AL SUONO DELLE
CAMPANE
Ce ne accorgemmo
subito allorquando la lunga e caratteristica colonna di Pakard, dopo
avere attraversato il semi distrutto abitato di resiutta si ingolfò
in uno stretto dedalo di vicoletti dal ciottolato sconnesso e infilò
la Valle Resia che si schiudeva, dinanzi agli occhi attoniti, tra il
verde dei suoi prati e il sole di primavera, come al sorriso
invitante e cordiale di una bella ragazza. I viandanti, curvi sotto
le gonfie gerle di fieno o pieni di ciottoli, volgono il colto dal
denso polverone, agitando l'altra in un festoso saluto "troppa
grazie- pareva dicessero- troppa grazia". Lungo la strada che
costeggiando il fiume sale su su fino alle pendici del canin, le
automobili della "Commissione" scivolano veloci e
silenziose. ed ecco apparire, dall'uscita da un'ampia curva il
campanile della frazione di San Giorgio. Ma la commissione non
si ferma e continua imperterrita la sua corsa puntando su Prato di
Resia, capoluogo della valle. Anche qui festoni tricolori, un
frenetico agitare di bandiere, la scosciante musica delle campane e
tanto, tanto popolo che si riversa dalle case e sul sagrato della
chiesa ove le macchine si sono fermate. E' una manifestazione
gaia e commovente al medesimo tempo e gli sfingei possono a mala pena
seguire il sindaco che, aiutato da robusti giovanotti, si fa largo
verso i locali ove avrà luogo l'inchiesta. I delegati hanno
abbandonato il loro contegno solenne e sorridono cordialmente
prendendo fotografie a destra e a manca. Vi sono moltissime donne che
osservano la semplice eleganza delle delegate francesi ed inglesi,
dandosi gomitate nei fianchi, nascondendo timide la loro allegra
risata nel cavo della mano. E' uno strano paese Resia, un paese che
esiste e non esiste al medesimo tempo; un paese polivalente; formato
da ben sei frazioni, distanti parecchi chilometri le une delle altre.
E' il complesso di questi paesini: Prato, Oseacco, Stolvizza, Gniva,
San Giorgio, Coritis e Uccea che prendono il nome di Resia dal fiume
omonimo che nasce dal Canin e scende rumoreggiando fino a Resiutta,
sulla pontebbana, ove si getta il canale.
L'ORGOGLIO DEI
RESIANI
I Resiani, sono molto
orgogliosi del loro fiume che, come l'Isonzo che le acque
intensamente azzurre.
Ma di un'altra cosa essi menano gran vanto di
quelle figure cioè che si ridisegnano al tramonto sulle pareti dei
"Musi" che raffigurano delicate movenze di donna, profili
monanari, criniere di leoni. Un gruppetto di giovanotti vuole a tutti
i costi che veda lassù disegnato da una pietraia il profilo di
Garibaldi. Nel frattempo i delegati hanno raggiunto la saletta loro
appropriata in una locanda; si siedono chi attorno ad un lungo
tavolo, chi accanto alle finestre spalancate sul fiume, aprono le
loro pesanti cartelle, estraggono carte geografiche e fanno quindi
chiamare il signor Clemente, il baffuto sindaco della Vallata. Questi
entra nella sala ornata di edera accompagnato dalle concitate
raccomandazioni della folla che gremisce i locali e la piazzetta
antistante. Par di vedere uno scolaretto che accompagnato da troppe
raccomandazioni, si appresta a sostenere con trepidazione il temuto
esame. Il sindaco siede tra i delegati, duro ed impettito e risponde
alle loro domande tenendo le braccia compostamente distese sul panno
verde del tavolo. La porta è ermeticamente chiusa e lascia
intravedere solamente le teste dei diplomatici, chine sui libri e su
quaderni, intenti ad ascoltare ed a prendere annotazioni. Saputo che
io sono un giornalista una enorme quantità di persone mi assale e mi
costringe in un angolo. Dopo avermi sottoposto ad un serrato fuoco di
fila di domande circa i metodi di inchiesta della commissione, la
folla mi rivolge una valanga di informazioni e di preghiere. "Ditelo
sul vostro giornale domani; ditelo che noi siamo italiani e che
amiamo l'Italia perché è la nostra madre! . Ditelo , che i
nostri figli sono stati tutti alpini nella Julia, e che molti sono
morti...troppi!". Non
