ROSAJANSKI DOLUNO - Dulïna se nalaža tu-w Reġuni Friuli-Venezia Giulia. Göra Ćanïnawa na dilä di mërä ta-mi to Laško anu to Buško nazijun.


IL SITO DEDICATO A TUTTO IL POPOLO RESIANO CHE TENACEMENTE CONTINUA A DIFENDERE LINGUA,CULTURA E TRADIZIONE


Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

giovedì 21 marzo 2019

FINALMENTE SANTUARIO

I fedeli della Val Resia hanno appreso dalla cancelleria della Curia arcivescovile di Udine che è stato firmato il decreto con cui viene riconosciuto alla Chiesa di Prato di Resia il titolo di Santuario.
Martedì 19 marzo, data in cui è entrato in vigore il decreto, alle ore 18,00 l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato ha celebrato una Santa Messa Solenne nella Chiesa di Prato, durante la quale è stato ufficializzato il riconoscimento alla Chiesa Madre della Valle.
Durante la celebrazione è stata benedetta anche la rinnovata statua di San Giuseppe, restaurata anche con il contributo di quanti hanno voluto “adottarla” a suffragio dei defunti padri ed esposta la reliquia del Pallio di San GiuseppeFacebook




I SASSI DI PODKLANAZ DUE PIETRE DA MOLINO E DUE MASSI DI ROCCIA FRA REALTA' E FANTASIA

Articolo di Franco Tosoni

Le caratteristiche di questi macigni sono chiaramente evidenti, la loro storia, malgrado ciò, è comprensibilmente diversa, sia per composizione, che per disposizione, come per le loro funzioni e per le loro particolarità, tutte situate in prossimità del borgo di Podklanaz.


Prendiamo, per esempio, le due pietre da molino, imponenti per la loro dimensione e per la loro rilevanza storica. Si trovano nelle vicinanze di un edificio che reca ancora le ferite del catastrofico terremoto del 1976 che devastò il Friuli, compresa Resia. Come si può ben vedere, anche se ormai si possono considerare un cimelio della storia resiana, in particolare di Podklanaz (ta dopar mlinu), queste due pietre rappresentavano un bene per l'economia della gente del posto. Infatti, dal loro impiego si poteva ricavare la farina per far la polenta, a quel tempo indispensabile per il fabbisogno quotidiano. Il borgo di Padklanaz, negli anni che queste pietre erano in funzione, poteva contare su un convincente numero di abitanti, anche se c'era la fondata possibilità che anche gli abitanti di San Giorgio usufruivano del loro servizio per macinare il loro granoturco. Come sono dislocati oggi nelle circostanze, la loro condizione si può considerare passivamente e a riposo assoluto. Forse, in quello che all'origine era un molino, al momento attuale, rimane solamente una porzione di quello stabile, ma ci sono ancora delle testimonianze e dei residui più o meno evidenti di quello che era stato l'originale configurazione. Testimone di quello che oggi rimane del molino è Tonino Di Floriano, custode e vigilante anche delle due pietre da molino. Suo nonno materno, Giuseppe Micelli, detto anche, così come sopranome, Adua, solo per il fatto di aver combattuto in Africa nella guerra di Abissinia. È presumibile che lui è stato, quasi certamente, anche l'ultima persona che ha fatto funzionare queste due pietre. La loro provenienza? È probabile da qualche località della Carnia.


