La storia è la disciplina che si occupa dello studio del passato attraverso l'uso di fonti, cio di documenti, testimonianze e racconti che possono trasmettere la conoscenza. Più precisamente, è stato trovato che il grasso fa parte del passaggio e è destinato alla continuità del sistema di stazza grassa e quanto alle considerazioni di importazione per una determinata specie.
La storia dovrebbe insegnare doverosamente la verità, i fatti che sono realmente avvenuti nel passato, ma a Resia questo non avviene, anzi, la sua storia, almeno per quello che è successo durante la seconda guerra mondiale, per non parlare della resistenza, viene deformata e travisata.
La storia dovrebbe insegnare doverosamente la verità, i fatti che sono realmente avvenuti nel passato, ma a Resia questo non avviene, anzi, la sua storia, almeno per quello che è successo durante la seconda guerra mondiale, per non parlare della resistenza, viene deformata e travisata.
La storia del passato, che deve essere
raccontata al presente, dovrebbe racchiudere le vicissitudini di una parentesi
della tua vita, senza manipolazioni della
realtà, ma raccontare la verità. Al tempo di inizio della
seconda guerra mondiale, la Val Resia, visto anche la sua conformazione
geografica, si poteva pensare e considerare una valle che la guerra non
l’avrebbe mai sfiorata.
In effetti i primi anni li ha trascorsi pacificamente.
Non c’era alcuna dislocazione militare, postazioni o strutture, per meglio dire
obiettivi di una certa rilevanza, se non la presenza di una caserma dei carabinieri, quindi,
militarmente parlando, non aveva nessun obiettivo offensivo nei confronti del
nemico; questo prima dell’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, anche se le
avvisaglie si erano già evidenziate nel corso d’anno.
Il 1943 fu un anno molto difficile per l’Italia, con
l’ effetto che questo evento si è poi ripercorso anche ed in tutta la Val Resia.
Visto il clima che si era ricreato, la partigianeria jugoslava ha subito approfittato di questa situazione e ha incominciato la sua penetrazione in quei territori più confacenti per le loro scorribande, soprattutto in quei territori che fino ad allora erano rimasti incontaminati dalla guerra e, fra questi, anche la Val Resia, con scopi altamente mirati. Questi partigiani sloveni, che non avevano ricevuto alcun invitato formale da Resia, si presentarono con prepotenza, ma non a difesa dei Resiani, ma solo per i propri interessi. Questo fatto si è verificato e concretizzato, solo, con la complicità di alcuni fiancheggiatori resiani che, a loro tempo si erano organizzati dando origine al Rezijanski Bataljon delle formazioni partigiane jugoslave del IX Corpus, dal 1943 al 1945, che portò poi anche allo scontro fra alcuni componenti della
Brigata Garibaldi e quelli della Osoppo, che non si verificò in Val
Resia, per la ferma opposizione di un esponente della VI Brigata
Osoppo, il partigiano “Livio”, ma che si concretizzò poi a Porzus.
Durante tutto questo periodo ci furono alcuni scontri con l’esercito
tedesco che, pur non avendo alcun distaccamento in Val Resia,
infatti il loro comando era presso la caserma di Moggio Udinese,
faceva delle saltuarie incursioni in Valle per la presenza, appunto,
della resistenza partigiana, ma le loro azioni erano più di disturbo
che di offesa. In una di queste incursioni i tedeschi, messi al
corrente da confidenti resiani, e avendo saputo della presenza di
partigiani agli stavoli Slaue di Oseacco, una mattina li hanno
sorpresi e attaccati causando una grave perdita di vite fra i
partigiani presenti. Quei partigiani rimasti uccisi furono poi sepolti
nel cimitero di Oseacco, dove sulla lapide posta sono indicati i loro
nomi, ma fra questi non figura alcun partigiano sloveno, forse
perché qualche tempo prima le donne di Oseacco, armate con
bastoni e forconi, riuscirono ad allontanare questi partigiani titini
dal paese.
