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giovedì 26 gennaio 2017

Walter Bonatti: L’eroe del K2 sugli sci: tutte le Alpi dalla Val Resia Partí da Stolvizza, era il 1956. Il resoconto ne “Le mie montagne”

In un giorno di primavera di sessant’anni fa un Walter Bonatti appena ventiseienne arriva in Friuli per dare inizio a una impresa senza precedenti: attraversare tutto l’arco alpino italiano da est a ovest con gli sci. Come punto di partenza sceglie una delle valli più belle e solari della regione, la Val Resia.
E da Stolvizza di Resia la mattina del 14 Marzo 1956 parte con tre compagni, zaini pesantissimi e sci in spalla, verso la cima del Monte Canin, superando i ripidi versanti occidentali del massiccio. Definirà la prima tappa “abbastanza difficile” e trascorrerà la notte bivaccando sulla cima, scavando una buca nella neve.
Lo scarno diario di traversata è contenuto nel volume “Le mie montagne”, oggetto di felici ristampe, con pochi riferimenti al lettore avido di notizie, al di là dell’elenco preciso delle ore, dei dislivelli, dei chilometri percorsi, delle condizioni incontrate. Ancora meno elementi si possono rintracciare sul nostro territorio. Il passaggio di un Bonatti già famoso per il K2 e per la scalata al Petit Dru passa praticamente inosservato anche a Tarvisio, dove i quattro giovani trascorrono una delle rare notti al caldo. E questo rimane un mistero. Possibile che nessuno li abbia notati? Forse furono proprio loro a volere così.
Intanto un numero monografico della rivista Meridiani Montagne racconta l’intera traversata ripercorrendola con gli occhi di oggi. E dedica alle tappe realizzate da Bonatti in territorio friulano il pezzo d’apertura. Cosa troverebbe il grandissimo alpinista scomparso nel 2011 se per ipotesi si mettesse in viaggio adesso? Nuove strade, impianti e piste da sci, costruzioni di centri turistici hanno in molti punti del percorso cambiato la fisionomia del paesaggio, a partire proprio dal Canin.
Oggi Bonatti non si vedrebbe costretto a una difficile discesa lungo il versante nord del monte per evitare le fucilate dei graniciari, ma in compenso inciamperebbe dall’altro lato negli impianti di risalita e nei palazzi di Sella Nevea, allora ben lontani dall’esistere. E lo stesso accadrebbe a Passo Pramollo, dove nel 1956 non esistevano che pascoli. Ma per fortuna il resto dell’arco alpino friulano da lui attraversato è rimasto in gran parte incontaminato, proprio a partire dalla Val Resia, che ricade all’interno di un territorio tutelato dal Parco delle Prealpi Giulie - dove lo scorso marzo si è giò avuto modo di ricordare l’anniversario del passaggio di Bonatti.
Dal punto di vista meteorologico la spedizione non fu fortunata. Dopo i primi due giorni di sole primaverile e cielo terso il tempo si guasta presto. Ben dieci dei dodici giorni trascorsi sul nostro territorio alpino - sui sessantasei impiegati per l’intera traversata - sono funestati da maltempo e bufera. Il Cogliàns era stato sicuramente considerato come cima da raggiungere, perché gli alpinisti trascorrono una notte a Passo Monte Croce Carnico: ma viene accantonato per mancanza di visibilità e meteo sfavorevole.
E per ben due notti i quattro sciatori sono costretti a bivaccare al rifugio austriaco sul Lago di Volaia, bloccati del maltempo. È per questo infausto acc. animento meteorologico forse che le Alpi Carniche lasciano una brutta impressione a Bonatti e compagni. Nel libro le Carniche vengono definite “difficoltose”, “dall’aspetto tormentato” e “poco adatte allo sci”, anche se non fu sicuramente la neve a mancare quell’anno.
Oggi invece si fa fatica a trovarla, la neve. Ma è anche
vero che c’è ancora un po’ di tempo per vedere le montagne bianche. E se qualcuno volesse ritentare l’impresa e smentire le brutte impressioni di Bonatti, non gli resterebbe che provare. Magari fornendo un’attrattiva turistica in più ai potenziali amanti dell’Alpe.

Tratto dal Messaggero Veneto del 23 gennaio 2017

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