Poco distante da queste pietre da molino, si trova uno dei due grossi massi di roccia, conseguente del suo rotolamento dal bordo della soprastante località Lipiè. Questo fatto a seguito del sommovimento del terreno dovuto alla malaugurata sorte derivante dal tragico terremoto del 1976. Il masso di roccia, dal momento del suo distacco dalla sua collocazione originaria, è rotolato per circa 200 metri oltrepassando di un balzo la strada provinciale, senza arrecare alcun danno, per poi arrestarsi in prossimità del torrente Resia. Come si può vedere la sua massa rocciosa è imponente. anche per questo caso è sempre Tonino Di Floriano, guardiano e sorvegliante, dal quale ho ricevuto questa sua testimonianza.
Diverso è il discorso dell'ultimo masso di roccia che andrò a presentare. Questo masso si trova lungo il sentiero che da Podklanaz porta in Lipiè. Per localizzarlo bisogna lasciare la provinciale in prossimità di un ponte, successivamente iniziata la salita a fianco di un crocifisso, dopo circa un centinaio di metri, sopra casa Longhino, lungo il sentiero che percorrendo la località Lipiè porta a San Giorgio, ci si accorge della presenza di questo macigno. La sua dimensione, pur con la sua struttura imponente, si può onestamente evidenziare due figure, quindi la sua forma attuale si può definire che rispecchia, orientativamente, due figure percettibili. Un po' di fantasia ed immaginazione ecco allora che da quel masso si può notare, grossolanamente, come io ho rilevato, un personaggio delle nostre antiche fiabe, un orco, volto a cercare di molestare una indifesa fanciulla che, con il suo gerlo in spalla, tenta a sua volta di difendersi. È evidente che, un tempo, tale masso era tutto intero, un blocco imponente per la sua dimensione ma che, per cause a noi sconosciute, è stato spezzato, forse nel momento del suo rotolamento o da altre cause, presumibilmente atmosferiche. Ora ci troviamo di fronte e al suo cospetto e ci immaginiamo qualcosa che ha, verosimilmente o indicativamente, una analogia riconducibile e riconoscibile ai due personaggi fiabeschi e fantasiosi che hanno caratterizzato buona parte della nostra infanzia. Erano personaggi nei racconti delle nostre nonne, delle nostre mamme, quando tutti raccolti davanti al focolare domestico, che fungeva da cucina, ma anche da salotto, un luogo dove si riuniva tutta la famiglia, un angolo in cui la nostra fantasia percorreva sogni e immaginazioni fantasiose lontani, prima di andare a letto.


Minoranze: Roberti, serve uno studio linguistico-culturale su resiano

Resia, 20 mar - "Tutte le tipicità delle comunità locali, che nell'insieme rendono unico il Friuli Venezia Giulia, meritano di essere tutelate e valorizzate. In quest'ottica sarà quindi commissionato uno studio linguistico-culturale per valutare se, ferma restando la piena tutela della minoranza linguistica slovena presente nell'area, si possano comprendere meglio gli aspetti della lingua e della cultura della Val Resia e come tutelarli al meglio".

Lo ha affermato l'assessore regionale alle Autonomie locali e minoranze linguistiche, Pierpaolo Roberti, durante l'incontro con la giunta comunale di Resia, composta dal sindaco, Sergio Chinese, e dagli assessori Cristina Buttolo, Sabrina Chinese e Francesca Beltrame.

Roberti ha confermato la "la rilevanza delle azioni avviate dall'amministrazione cittadina per il contrasto allo spopolamento, anche attraverso la messa a disposizione di alloggi di edilizia agevolata, e la tutela delle tradizioni locali, tra cui il gruppo folkloristico e le attività carnevalesche, che rappresentano una risorsa importante per l'intera vallata".

Nel corso della riunione e dei sopralluoghi effettuati oggi a Resia, la giunta comunale ha illustrato l'attuale situazione del Comune e delle sue frazioni, rimarcando in particolare l'importanza di effettuare investimenti sullo sviluppo turistico dell'area. Nello specifico, il primo cittadino ha sottolineato la necessità di interventi sulla viabilità per creare un collegamento con la ciclovia Alpe Adria e la sistemazione della viabilità di collegamento con la Slovenia, anche attraverso progetti di collaborazione transfrontaliera assieme a Bovec (Slovenia) e Chiusaforte.

L'amministrazione cittadina ha quindi espresso soddisfazione per il finanziamento da parte della Regione del consolidamento, della messa in sicurezza e dell'allargamento del ponte sul fiume Resia, per un importo di 680mila euro, che una volta ultimato consentirà il passaggio contemporaneo di due mezzi turistici".

