nulla in comune, né topos, né epos, né ethos, né logos, né caratteri né modi, e nei tanti secoli trascorsi non abbiamo vissuto neanche un attimo di storia insieme uniti, anzi ci siamo trovati gli uni contro gli altri in diverse occasioni. Ad esempio: nel 1500 , durante la guerra tra Austria e Venezia, gli Sloveni si sono schierati con l’imperatore, mentre i Resiani sono rimasti fedeli alla Serenissima; nella guerra 1915/18 Resiani e Sloveni si sono sparati contro lungo tutta la linea del fronte dal Brennero fino al Carso . Evitiamo di citare la 2^ guerra mondiale per i noti motivi, anche se non possiamo non dire che siamo stati aiutati a combattere una dittatura allo scopo di darcene un’altra, che ci sono state delle fucilazioni ingiuste e crudeli e che anche Resia ha avuto i suoi infoibati. Non c’è stata mai convivenza, insomma, né qualsivoglia interagire per mezzo del linguaggio. E ciò perché l’uno non ha mai capito quello che diceva l’altro. Sono realtà linguistiche diverse. I Resiani, quando sono entrati in Valle, per comunicare tra loro usavano il paleoslavo o slavo antico, il quale ha assorbito frammenti di celtico, di latino e di longobardo e nel quale si sono via via inseriti prestiti dal paleoslavo liturgico di Costantino con lo sloveno portatoci dai monaci di St. Paul e di Admont, mandati a Resia dagli abati di Moggio nel XIII e XIV secolo d.C., ed infine i prestiti dal friulano, dal tedesco e dall’italiano.
Guardiamo le statistiche. Attualmente su 100 parole dette in resiano:
- 40 sono comuni a tutte le lingue dell’universo slavo ( mati, oce, oci, ecc. );
- 20 sono solo resiane (gjo, karie, rat, want, wsei, mugjul, pravit, lanita, ecc.);
- 8 sono uguali al solo sloveno (kacja, gosd, skuta, kucjanizza, ecc.);
- 30 sono parole resianizzate prese dall’italiano, dal tedesco e dal friulano;
- 2 sono comuni ad alcune delle lingue slave (es.: jinde = ceko, con il quale abbiamo in comune la desinenza dei verbi ; ric = ucraino; scja = bulgaro, polacco, ucraino ).
Consideriamo la storia. I Resiani sono sotto il Canin fin dal VII secolo d.C., arrivati direttamente da nord-est avendo potuto beneficiare di un periodo di libertà di movimento dopo che Samo ebbe a liberare quasi tutti gli Slavi occidentali. Il gruppo giunto in Carinzia era notevole ed eterogeneo. Gruden e Rutar lo vorrebbero formato da soli Sloveni, scientemente equivocando sul fatto che Franchi, Bavari e Sassoni chiamavano gli Slavi, tutti gli Slavi : Esclavens, Esclovens, Escloviens, ma nessuno storico non sloveno avalla questo dato e Lewanski addirittura li ammonisce e afferma: “ Tra il VI e l’VIII secolo d.C. gli Slavi penetrarono nei territori limitrofi al Friuli formando insediamenti provvisti di un ordinamento statale nel Noricum meridionale. Contrariamente agli assunti dei primi ricercatori detta colonizzazione fu opera degli Slavi occidentali e NON degli Sloveni.” Tale nome per gli Sloveni arriverà solo due secoli dopo, allorquando i Franchi li liberarono dalla schiavitù degli Avari. Dal gruppo trovatosi in Carinzia si staccarono i componenti di quattro tribù che decisero di raggiungere la piana friulana attraverso la valle del Fella. Esse si scontrarono con i Longobardi che le respinsero dopo aver inflitto loro gravissime perdite. I superstiti si rifugiarono nella valle di Resia ed iniziarono una vita di comunità che non si è mai interrotta fino ad oggi. I manipoli di predoni slavi di cui ci narra Paolo Diacono che infastidiscono con le loro incursioni in pianura i Longobardi per buona parte dell’VIII secolo, possono essere solo Resiani ma non Sloveni. Nella storia universale gli Sloveni ( Esclovens ) sono menzionati soltanto nel nono secolo: nell’816 una loro delegazione è a Compiègne per un atto di sottomissione a Ludovico il Pio, nonché per chiedere la distinzione dai loro oppressori e di poter usufruire del territorio posto tra Sava e Drava per viverci e svolgere le loro attività; però la fedeltà all’imperatore ebbe breve durata: tra l’820 e l’823 certo Liudovit assoggettò buona parte della popolazione della Pannonia occidentale, tra cui gli Sloveni, e la spinse alla rivolta contro i Franchi. Il gruppo ebbe un primo successo contro Cadola, marchese del Friuli, e riuscì a invadere parte del territorio a ovest del Sava, ma poi i Franchi inviarono sul posto un forte contingente di uomini e anche con l’ausilio dei Croati ( Bozna ), dispersero e decimarono i rivoltosi. Dopo tale batosta, gli Sloveni si ripresero nella seconda metà del nono secolo e ricevettero pure la visita di Cirillo e Metodio, ma poterono ricompattarsi e iniziare finalmente una vita di comunità (per diventare uno dei popoli più miti e corretti della storia ) solamente dopo il 950, all’esaurirsi della furia degli Ungari che, in cinque distinte ondate, passarono sulla Pannonia occidentale come un ferro rovente.
A questo punto siamo in aperto conflitto con i cinque più cinque che – con un’azione politica degna del miglior Talleyerand, motivata dal solo” scientifico” riflesso linguistico- hanno chiesto ed ottenuto l’inserimento del comune di Resia tra quelli tutelati dalla legge sulla minoranza slovena. Vorremmo capire come mai ( un virus ? ), pur avendo essi in valle un seguito più vicino allo 0 che non al 15% esatto dalla legge ( e non potrebbe essere altrimenti, datosi che nessun Resiano, ma proprio nessuno può legittimamente dichiararsi di nazionalità slovena e nessuno, ma proprio nessuno conosce l’inno nazionale sloveno ), continuano imperterriti a perseguire il loro scopo e a mantenere la posizione e la consegna assegnategli al momento del loro reclutamento da parte di Maticetov, regista di tutta la faccenda, il quale - anche con l’aiuto di portatori locali, ovviamente - è riuscito a portare l’acqua del Resia nel Sava , blandendo e ammaestrando, strada facendo apprendisti linguisti, pseudo giornalisti e scrittori, tesisti, eccetera. Qualcuno degli istanti surriferiti ha addirittura ammesso che il resiano non può essere un dialetto sloveno e che i Resiani non possono evocare la nazionalità slovena ma che tutto viene portato avanti per il bene di Resia, visto e considerato che i competenti organi accettano anche noi Resiani . “ Insomma, ci fingiamo Sloveni per avere i contributi “, e non gliene cale né poco né tanto se il magistrato potrà intravedere nel loro dire ed agire la configurazione di uno o più elementi costitutivi del reato di truffa ai danni dello Stato, datosi che quelli elargiti sono quattrini sborsati dai contribuenti italiani.
Ai signori competenti della CULTURA si chiede la cortesia di voler restituire la dignità di LINGUA al RESIANO, perla della collana delle lingue slave da sottoporre all’attenzione e alla tutela dell’UNESCO come patrimonio universale. Grazie
Associazione culturale “ Identità e Tutela Val Resia “

Gilberto Barbarino

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