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L.
38/2007 - INGIUSTA APPLICAZIONE
La
legge 482/99 di tutela delle minoranze linguistiche storiche, tra cui
la slovena e la legge 38/01 di tutela della minoranza linguistica
slovena, sono applicabili, per espresse loro previsioni,
rispettivamente (solo) dove “LA MINORANZA E' STORICAMENTE RADICATA
E IN CUI LA LINGUA AMMESSA A TUTELA E' IL MODO DI ESPRIMERSI DEI
COMPONENTI DELLA MINORANZA LINGUISTICA” e dove la minoranza slovena
“ E' TRADIZIONALMENTE PRESENTE”.
Trattasi
del primo e principale presupposto essenziale richiesti per la
corretta applicazione delle citate due leggi.
L'altro
presupposto riguarda la richiesta di applicazione delle citate leggi
che deve essere fatta o dal 15% degli elettori comunali, oppure da un
terzo dei consiglieri sempre comunali.
Appare
perciò logicamente necessario verificare se il precitato primo ed
essenziale presupposto sia effettivamente presente sui territori dei
comuni delle valli del Torre, Natisone e di Resia che da un lato, pur
avendo taluni chiesto la tutela della “cultura, dialetto e
lingua slovena della popolazione autoctona” hanno avuto tutti
applicabile, -dalla delibera del consiglio provinciale (n. 33
del 26.04.01) che, tra l'altro, non ha nemmeno citato il previsto
presupposto della presenza storicamente radicata sul territorio della
minoranza-
la tutela della lingua slovena come lingua storica
prevista dalla legge 482/99 e dall'altro lato hanno chiesto,
l'applicazione anche della legge 38/01 che tutela la sola minoranza
linguistica slovena , dando semplicemente atto (Delibera di
dare atto . . ) che il territorio dei loro comuni è ascrivibile tra
quelli in cui la minoranza slovena è tradizionalmente presente.
Già
da questa semplice lettura della mancata citazione da parte del
Consiglio provinciale del primo presupposto e delle non chiare
richieste fatte per i comuni delle valli e di Resia, appare chiara
l'intenzione di chiedere l'applicazione delle citate leggi senza il
corretto rispetto del loro principale presupposto. E' infatti
storicamente provato che nelle valli del Friuli orientale e di Resia
non è mai esistita una minoranza slovena.
Anche
partendo da lontano e cioè dall'insediamento nelle Valli del Friuli
orientale e Resia delle popolazioni di origine slava provenienti
dalle Alpi -avvenuto verso il VII° secolo- troviamo elementi di
tradizioni e di lingua che distinguono nettamente queste popolazioni
dalla nazione slovena. Distinzione dovuta, anche secondo
l'Associazione italiana slavisti (AIS), oltre che alle barriere
naturali, anche al fatto che tali popolazioni di antico ceppo slavo,
sin dal loro stanziamento nella valli friulane e Resia hanno
appartenuto sempre ad unità statali diverse (Venezia, Austria,
Province illiriche) da quella cui hanno appartenuto gli sloveni
dell'oltralpe (Impero austroungarico). Distinzione divenuta poi
distacco definitivo con il plebiscito del 1866 con il quale tutti gli
abitanti delle Valli del Torre, Natisone e Resia scelsero di fare
parte del Regno d'Italia. Di scegliere cioè come loro patria
l'Italia che hanno poi sempre amato e servito fedelmente, pur
conservando sin dall'inizio e quindi per oltre 14 secoli, nell'ambito
famigliare e religioso, alcune loro peculiari tradizioni e la loro
originaria lingua materna, abitualmente oggi chiamato; po nasem,
nedisco e resiano, che è realtà dell'idioma locale di origine slava
identificativo di una comunità linguistica minore inserita
completamente nella vita nazionale italiana. Comunità linguistiche
minori (dette anche di antico insediamento) che fu evangelizzata in
lingua slava verso la fine dell'VIII° secolo da missionari slavi.
Successivamente rifiutò sempre il catechismo proposto in lingua
slovena e il bilinguismo italo-sloveno.
Conservò
poi, a livello famigliare e tra mille difficoltà la propria lingua
slava riferita all'arcaismo veteroslavo.
Nel
1933, a seguito della proibizione da parte di Mussolini dell'uso
nella chiesa, la lingua slava rimase relegata alle famiglie, anche se
a Resia, tale divieto è stato ignorato tanto che è stato possibile
persino la stampa di alcuni testi in lingua resiana.