In merito al riparto dei fondi agli enti locali, Roberti ha confermato che "la Regione sta valutando la rivisitazione dei parametri per venire incontro alle esigenze degli enti locali e risolvere gli squilibri creatisi con gli ultimi parametri adottati. Inoltre, la Regione ha previsto uno stanziamento per il sostegno delle attività della Polizia locale anche ai Comuni, come Resia, che non hanno un numero di agenti tale da formare un corpo di polizia". ARC/MA/ppd

Tratto dal sito della Regione F.V.G.

sabato 23 febbraio 2019

I.T.V.R Informa: Ci ha lasciato Prof. Dr. Eric P. Hamp

Il 17 febbraio 2019 a 99 anni, è volato in cielo il Prof. Dr. Eric P. Hamp. Era nato il 16 novembre 1920.

Con profonda tristezza ci uniamo, noi tutti Resiani, al dolore della famiglia per la scomparsa del carissimo prof. Eric P. Hamp.
Per i Resiani resterà sempre uno dei massimi studiosi ed estimatori della nostra lingua, a favore della quale si è adoperato in tutte le sedi più autorevoli per un riconoscimento ufficiale e la giusta collocazione nel panorama linguistico slavo.
In coloro che lo conobbero resterà il ricordo di una persona affabile, competente, cordiale e lungimirante. Con profondo dolore per la perdita del loro caro, porgiamo alla famiglia le nostre più sentite condoglianze.





Grazie a Lui, la Lingua Resiana è stata riconosciuta all'Unesco come Lingua in pericolo.



venerdì 22 febbraio 2019

Resiani e la RSI: 1943 nascita della Repubblica di Salò

Dopo la giornata del ricordo delle Foibe,mi sono messo a "navigare" tramite pc,alla volta di notizie per capire meglio quegli anni. Mi sono imbattuto in molti documenti, ma ad un certo punto un elenco di Caduti della RSI, mi ha fatto pensare e riflettere.
Nel senso,che sapevo,per sentito dire e racconti vari,di ciò che successe a Resia e non solo,a riguardo della seconda guerra mondiale,dei partigiani,dei tedeschi,dei titini ecc... 
Ma dei Resiani che aderirono alla RSI,sinceramente, non ne avevo mai sentito parlare. 

Forse, coloro che continuarono a lottare e a morire per un ideale,che tutti noi, oggi, possiamo pensare che sia stato giusto o sbagliato, debbano essere dimenticati?

Ricordando la storia, forse, possiamo capire i momenti,dei tanti soldati Italiani, tra cui alcuni Resiani, che scelsero di continuare a combattere a fianco di Mussolini,aderendo alla RSI, fino alla fine.

Infatti nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943 il gran consiglio fascista approva un ordine del giorno che destituisce Mussolini da ogni incarico e affida al re Vittorio Emanuele III il comando delle Forze armate. Lo stesso giorno Mussolini viene arrestato e mandato al confino prima a Ponza, poi in Sardegna alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso.
Il maresciallo Badoglio riceve dal re tutte le cariche del duce e il 27 luglio il "Popolo d'Italia'' massimo organo di stampa fascista annuncia al paese che "La guerra continua. L'Italia mantiene fede alla parola data''.

L'8 settembre '43 il re e Badoglio annunciano l'armistizio con gli alleati anglo-americani e fuggono da Roma per Brindisi consegnando l'Italia in mano ai tedeschi che occupano militarmente il Paese e danno inizio a una serie infinita di saccheggi, distruzioni e efferati eccidi.
Il 12 settembre del '43 i paracadutisti nazisti aiutati da alcuni ufficiali fascisti dei carabinieri riescono a liberare con un blitz Mussolini.


Il 15 settembre 1943 la radio comunica che "Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del fascismo in Italia", mentre viene dato ordine a tutte le organizzazioni del partito di appoggiare attivamente l’esercito germanico. Tre giorni dopo in un discorso radiofonico da Monaco, lo stesso Mussolini, annunciando la rinascita di uno stato fascista, indica il compito di riprendere le armi al fianco della Germania e del Giappone.
Il 23 settembre si costituisce ufficialmente il governo della Rsi con sede nel comune di Salò (Brescia) e Mussolini, rientrato nel frattempo in Italia, si sistema alla Rocca delle Caminate, e si autoproclama capo dello Stato, del governo e duce del nuovo partito fascista repubblicano.



