ROSAJANSKI DOLUNO - Dulïna se nalaža tu-w Reġuni Friuli-Venezia Giulia. Göra Ćanïnawa na dilä di mërä ta-mi to Laško anu to Buško nazijun.


IL SITO DEDICATO A TUTTO IL POPOLO RESIANO CHE TENACEMENTE CONTINUA A DIFENDERE LINGUA,CULTURA E TRADIZIONE


Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena
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mercoledì 19 novembre 2025

RESIAN LANGUAGE (San Giorgio)

DUJACESSA - Na rosojenka praviza pu Bisken.

Una favola resiana (variante di S.Giorgio)

Original Resian language (UNESCO)

Tau ti stari timpa, ko sde u Resie bila makoi tu nu sde na isciza anu tas te gosdé so stali duiacavi nu duiacesse, bil se naredil din fat chi an se pravil lite nu lite dopo.

Onde dua mlada, mush anu saná, to bilu sclò kopat tau uilasej goro sa Urbiaze anu to melu sa gnimi pa no male tau povaiù. Uonà pulila to male tau peste, anu uon scil ta sa gnu sis impresti anu sibilizo tana Korbi.

Prit ki se giat Kopát, mati dala push tu mu malamu, anu tadii na ga na poiala spat nutuu sibilizo, tapod din uorej,tau sinzo. Sa intantis, tauneu gosgnimu potocu, duiacessa gledala utosna. Na mela pa uonà no male, ma gni to bilo bulnu, to bilo bassanu scul po usin suotè anu to ni melu farcize pa vić sa iocat. Duiacessa na si ciula da to male cjé i umurit anu na bila dispirana. Na ma bi bila jedla kei, forci cac coran chi na ni misce iest, anu scusa mlicu na bila risvalagnala to male.

Tadii usè na din bot, na se dizidinala, na usela uotrocà anu na duriavala duitit ta ti sibilizi. Na popadla to male chi spalu, na giala nutur gnì to bulne anu na io dala naset tei vitar. To male bulne chi to se ciulu sapusćiano, to se gialu uriscat, tadei mati, ta chi bila tau gnivi, na spustila lopato anu na se naviala videt da co ma te mali. Co na vidala da co iè tau sibili, na se giala uriuvet, nu si tesat lasse. So itti parslí pa usì ti iudi chi so copali tas Poie, ma du mogal i pomagat chei, boghi gnei!

Val Resia: CONFLITTO POLITICO-CULTURALE

L’assurdita’ nasce proprio dalla dicotomia tra identità culturale/politica e classificazione linguistica accademica.
Tratto dalla Pagina Facebook "La Val Resia e le bellezze della natura".

lunedì 10 novembre 2025

Jan Niecisław Baudouin de Courtenay “Sull’appartenenza linguistica ed etnografica degli Slavi del Friuli”

La terra dei nostri antenati❤️ I Resiani non sono un popolo geneticamente slavo.

Alcuni passi tratti dagli scritti (studi) di illustri studiosi del passato:

JAN BAUDOUIN DE COURTENAY ".....i Resiani ci presentano la continuazione storica di una fusione di diverse tribù slave con un altro ELEMENTO ETNICO, abbastanza forte, per lasciare nella lingua slava traccie indelebili. L’elemento slavo si è sovrapposto ad uno strato straniero.

Quegli Slavi dovevano provenire da diverse tribù con diversi dialetti, giacché ancora oggi questo piccolo popolo di poco più di 4500 abitanti ci presenta notevoli diversità dialettali, così che dobbiamo distinguere quattro dialetti resiani, relativamente molto differenti.

La differenza principale del Resiano dallo Sloveno e dal Serbo-Croato consiste appunto nel detto strato linguistico straniero."