Adesso
io mi chiedo, se nessun partigiano sloveno è mai caduto in combattimento contro
i tedeschi in terra resiana, come nessun partigiano sloveno è mai stato sepolto
nel cimitero di Oseacco, così come nessun nome sloveno compare sulla lapide
posta nello stesso cimitero, ciononostante una rappresentanza slovena
si presenta puntualmente ogni anno per onorare, chi e che cosa? Perché questa
assidua presenza, senza che ci sia alcuna motivazione?
Questa
continuità quasi confidenziale, ormai consolidata nel tempo, è stata onorata
anche nell’anno 2016, con una presenza assai numerosa e altamente qualificata.
Erano infatti presenti: il Console generale sloveno a
Trieste, il Prefetto di Tolmino ed un Sottosegretario del Ministero degli sloveni in Italia, una delegazione dei comuni
di Tolmino e di Caporetto, più una quindicina di coristi sloveni, che si sono
poi esibiti, più altre persone slovene al seguito. C’era anche una legazione
delle Valli del Natisone con tanto di stendardo, recante
appunto la dicitura: Valli del Natisone. Motivo?Visto il clima che si era ricreato, la partigianeria jugoslava ha subito approfittato di questa situazione e ha incominciato la sua penetrazione in quei territori più confacenti per le loro scorribande, soprattutto in quei territori che fino ad allora erano rimasti incontaminati dalla guerra e, fra questi, anche la Val Resia, con scopi altamente mirati. Questi partigiani sloveni, che non avevano ricevuto alcun invitato formale da Resia, si presentarono con prepotenza, ma non a difesa dei Resiani, ma solo per i propri interessi. Questo fatto si è verificato e concretizzato, solo, con la complicità di alcuni fiancheggiatori resiani che, a loro tempo si erano organizzati dando origine al Rezijanski Bataljon delle formazioni partigiane jugoslave del IX Corpus, dal 1943 al 1945, che portò poi anche allo scontro fra alcuni componenti della
Brigata Garibaldi e quelli della Osoppo, che non si verificò in Val
Resia, per la ferma opposizione di un esponente della VI Brigata
Osoppo, il partigiano “Livio”, ma che si concretizzò poi a Porzus.
Durante tutto questo periodo ci furono alcuni scontri con l’esercito
tedesco che, pur non avendo alcun distaccamento in Val Resia,
infatti il loro comando era presso la caserma di Moggio Udinese,
faceva delle saltuarie incursioni in Valle per la presenza, appunto,
della resistenza partigiana, ma le loro azioni erano più di disturbo
che di offesa. In una di queste incursioni i tedeschi, messi al
corrente da confidenti resiani, e avendo saputo della presenza di
partigiani agli stavoli Slaue di Oseacco, una mattina li hanno
sorpresi e attaccati causando una grave perdita di vite fra i
partigiani presenti. Quei partigiani rimasti uccisi furono poi sepolti
nel cimitero di Oseacco, dove sulla lapide posta sono indicati i loro
nomi, ma fra questi non figura alcun partigiano sloveno, forse
perché qualche tempo prima le donne di Oseacco, armate con
bastoni e forconi, riuscirono ad allontanare questi partigiani titini
dal paese.
Franco Tosoni
LA GUERRA E’ FINITA – ANDIAMO IN PACE ( seconda parte )
Avevo
concluso il mio precedente scritto evidenziando che: “A
Resia quasi ogni frazione ha un proprio monumento posto a ricordo dei
propri caduti, per la nostra Patria e per la nostra terra resiana,
ove ogni anno il popolo resiano ricorda e rende gli onori alla loro
memoria.
Auspico
che, per il prossimo futuro, sia solo ed esclusivamente il popolo di
Resia a rendere gli onori alla memoria di questi partigiani caduti, e
che la gente di Oseacco torni serena a stringersi unita e onorare
quei poveri ragazzi morti combattendo agli stavoli Slaue di Oseacco.”
A
Oseacco non esiste ancora un monumento posto a ricordo dei propri
caduti di tutte le guerre, compresi i partigiani morti, una
difformità che non trova riscontro con le altre frazioni. Perché?