c'è più timidezza nel loro sguardo, c'è un'ansia ed una volontà
che colpiscono e commuovono profondamente. Uomini e donne hanno gli
occhi umidi e trema loro la bocca quando gridano "Viva
l'Italia". Mi raccontano la storia su Resia una storia strano e
interessante cui la leggenda si mescola con la verità. E' la storia
di un gruppo di Unni al seguito di Attila, che fuggiti da Plezzo,
hanno trovato pace e lavoro sulle sponde dell'azzurro Resia. Si sono
abbarricati sulle zolle ciottolose di queste montagne, hanno
costruito pietra su pietra le loro case, hanno generato uno ad uno i
loro figli votati per sempre ad un lavoro duro ad una vita di
sofferenza giorno per giorno. La miseria di queste genti è grande e
il poco grano, le poche bestie, i pochi legumi non bastano al loro
bisogno, E sono appena in tremila cinquecento. Nel 1420 passano sotto
la dominazione della Repubblica di Venezia,e nel 1866 furono
incorporati nel regno d'Italia. essi parlano un dolce dialetto il
"patois" resiano che trae la sua origine dalle antichissime
migrazioni di soldati di Attila. Allorché il sindaco esce dalla
saletta viene condotto al mio cantuccio, ove sono virtualmente
prigioniero, ed è obbligato a ripetere in un silenzio religioso,
parola per parola, le domande rivoltegli e le risposte fornite. "Mi
hanno chiesto per prima cosa quale lingua parliamo - egli dice - che
scuole e chiese abbiamo. Italiane, italiane, italiane ho risposto. mi
hanno quindi chiesto quanti operai conta la vallata, come e dove
lavoriamo. Quanti capi di bestiame abbiamo, qual'è la nostra
situazione alimentare, quale è lo sbocco economico e commerciale di
tutte le nostre attività. Il delegato sovietico, che fungeva da
presidente mi poneva le domande a cui rispondevo a mezzo di
interpreti. A un certo punto un delegato francese disse: non c'è
alcun dubbio sull'Italianità di questa terra" ed al momento di
congedarmi io raccomandai a lui la comprensione di quanto avevo
esposto".
E' ormai mezzogiorno
e la Commissione lascia Resia dirigendosi a nord verso Stolvizza che
riceve gli ospiti eccezionalmente con archi tricolore, campane a
distesa ed un unanime accorrere di bimbi. Bimbi vestiti a festa con i
capelli strigliati a dovere, accompagnati dalle madri che li
protendono verso i delegati. I delegati sorridono, fotografano,
esaminano la chiesa, si muovono nel minuscolo paese seguito da un
codazzo di persone che battono le mani gridando "Italia".
Le mamme ci tengono a far bella figura ad allorché hanno visto
alcuni delegati accompagnarsi con i bimbi, ritoccano le toelet dei
loro e li costringono a soffiarsi il naso volenti o nolenti a son di
scapaccioni. La carovana riparte e si ferma alle porte di Resiutta
per la colazione. verso le tre la colonna si muove di nuovo e,
infilata la strada statale, si dirige verso Pontebba. Così la visita
della Commissione giunge improvvisa ed inaspettata e la popolazione
non si rende conto dell'improvviso movimento. A Pontebba la
commissione si ferma per oltre 40 minuti ed interroga il sindaco sul
numero di abitanti del comune sulle funzioni annesse dopo la guerra
del'18 e sulla situazione politica della zona. Anche e Malborghetto e
a Ugovizza, mete successive, l'arrivo dei delegati non dà luogo ad
alcuna manifestazione ed i lavori d'inchiesta proseguano calmi,
esaurienti, particolari. fra i crochi di curiosi che si aggirano
attorno alle auto in parcheggio, due bellissime fanciulle attraggono
l'attenzione generale "Parlate tedesco? - viene loro chiesto".
" No siamo Italiane!! - esse rispondo- italiane puro sangue!
c'era da giurarlo, erano troppo belle
PIETRO
FORTUNA
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RispondiEliminaPerché scrivi le tue cavolate in italiano e non le scrivi in resiano?
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaMi dispiace, nella frase che hai scritto ci sono alcune imperfezioni che dimostrano che non hai dimestichezza della lingua resiana, c'è più sloveno che resiano.
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