J. Baudouin de Courtenay “Sull’appartenenza linguistica ed etnografica degli Slavi del Friuli”, in: XI Centenario di Paolo Diacono: atti e memorie del congresso storico tenuto in Cividale nei giorni 3, 4 e 5 settembre 1899, Cividale: Tipografia Giovanni Fulvio, 1900, pp. 197-207

GIOVANNI MARINELLI (studioso,geografo, cartografo, prof. universitario)

Gli studiosi quando studiano le popolazioni, oltre alla lingua, tengono in considerazione anche le caratteristiche fisiche di un popolo. Giovanni Marinelli (studioso, geografo e cartografo) nel 1875 osservando i RESIANI scrisse:

"E' singolare però il tipo della loro fisionomia, più bello che non apparisca di solito negli Slavi, le faccie barbute, i capelli spesso castani, talvolta neri, la pelle bruna; ciò che indicherebbe perlomeno una lunga permanenza sotto cielo meridionale. Si aggiunge a ciò lo strano costume donnesco, che va però smettendosi sempre più, del tenere avvolta la faccia in un fazzoletto, in modo da lasciarla vedere solo per metà nella stessa guisa delle orientali…..

domenica 9 novembre 2025

Antico Slavo Orientale

Ancora alcuni esempi di parole (traslitterate) dall'ANTICO SLAVO ORIENTALE / Paleorusso, il loro significato ed un piccola comparazione con una delle varianti. Praticamente RESIANO!! Queste parole le usiamo ancora oggi e con lo stesso significato.💕 Poi il Resiano dovrebbe essere un dialetto! Di chi?
Articolo tratto dalla Pagina Facebook "La Val Resia e le bellezze della natura".

mercoledì 5 novembre 2025

RESIAN LANGUAGE - PETER JURGEC

IL RESIANO, la nostra Lingua, “una perla rara”.

Le VOCALI resiane.

Questa ricerca interessantissima è stata fatta a Resia alcuni anni fa e di cui non eravamo a conoscenza. Ricerche di questo tenore andrebbero invece divulgate e portate a conoscenza della popolazione.

Il professor PETER JURGEC, linguista, docente all’Università St. George Campus di Toronto, Dipartimento di Linguistica da alcuni anni studia un particolare aspetto della nostra lingua resiana: le vocali. E’ stato a Resia alcune volte ed ha effettuato, insieme ai suoi collaboratori, delle ricerche grazie alla collaborazione di diversi volontari. La prima volta è stata nel 2017 e da allora è tornato più volte, con un piccolo gruppo di ricercatori (studenti e ricercatori post-dottorato). In un’intervista del dicembre 2019, ha dichiarato di aver scelto di studiare il Resiano perché ha molte particolarità interessanti per la Linguistica in generale. Una di queste riguarda la pronuncia: l’accento che cade frequentemente alla fine delle parole, “l’Armonia vocalica” che esiste nel resiano di San Giorgio e di Gniva (come documentò già l’eminente linguista Jan Baudouin de Courtenay ), le vocali del resiano e le differenze tra i paesi.

Jan Baudouin de Courtenay, pioniere della teoria dei fonemi e della fonetica diceva che per quanto riguarda le vocali resiane non si riesce a capire quale organo venga coinvolto quando vengono pronunciate. A quei tempi non c’era la strumentazione (ecografo) che invece è possibile utilizzare oggi. Peter Jurgec, in quest’intervista afferma che con l’uso della combinazione di vari metodi, quali interviste, analisi acustica, ultrasuoni, testi di percezione è possibile fare luce su questo e fare confronti con altre lingue. Afferma che a volte succede che le migliori prove per questo arrivino “DA LINGUE PICCOLE A VOLTE ESOTICHE”. Quindi ci fa intendere che anche lui considera il Resiano una lingua e per di più “esotica”. Secondo il professor Jurgec il Resiano è interessante perchè ha una grande serie di vocali. A San Giorgio (Bila/ Tu-w Bile) hanno 13 vocali distintive. Avete letto bene 13 !! Per vocali distintive si intende che se una la cambiamo con un’altra abbiamo un’altra parola oppure la parola diventa incomprensibile.

Il professor Peter Jurgec afferma che una serie così grande di vocali è rara, tra le lingue del mondo. Un particolare gruppo di voci sono le cosiddette vocali aspirate, quelle che scriviamo con la dieresi e afferma che non si sa cosa significhi questa “aspirazione” (secondo noi perche’ c’è l'influenza delle lingue indo-arie, di cui il resiano possiede tante parole😉 ).