Nella
fase finale della seconda guerra mondiale (1943-1945) la campagna
politica e la propaganda per l'annessione fatte dai partigiani
jugoslavi non ebbero seguito.
Fallirono
anche i tentativi di chiudere le scuole italiane.
Subito
dopo la guerra, 1946, una Commissione internazionale visitò la valli
friulane e Resia e alla fine ritenne che le aspirazioni dei
valligiani non erano quelle di essere annessi alla Jugoslavia. Alla
fine della seconda guerra mondiale, contrariamente a quanto avvenne
sul Carso triestino e goriziano, nelle valli friulane non venne
riconosciuta una minoranza slovena dal Memorandum di Londra e del
Trattato di Osimo.
Nel
1991 anche la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia li differenziò
concedendo loro, tramite la legge 46/91, contributi per iniziative
dirette alla tutela e valorizzazione della lingua locale, cioè
idioma locale di origine slava.
Tutto
ciò premesso sorge spontaneo la domanda del perché oggi detta
popolazione di origine slava è stata riconosciuta minoranza
slovena, non già per una autodeterminazione, o su richiesta
“di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste
elettorali” ma semplicemente su richiesta di un terzo (quattro
soli) dei consiglieri comunali. Cosa ha spinto o convinto questi
piccoli gruppi di consiglieri, molte volte sollecitati dai sindaci, a
spacciare per slovena una popolazione che, come sopra esposto, alla
fin fine non si è mai sentita slovena anche perché non conosce la
lingua slovena, non si sa.
Gli
stessi richiedenti la legge di tutela degli sloveni non lo hanno mai
chiarito.
Solo
la stampa locale ha qualche volta motivato tale richiesta
semplicemente dando significato particolare alla parola “sloveno”,
A
questa parola “sloveno” usata da molti valligiani, delle valli
del Natisone, mai a Resia, abitualmente per definire il dialetto
locale, i periodici Novi Matajur, Dom e Slovit, hanno più volte
insistito e insistono nel voler dare il significato di appartenenza
alla Slovenia e quindi la linguistica slovena.
Tutto
ciò trascurando completamente il diritto, universale riconosciuto,
spettante alla popolazione interessata di scegliere l'identità
desiderata.
Altri,
pochi, arrivano a parlare addirittura di etnia.
Trattasi
di definizione che, tenendo ad impostare il problema sul piano
nazionalistico, hanno ormai fatto il loro tempo. Oggi molti sostengono
che le diversità culturali e linguistiche devono basarsi sui diritti
delle persone di poter essere quello che desiderano essere e
di esprimersi come si sentono di doversi esprimere.
Diritti
che logicamente spettano anche alla comunità linguistica di antico
ceppo slavo delle valli del Torre , Natisone e Resia.
Diritto
anche specificatamente già riconosciuto in precedenza da una legge
regionale, la già citata 46/91, ma che a seguito della recente legge
nazionale 482/99 è stata abrogata nonostante l'espressa previsione
di salvaguardia.
Comunità
linguistica di origine slava rimasta pertanto priva di
qualsiasi tutela.
Costretta
oggi a coltivare solo la speranza che le due leggi di tutela della
minoranza linguistica slovena vengano modificate affinché
comprendano anche le lingue locali qual'è il resiano.
Marino
Droli scrive su la Voce del Friuli Orientale del dicembre 2004,
parlando delle nostre: “ Le distinzioni esemplificative di cui
appresso non appartengono nel modo più assoluto agli “arcaismi”
della lingua slovena come si va dicendo in sedi qualificate, ma sono
un patrimonio linguistico proprio derivante dallo slavo Ecclesiastico
Antico, paleoslavo o veteroslavo, come la filologica slava ci insegna
e come acclarato nelle sedi più qualificate degli Istituti di
Slavistica.
Le
origini dei nostri idiomi sono quindi da ricercare, a mio parere,
presso l'unica fonte e presso i vari gruppi etnici che si insediarono
nei vari comparti vallivi del nostro territorio: come noto essi
provenivano dai bacini dell'Europa centro-orientale e da quelli
dell'Europa balcanica”.
E'
facoltà dei cittadini di Resia ridefinire il territorio esercitando
diritto democratico.
Alberto
Siega
pres.
Identità e Tutela Val Resia
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