Forse un motivo, o una ragione esiste, probabilmente questa ragione
la puoi trovare nel cimitero del paese, dove? Nell’angolo del lato
sinistro, dopo aver varcato il cancello di questo cimitero.
In
questa mia seconda parte voglio riportare alcuni stralci del libro
“HO INCONTRATO L’SS CHE MI AVEVA FUCILATO” - di Arrigo Forniti
“Mosca”.
“La
componente della pattuglia partigiana, partita da Robedischis il 23
marzo 1944 e sorpresa dalle SS a Slue di Oseacco di Resia il 17
aprile 1944, era costituita da:
1.
Conti Mario “Mario” nato a S. Lazzaro di Savena (BO) nel 1924 –
fucilato dopo lo scontro.
2.
Forniti Arrigo “Mosca” nato a Vicenza nel 1926 – fucilato dopo
lo scontro – sopravvissuto – deceduto nel 1980.
3.
Mercadel Pietro “Mark” da Muggia – Primo Comandante del
Distaccamento “Garibaldi” costituito alla fine dell’aprile 1943
– Vice Commissario del Brisko Benski ODRED – Garibaldino di
Spagna. Nelle fasi finali dello scontro, benchè ferito, riesce a
salvarsi. Deceduto dopo la guerra.
4.
Mizza Felicita “CICCI” , moglie di Pieri Stanislao “Stanko”
nata a Micottis di Lusevera nel 1924. era incinta. Fucilata dopo lo
scontro.
5.
Pieri Stanislao “Stanko” nato nel 1921 a Aurisina, già del 1°
Btg “Garibaldi”. Fucilato dopo lo scontro.
6.
Siega Arturo “Arturo” nato nel 1924, resiano. Vice Comandante del
Rezijanski Bataljon. Nelle fasi finali dello scontro, benchè ferito,
riesce a salvarsi.
8.
“KARL” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.
9.
“JURKA” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.
10
“NICOLAJ” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.”
Ma
i resiani lo sanno che nel cimitero di Oseacco esiste una lapide, un
po' particolare, dedicata proprio ai partigiani caduti, e che ogni
anno, dal momento della sua inaugurazione, una delegazione slovena
partecipa alla cerimonia per onorare a ricordo di questi caduti?
Credo che siano in pochi a conoscenza di questa lapide. Tutto bene
per questa ricorrenza se non ci fosse una contraddizione, nessun
partigiano sloveno è stato ucciso in Val Resia, come nessun
partigiano sloveno è sepolto nel cimitero di Oseacco. Sulla lapide
però compare una scritta: sloveno ignoto. Perché ignoto se
tutti i partigiani avevano un nome o un sopranome, un nome di
battaglia, in questo caso no?
Forse una spiegazione c’è e credo,
come mi è stato riferito, che l’ignoto sloveno non potrebbe essere
altro che un partigiano titino ucciso dagli stessi suoi “compagni”
nei pressi di Oseacco, per errore, per volontà, non si sa,
oppure qualcuno lo sa benissimo. Forse in questo episodio si può
nascondere, quindi il motivo di questo sconosciuto, di questo
anonimo. Questa lapide, menzionata come Monumento Cimiteriale ai
Caduti nella Val Resia durante la Guerra di Liberazione, inaugurata
il 16.09.1978, e posta in questo angolo, è formata da due elementi,
da una parte sono scolpiti i nomi dei caduti, con in cima lo stemma
della Repubblica italiana, nell’altra parte, quella parte più
larga, è incisa la scritta: AI PARTIGIANI CADUTI NELLA LOTTA PER LA
LIBERTÀ POSSA QUESTO SACRIFICIO SPRONARE I POPOLI ALL’UNITÀ ALLA
LIBERTÀ ALLA FRATELLANZA.
Di fianco la stessa iscrizione, ma in
lingua slovena. Nel mezzo di queste due scritte è collocata una
stella in bronzo a cinque punte, il pentacolo, questo simbolo che può
avere diverse interpretazioni, ma in questo caso, il presente
simbolo, rappresenta la stella rossa, simbolo dei partigiani titini.