lunedì 9 settembre 2024

martedì 25 giugno 2024

In memoria di Vinci Stefano

RESIA: CADUTI E DISPERSI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE - DIMENTICATI Ritorno al cospetto della lapide che si trova al cimitero di Oseacco. In questa forma e con questo articolo vorrei riportare un po' di chiarezza su quanto è stato fatto, confusamente e disordinatamente, nella trascrizione e nella elencazione dei nomi che compaiono nella falsità di questa controversa lapide, alla sua collocazione, alla doppiezza, alla disparità del suo valore nell’onorare chi, effettivamente e seriamente avrebbe avuto l’onore e la dignità di comparire, di apparire. Essenzialmente avrebbe dovuta essere destinata esclusivamente alla memoria dei partigiani, alla cui dedica riporta la seguente scritta: “AI PARTIGIANI CADUTI NELLA LOTTA PER LA LIBERTA’. Per relazionare quanto non mi è chiaro, purtroppo, anzi non mi è mai stato chiaro, la falsità di questa lapide. Il motivo? Non so chi ha voluto questa lapide, magari è stata ottima come idea, principalmente, spinto forse da ideologie per compiacere e per assecondare nebulose e oscure interpretazioni, ma che ha inevitabilmente falsato completamente il suo significato, la sua memoria storica ed eroica.
Tralascio l’analisi su alcuni nomi, eventualmente per riprenderla nel corso di questo mio scritto. Fra le tante cose poco chiare, a parte l’inserimento “Sloveno ignoto”, idea geniale e acuta, ma priva di fondamento, è l’inserimento del nome di Naidon Isidora, bambina nata a San Giorgio di Resia l’1.12.1938 e deceduta il 7.5.1945 a seguito dello scoppio di una bomba. Insieme a lei, nella stessa circostanza e per lo stesso motivo, muore anche Micelli Valentino, ma lui non compare su quella lapide. Dimenticanza? Per lo stesso motivo, così come non si è voluto ricordare gli altri tre ragazzi di San Giorgio di Resia, deceduti anch’essi per la stessa causa e nello stesso anno 1945. Non conosco però l’esatta datazione. Questo ulteriore episodio succedeva nei pressi di Povici – frazione del comune di Resiutta. I loro nomi: Di Biasio Antonio, Di Biasio Arnaldo, fratelli, e Barbarino Roberto, loro cugino, tutti e tre abitavano nello stesso cortile, in case adiacenti. Vista l’età di questi ragazzi, certamente non erano partigiani per ricordarli su quella lapide, ma la Naidon si, perché? Poi vorrei ricordare, in particolar modo a quelle persone con ancora, forse, in possesso della propria remota memoria, così fosse per ricordare quel fatto che è successo a Oseacco il 15.10.1944. In quel giorno ci fu un episodio molto doloroso e molto tragico per la nostra Valle, l’uccisione, la fucilazione di un ragazzo, un soldato di 19 anni.

martedì 27 febbraio 2024

Lingua Resiana: La mappa. Gobber: «L'Italia dei dialetti, ricchezza da tutelare»

In tempi di regionalismo differenziato non dovrebbero trovare ostacoli norme che, come in Francia e Benelux, mappino e proteggano dall’estinzione le parlate locali. L’Italia è la terra dei cento campanili e di quasi altrettanti dialetti: l’Unesco ne ha riconosciuti trentuno con il rango di “lingue regionali” ma, nella realtà, lungo la Penisola e nelle isole se ne parlano decine e decine di più, per via di antichi e innumerevoli influssi di matrice greca, germanica, araba o d’oltralpe che si sono innestati nello sviluppo dell’antenato latino. Nessun altro Paese in Europa può vantare così tanti e variegati dialetti come il nostro. Si tratta di “parlate”, o vernacoli, che si distinguono talvolta da un paese all’altro della medesima provincia e persino tra i villaggi di una stessa vallata per caratteristiche fonetiche, grammaticali, culturali, “pragmatiche”. « Ma spesso si trovano dialetti diversi anche da strada a strada, da famiglia a famiglia: un patrimonio culturale a cui corrispondono minoranze linguistiche, una tradizione che va salvaguardata come hanno già fatto trent’anni fa, approvando specifiche leggi, il Benelux con i suoi cinque idiomi e la Francia col bretone, l’alsaziano, il corso, il brigasco (lingua locale della Valle della Loira) e, nel 2019, il “patois”» sottolinea Giovanni Gobber, preside della facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica di Milano.
Servono, dunque, una precisa e attuale mappatura dei dialetti presenti sul territorio nazionale e, dopo una necessaria “certificazione”, norme “ad hoc” che li proteggano da un’estinzione altrimenti certa perché le nuove generazioni, col trascorrere degli anni, smettono di parlare la lingua dei vecchi, soprattutto quando si staccano dai luoghi d’origine. La questione è complessa perché implica la permanenza di comunità, piccoli agglomerati rurali o di gruppi etnici, e la loro integrazione con il resto dell’organizzazione sociale. Il che vuol dire più servizi e condizioni di vita adeguate nelle zone a bassa densità di popolazione perché non siano abbandonate a se stesse, ma significa anche iniziative di divulgazione a carattere culturale e, più specificamente, letterario, che valorizzino luoghi, mestieri, usi e costumi locali. Una consapevolezza e un impegno, anche finanziario, che riguardano soprattutto gli enti locali, i Comuni, i comprensori e le Comunità montane. Ma una tale politica, in tempi di regionalismo differenziato, non dovrebbe trovare ostacoli.

martedì 2 gennaio 2024

REGISTRAZIONI DELLE TRADIZIONI POPOLARI RESIANE “COPIA DEL MATERIALE DI PALAZZO VENEZIANO ORA ANCHE A RESIA”

Riporto il titolo di un articolo pubblicato nell’ultimo numero de: “Il Giornale di Resia”. Mi auguro che quanto letto si configuri nelle aspettative, cioè quello che tutto il materiale, seppur in copia, ritorni nella terra di origine. mi auguro e auspico non più etichettato con l’attuale dicitura: “Registrazioni delle tradizioni popolari degli sloveni in Italia”, di cui quelle registrazioni non hanno niente in comune e in comunione con gli sloveni e con la Slovenia, ma con la forma e la sostanza della sua proprietà e particolarità reale, vale a dire: “Registrazioni delle tradizioni popolari resiane”. Detto questo, fatte le mie considerazioni in merito al titolo dell’articolo, passo ad analizzare quanto in esso scritto, articolo non firmato. L’articolo riporta: “Nell’anno 1962, a seguito di un accordo tra un gruppo di ricercatori italiani del Centro Nazionale Italiano Studi di Musica Popolare S. Cecilia di Roma e sloveni del Glasbena narodopisni inštitut za slovensko narodopisje (ora riuniti sotto l’egida dell’Accademia Slovena di scienze e art di Lubiana), effettuarono una ricerca etno-musicologica sistematica a Resia e in altri comune del Tarvisiano e delle Valli del Natisone e del Torre.
Tali ricercatori raccolsero e registrarono numerose testimonianze, canti, racconti e musiche che oggi sono custoditi a Lubiana e, in parte, sono presenti in copia anche a Palazzo Veneziano di Malborghetto Valbruna”. Quanto su riportato, secondo il mio punto di vista, non è esatto, per questo motivo. Nell’anno 1962 e nell’anno 1963 la Rai di Trieste, di cui facevano parte le seguenti persone: Giorgio Nataletti, Valens Vadusek, Milko Maticetov, Uros Krek e Maria Sustar, registrò per conto dell’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma, parecchio materiale culturale resiano, ora gestito presso la propria sede di Roma – Archivio di Etnomusicologia. Il materiale di cui sopra non è mai stato dato in uso a circoli o gruppi folcloristici italiani per farne un loro uso improprio.

lunedì 27 novembre 2023

L’AUTENTICITA’ DELLA STORIA RESIANA – PERCHE’ INQUINARLA?