In senso obliquo, e ai lati di questa stella, sono disposti due
rami, presumo di alloro, uno collocato sul lato superiore, l’altro
sul lato inferiore. Detto questo, e non trovando altre
giustificazioni per la presenza annuale, regolare e persistente, di
una delegazione slovena, io mi chiedo, ma cosa vengono a fare questi,
così numerosi ed autorevoli, senza una motivazione ed una
giustificazione, proprio a Resia? Quando basterebbe farlo,
per...SPRONARE I POPOLI ALL’UNITÀ ALLA LIBERTÀ ALLA FRATELLANZA,
in qualsiasi altra località del Friuli Venezia Giulia.
Da
una parte vengono tollerati, e non si può fare altrimenti, dalla
ipotetica autoproclamata minoranza slovena di Resia, invece, vengono
incensati ed osannati, due interpretazioni contrapposte di non facile
spiegazione, ma di chiara deduzione. Che motivazione e spiegazione
può dare al popolo resiano questa assidua partecipazione slovena per
onorare, chi e che cosa?
Già a suo tempo le donne di Oseacco, armate
con bastoni e forconi, riuscirono
ad allontanare i partigiani titini dal paese, perché
con la loro
presenza stavano
mettendo
in pericolo
la sicurezza
della
gente e delle
loro
case.
Difatti i tedeschi
avevano minacciato
di incendiare
l’intero
paese,
ma grazie all’intervento dell’allora sindaco, Giovanni Clemente
Tomasig, questo pericolo fu scongiurato. Si sono mai chiesti se sono
ben visti e benvenuti a Resia?
O se invece la loro presenza, per
questo motivo, dia enormemente fastidio alla maggioranza dei resiani,
fatta eccezione per alcuni abitanti che si dichiarano di appartenere
alla minoranza slovena a Resia che, oltre ad onorarli,farebbero
salti mortali pur di accoglierli nel migliore dei modi, addirittura
ossequiarli?
Come
si può desumere,quindi, dalla componente la pattuglia, fra i nomi
elencati non emerge alcun partigiano sloveno, infatti il gruppo era
costituito da:
quattro
italiani – un resiano – uno spagnolo – tre sovietici e un
tedesco – nessuno sloveno, allora perché sulla lapide compare la
scritta, sloveno ignoto, da dove salta fuori questo sconosciuto se
non per il motivo, forse, che ho sopra descritto?
A questo punto
perché, visto la nazionalità di questi partigiani caduti, non si
invitano a codesta celebrazione, che sarebbe più giusto e legittimo,
delegazioni degli altri paesi, che ne avrebbero più valore?
Forse
la pace non ha avuto ancora il suo vero epilogo.
Franco
Tosoni
Ad Oseacco il 15/10/1944 trovava la morte per fucilazione, assieme ad altri nelle sue condizioni, Stefano Vinci, mio zio da parte di madre. Chi lo fucilò furono alcuni partigiani del IX Corpus Sloveno e fu una brutalità perché Stefano Vinci, rendendosi conto del fallimento del nazifascismo, lo aveva lasciato e voleva unirsi ai partigiani della divisione "Osoppo" ma incontrò i titini che infierirono su di lui e su altri suoi simili. Chi ricorda questo? C'è una lapide per questo? Ecco i dimenticati della storia!!!!
RispondiEliminaBuongiorno
EliminaMi può dare qualche notizia in più su quel fatto?
Mi farebbe un gran piacere
Grazie
Brutta storia, mio nonno salvo il paese dall' incendio e riuscì a salvare qualche resiano dalla fucilazione, inoltre con mio zio di Resiutta Moretti, salvarono un un americano caduto con il suo aereo, lo portarono in soffitta da noi e poi dopo alcuni paesaggi lo salvarono dalle grinfie dei tedeschi. In ogni modo dopo che mio nonno salvo il paese venne prelevato dai titini e tenuto sui monti, mia nonna Tosoni andò dal parroco di stolvizza che aveva si diceva ammiccamenti con gli sloveni e lo minacciò che se non l' avesse fatto liberare sarebbe tornata con intenzione poco piacevoli. Dopo alcune giorni venne liberato ma alquanto malconcio e non certo per le camminate sui monti
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