La Val Resia ha la sua storia, la propria storia, da circa 1500 anni. Nessuno può onorare l’originalità del suo passato e celebrare questa immensa eredità nel presente, se non i veri “resiani”, quei “resiani” che amano sentirsi rispettati nel riconoscersi nelle proprie origini. Studiosi di fama si sono interessati del nostro patrimonio culturale. Sono venuti direttamente a Resia e hanno costatato, in prima persona, la veridicità e l’autenticità del patrimonio culturale di questa isola, diversa nel contesto del panorama circostante; per la sua originalità, la sua singolarità, così come hanno potuto studiare l’atipicità della sua lingua, interessarsi della sua musica, della sua danza, e la caratteristica dei suoi usi e costumi. Quindi Resia può considerarsi ed essere fiera della sua ricchezza culturale, della sua unicità, della sua particolarità. Lo studio e la scoperta della sua particolare eccezionalità genetica, una caratteristica venuta alla luce solo recentemente, è da considerarsi una proprietà e una specificità unica, che va ad associarsi, con questa sua ulteriore peculiarità, alla nostra eccezionale esistenza.
L’unica nota discordante da questo contesto, nel rispetto di tale suo immenso patrimonio culturale, della sua tipicità, manca solo la notizia incoraggiante della sua provenienza, il luogo della sua origine. Noi, quindi, abbiamo la nostra storia, la nostra ricca storia, ma tutto questo non basta a suggellare le nostre esclusive credenziali perché qualcuno, certi personaggi, nella loro pur misera storia esistenziale, sorta forse da una nebulosa e offuscata intraprendenza, una minoranza fasulla, ne vuol riscrivere un’altra, un’altra storia, dando credito alle estratte interpretazioni, velate e mascherate da ingannevoli e astratte storie fasulle. Qualche resiano ingenuo ci crede, segue questi incantatori, questi pifferai, per un po' di visibilità, un po' di lucentezza. La storia non si inventa perché, se la nostra storia è arrivata fino a noi attraverso la ricerca e l’acquisizione della stessa tramite il racconto orale dei fatti del passato, vuol dire che i racconti si basavano sulle esperienze e sulla concretezza di questi fatti e sulle vicende realmente vissute. Se si confuta la nostra storia, così facendo si tenderebbe a compromettere la nostra stessa esistenza e la nostra stessa identità. Così come non si può sporcare l’autenticità della nostra musica, della nostra danza, tralasciando la nostra custodia in balia di chi vuol comprometterne la sua autenticità, la sua originalità. Se abbiamo la nostra storia; se abbiamo la nostra lingua; se abbiamo la nostra musica; se abbiamo la nostra danza; se abbiamo i nostri costumi; se abbiamo le nostre tradizioni; se abbiamo una nostra fede. Perché inquinarla? Perché mettere in dubbio tutto questo patrimonio? Noi abbiamo accolto e permesso, con generosità, che una minoranza filo slovena si sia concessa di aprire una falla nelle nostre credenziali e mettere in discussione e in dubbio la nostra identità, il nostro credere; quindi, slegare quanto appariva protetto e difeso, dove nessuno, fino a quel momento, aveva mai messo in dubbio, la nostra buona fede, la nostra storia, la nostra resianità. L’identità di un popolo, quello resiano, vive per la sua originalità del suo patrimonio culturale, ancorato alle sue tradizioni, ai suoi usi e costumi, alla sua lingua, teniamo quindi ben salda e chiusa la nostra porta, il nostro portone, a quegli avvoltoi che sono alla ricerca di provare a mettere in dubbio la nostra certezza e trasferire altrove un complesso culturale per realizzare una loro apparenza, quindi portarci via quanto noi abbiamo ereditato, conservato e valorizzato e farlo proprio per una loro visibilità, per una loro misera cultura. La nostra comunità, il nostro popolo, ha un immenso valore, non lasciamocelo sfuggire.

Franco Tosoni

giovedì 16 novembre 2023

Oseacco 1976

"Oseacco, una delle frazioni della Val di Resia, non conta più di quattrocento anime che, attonite, sconvolte ed in assoluto silenzio, hanno atteso per lunghe, interminabili ore l’arrivo delle prime squadre di soccorso. Il sisma non ha quindi risparmiato nemmeno quella zona che sembrava inattaccabile dal tempo e dalle calamità; in meno di un minuto il minuscolo agglomerato di costruzioni antiche è stato completamente distrutto e forse cancellato dalle carte geografiche. Per constatarlo non era necessario salire fino al paese, era sufficiente, strada facendo, osservare i volti ancora increduli e gli sguardi fissi nel vuoto degli abitanti che scendevano in direzione di uno spiazzo nel quale sarà preparato un accampamento. Non senza difficoltà, costituite dai numerosi massi disseminati lungo la sede stradale, è stato possibile raggiungere quello che era un centro abitato; ora tutto è irrimediabilmente distrutto: ai bordi della strada principale le case si aggrappano, appoggiandosi l’una all’altra, dando l’impressione di non voler crollare per non gettare nella disperazione più completa la povera gente del luogo, che sempre le ha difese e mai abbandonate. Il parroco di Oseacco, don Giuseppe De Colle, ha così rievocato quei tragici momenti.

mercoledì 15 novembre 2023

Gli antropologi russi pronti a studiare le origini dei resiani

PER NON DIMENTICARE: ARTICOLO ANNO 2017

Due professori dell’Accademia delle Scienze confronteranno i risultati genetici e le misure dei volti con quelle degli slavi antichi. Ripercorrono le orme degli slavi che si insediarono nella valle. Catalogheranno il materiale genetico e i resti ossei nel cimitero.

La parlata è simile al linguaggio di alcune zone della Russia, i tratti somatici degli abitanti della Val Resia si possono confondere con quelli delle genti della steppa e i documenti confermano la presenza delle popolazioni slavo-arcaiche ai piedi del Canin, dal 600 dopo Cristo.

Passano i millenni, ma la storia resta e due ricercatori dell’Istituto di etnologia e antropologia dell’Accademia delle scienze russe ripercorrono le strade che nell’antichità portarono gli slavi in quell’angolo di terra che custodisce paesaggi e tradizioni uniche. Giunti a Resia nei giorni scorsi, Stefania Zini e Nikita Khokhlov cercano le assonanze linguistiche, studiano i profili genetici e culturali dei resiani per confrontarli poi con quelle dei popoli russi. E se le origini dei resiani sono legate agli slavi antichi, l’obiettivo è capire da quale regione della Russia provenivano i loro avi. La ricerca partirà dal cimitero più antico della valle, quello della pieve di Prato di Resia. È lì che i ricercatori vorrebbero scavare per catalogare il materiale osseo.


giovedì 15 giugno 2023

lunedì 9 gennaio 2023

DNA E I RESIANI

Articolo di Franco Tosoni
Premetto che:
“”” Cosa è la scienza? Tra i modi di pensare alla realtà naturale, pensiero incluso, ce n’è uno che comunemente è chiamato scientifico che gode di una certa reputazione perché è costruito con regole che cercano di garantirne l’affidabilità. È proprio questa reputazione a produrne la differenza, spesso contestata, dagli altri modi di pensare: perché si confonde l’elevata plausibilità di ciò che la scienza afferma con l’idea che quelle affermazioni siano vere in assoluto. Questa pretesa di verità, mai reclamata dai veri scienziati, viene ingiustamente tacciata di arroganza e usata, paradossalmente, per difendere la gratuità di altri modi di pensare, dichiarati veritieri per ragioni che trascendono la realtà stessa.”””
Dopo l’introduzione, ripropongo questo video, non per il motivo che era stato presentato a suo tempo, ma per puntualizzare alcuni aspetti, non marginali, ma che hanno avuto una parvenza molto marcata, esemplare e significativa. Infatti, volutamente e con una maliziosa programmazione, semplice ma mirata a rimarcare che, non a caso, la presentazione e la puntualizzazione dell’evento sia stata presentata proprio a Stolvizza, paese in cui esiste una dichiarata “minoranza slovena”, invenzione astratta e immaginaria. Hanno confutato i nostri adiacenti per il risultato che i ricercatori del Servizio di Genetica Medica del IRCCS Burlo Garofalo di Trieste che, dopo due anni di lavoro, hanno relazionato su quanto era emerso da tale ricerca, denominato: “Parco genetico del Friuli Venezia Giulia”. Da tale relazione era spuntata la prova che i Resiani risultano essere un’etnia unica in Europa (forse nel mondo?), in cui si afferma, di fatto, che i Resiani non hanno alcun vincolo genetico (manco po' ca..o), tradotto, “neanche per sogno” o una derivazione congiunta con gli Sloveni, tanto meno come la ipotetica assonanza con la lingua, la nostra primitiva e originaria, la loro “adolescente”, originata e dialettale. L’allora sindaco, Sergio Chinese, se ce ne fosse ancora bisogno da sottolineare, aveva pensato bene, quindi, ad invitare ed incontrare i ricercatori proprio a Stolvizza, per ribadire, con questo suo incontro, quanto è sbagliato dichiararsi “minoranza”, senza avere una base scientifica sulla “Genetica” e senza avere la certezza sulla nostra provenienza dichiarando, IO SONO, a dimostrazione di una dottrina erronea e infondata.

giovedì 5 gennaio 2023

Il Popolo Resiano non è Sloveno

Di Tommaso Zuzzi
Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto nella pagina dei lettori nel 2007, da un grande Resiano che ci ha lasciato troppo presto.
Ricordo un’alba di gennaio di alcuni anni fa. Mi ero appena svegliato nella tenda rossa da alpinista adagiata sulla neve del Canin. Indossai gli scarponi ghiacciati e con la mano un po’ lenta aprii l’ingresso del mio rifugio. Credo che forse mai più rivedrò uno spettacolo così bello. Una valle adagiata nel silenzio e illuminata da una luce limpida tinta di azzurro e verde, come fosse riflessa dai boschi profumati e dalle acque vive che le danno l’anima. Questa è la Val Resia ed è stretta al mio cuore da un legaccio robusto fatto di ricordi dei miei cari che sono nati lassù, di ideali che troneggiano sui “duemila” di roccia, di emozioni e pace che provo camminando per le vie dei paesi. Mi ricordo anche che, ammirando quell’alba di gennaio sulla valle, pensai per un attimo di essere solo di fronte a tanta bellezza. Credo che anche i nostri antenati, quando posarono il piede su questa terra per la prima volta, provarono emozioni simili sapendo però in fondo ai loro cuori che tanto ben di Dio richiedeva un lavoro più duro e una vita più sacrificata che altrove. Eppure rimasero lì e crebbero con la loro unica lingua e cultura fino ad arrivare ad oggi. Ed è un rutto bestiale quello che ho sentito rimbombare negli ultimi periodi. La Val Resia sta per essere venduta, la sua identità calpestata in nome di denari, le origini dei nostri avi mistificate e il libro della storia riscritto infangando quegli eroi, tutti quei cittadini di Resia che vissero in valle durante la seconda guerra mondiale e, dopo aver sofferto bestialmente la miseria più cruda, decisero nella loro unicità culturale di voler far parte dell’Italia. Resia sarà minoranza slovena anche se non ha niente in comune con quello Stato. I Resiani sono, a detta delle carte ufficiali siglate da alcune persone, sloveni per la stragrande maggioranza! Siete contenti di tutto ciò Resiani? Stanno cancellando la vostra unicità e pure vi stanno allontanando dalla Patria Italia. Tutto questo per sparuti individui che vedono ideologicamente l’unione con la Slovenia (un Paese al quale porto rispetto) una manna per la valle. Per non parlare che vogliono issare la bandiera slovena in municipio! La salvezza di Resia sta nella conservazione delle autentiche radici dei nostri padri! Altrimenti a lungo andare tutto verrà perso! Resiani di ogni sesso ed età, non abbiate paura a far sentire la voce, non abbiate paura di niente quando dite la verità e professate il vostro amore per Resia. Sarete come mille leoni ruggenti!

martedì 22 marzo 2022

LA GUERRA È FINITA - I RICORDI FUNESTI RESTANO

Con questo articolo mi riporto nuovamente al cimitero di Oseacco, precisamente al cospetto della controversa lapide dedicata alla memoria dei partigiani, alla cui dedica è scritto: “AI PARTIGIANI CADUTI NELLA LOTTA PER LA LIBERTA’ per relazionare quanto non mi è chiaro, purtroppo, anzi non mi è mai stato chiaro. Il motivo? Nutro ancora delle perplessità su come e in che modo è stata pensata, ideata e concepita questa lapide. Ci sono tante cose poco chiare e oneste, a cominciare dallo Sloveno Ignoto. Ma questa volta non mi soffermo su questo nominativo ignoto, ma sul nome di Naidon Isidora. Se la memoria non mi tradisce, e non mi inganna, questo nome mi riporta ad una bambina nata a San Giorgio di Resia l’1.12.1938 e deceduta il 7.5.1945 a seguito dello scoppio di una bomba, che ancora oggi mi sembra di sentire il frastuono di quella forte esplosione. Nella circostanza, visto che era assieme a lei, è morto anche un suo coetaneo di nome Micelli Valentino, ma lui, inspiegabilmente, non compare su quella lapide. Era il 1945; preciso che il 25 aprile 1945 è la data che rappresenta la fine del tragico periodo della Seconda guerra mondiale per l’Italia. Naidon Isidora e Micelli Valentino, quindi, muoiono qualche giorno dopo la fine di quel conflitto per l’Italia.


Al momento del ritrovamento della bomba, assieme ai due ragazzi deceduti, c’era una terza bambina, ma questa si è salvata perché, prima del tragico evento, è corsa a dissetarsi, probabilmente pressata da un forte bisogno di bere; quindi, si è recata presso una fontana poco distante, circa un centinaio di metri, così da quel bisogno si è potuta salvare mentre per gli altri due lo scoppio della bomba gli è stato fatale. Naidon Isidora è morta all’istante, mentre Micelli Valentino, probabilmente, è morto in casa a seguito delle gravi ferite riportate. La terza bambina, quella che si è salvata, si chiama Barbarino Giorgetta, oggi vive a Miami, Florida. È da lei che ho raccolto una parte di questa grave e luttuosa vicenda.
Dal racconto di questa grave tragedia, mi riporto nuovamente ad evidenziare quanto e in che modo è stata falsificata la realtà dei fatti. Quei nominativi rilevati su quella lapide non sono del tutto attendibili. Forse non si è voluto documentarsi seriamente e saggiamente prima di inserire quei nomi, cercare quella autorevolezza e la sincerità dei fatti sulla effettiva realtà. Della compilazione della lista da inserire su quella lapide, non si è tenuto conto di altri martiri di quella guerra, altre persone resiane morte a Resia, che non sono state rilevate e inserite, come non si è tenuto conto, a parte il nome della ragazza, mentre il nome di quel ragazzo non è stata presa in considerazione, anche se associato allo stesso destino, così come non si è voluto ricordare gli altri tre ragazzi di San Giorgio di Resia, deceduti anch’essi per lo stesso movente e nello stesso anno 1945. Non conosco però l’esatta datazione. Questo ulteriore episodio succedeva nei pressi di Povici – frazione del comune di Resiutta. I loro nomi: Di Biasio Antonio, Di Biasio Arnaldo, fratelli, e Barbarino Roberto, loro cugino, tutti e tre abitavano nello stesso cortile, in case adiacenti. Conosco questi fatti, e lo mosso testimoniare essendo stato un loro coetaneo. Alcuni avevano qualche anno in più, certi qualche anno in meno, ma erano tutti ragazzi giovanissimi e questo motivo pone in evidenza la tragica gravità di quegli episodi che avevano, di fatto, assunto un momento di grande turbamento fra noi adolescenti, una ferita che ancora oggi affiora nei miei ricordi.
Sarebbe opportuno e doveroso aggiornare quella lapide, aggiungere e cancellare.
Franco Tosoni

martedì 31 agosto 2021

Deborah Puccio e la Val Resia

Come sei diventata e diventi donna nelle società montane del sud Europa? Nella vallata alpina di Resia, abitata da una minoranza slava, fu sotto la copertura del "sporco" babac o adornata della scintillante maskira che la giovane donna iniziò un viaggio rituale che la portò alle nozze.
Nella valle pirenaica di Bielsa, ancora oggi, è intorno alla abbagliante madama che la fanciulla tesse il suo destino. Non lontano da lì, nella piccola valle di Gistain, le lavorazioni tessili, la trasmissione dei beni tra donne di diverse generazioni, i giochi di velare e svelare, di essere e di apparire iniziati al carnevale continuano nelle feste di mezza estate e nei festeggiamenti celebrati in onore del santo patrono. Tramite la studio comparativo dei carnevali e delle feste attraverso cui si sviluppa la femminilità, Deborah Puccio mette in luce la continuità tra riti secolari e celebrazioni religiose analizzando il sistema di omologie, contrapposizioni e differenze tra maschere, ruoli rituali, figure mitiche e immagini cristiane di santi e vergini che, in un sottile gioco tra carattere e persona, far emergere la nuova identità delle giovani ragazze. Una prospettiva innovativa, poiché la festa del carnevale è sempre stata affrontata dal punto di vista dei ragazzi e dei riti che consentono loro di accedere alla virilità. opposizioni e differenze tra maschere, ruoli rituali, figure mitiche e immagini cristiane di sante e vergini che, in un sottile gioco tra carattere e persona, fanno emergere la nuova identità delle fanciulle. Una prospettiva innovativa, poiché la festa del carnevale è sempre stata affrontata dal punto di vista dei ragazzi e dei riti che consentono loro di accedere alla virilità. opposizioni e differenze tra maschere, ruoli rituali, figure mitiche e immagini cristiane di sante e vergini che, in un sottile gioco tra carattere e persona, fanno emergere la nuova identità delle fanciulle. Una prospettiva innovativa, poiché la festa del carnevale è sempre stata affrontata dal punto di vista dei ragazzi e dei riti che consentono loro di accedere alla virilità. Per chi fosse interessato CLICCHI QUI