Alessandro Pavolini è nominato segretario del neocostituito partito fascista. Durante il suo discorso introduttivo al congresso di Verona del 14 novembre '43 rispolvera e rilancia in grande stile lo squadrismo fascista degli anni '20 e esorta i repubblichini a obbedire ai tedeschi e a non avere pietà dei partigiani. "Lo squadrismo - conclude Pavolini - è stato la primavera della nostra vita, e chi è stato squadrista una volta lo è per sempre''.
Al generale Rodolfo Graziani viene affidato il compito di riorganizzare l'esercito con armi e istruttori tedeschi.









Di seguito vi inserisco alcuni nomi di caduti della RSI, e il link,dove leggere con calma il tutto.

Madio Salvatore, Madoglio Angelo, Madoglio Mario Angelo, Madonna Francesco, Madotto Adamo, Madre Giuseppe, Madrigali Primo, Maè Armando, Maestrami Tito, Maestrelli Giuseppe

Di Lauro Francesco, Di Lauro Vincenzo Pietro, Di Lena Bruno, Di Lena Gregorio, Di Lena Longino, Di Lena Orlando, Di Lenardo Antonio, Di Lenardo Antonio, Di Lenardo Giovanni Battista, Di Leo Alessandro, Di Leo Armando, Di Leo Giovanni, Di Leo Giuseppe, Di Leo Nicandro

Buttignol Luigi, Buttini Remigio, Buttironi Antonio, Buttolo Ernesto, Buttolo Stefano, Butturini Gino Giuseppe, Buvoli Alessandro, Buy Ugo, Buzio Sergio,Buziol Umberto,

ecc....

mercoledì 20 febbraio 2019

Foibe, la bufera non si placa e Tajani andrà a San Sabba

Un invito via Twitter rivolto al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, dalla commissaria europea ai Trasporti, Violeta Bulc, a visitare insieme a lei l'ex campo di concentramento alla Risiera di San Sabba a Trieste. Invito accettato. È questa l'evoluzione della rovente polemica esplosa in seguito alle dichiarazioni di Tajani che domenica, a Basovizza, durante le celebrazioni della Giornata del Ricordo, aveva esaltato «l'Istria italiana» e «la Dalmazia italiana».

Istria e Dalmazia: se i Politicanti attuali Nazionalisti Sloveni studiassero.......

La storia dell’Istria e della Dalmazia è una storia che parla di Roma e di Venezia. Fu Giulio Cesare a fondare, dopo Trieste (Tergeste) , le colonie di Pola (Pietas Julia) e Parenzo (Julia Parentium); fu Augusto a portare i confini dell’Istria fino al Quarnaro e a creare le Decima Regio Venetia et Histria, che si espandevano dall’Oglio all’Arsa e dalle Alpi al Po. Trieste fu collegata a Pola attraverso la via Flavia che raggiungeva poi Fiume (Tarsatica). Un’iscrizione d’epoca augustea reperita nei pressi di Fiume dice “Haec est Italia Diis sacra”. Roma lasciò splendide testimonianze nel colle Capitolino e nel teatro di Trieste, nell’Arena di Pola, nell’arco di Fiume, nel Foro di Zara e nel palazzo di Diocleziano di Spalato. Nel VI secolo d.C. le orde barbariche arrivarono anche nella X Regio romana. Gli istriani si rifugiarono sulle isole della costa. Sorsero Isola, Capodistria, Pirano, Rovigno che furono collegate alla costa con ponti e istmi.

Il dominio del doge di Venezia

Della prima presenza slava vi è traccia nel famoso Placitum del Risano dell’804, in cui i rappresentanti delle città istriane chiedono ai messi di Carlo Magno di liberarli dalla pirateria dei paganos slavos, “sin autem melius est mori quam vivere”. Dall’800 iniziò l’espansione veneziana, prima contrastata anche dai feudi germanici e dal patriarcato di Aquileia; poi Venezia si affermò in tutta la costa adriatica: nel 1150 il Doge assumeva il titolo di Totius Istriae inclitus dominator. Il leone alato di San Marco, simbolo della Serenissima, da allora si troverà ovunque, dall’isola di Veglia dove comparve per la prima volta nel 1250, a tutte le città istriane e dalmate. Tra il 1400 e il 1600 più volte la peste si abbattè sulll’Istria e sulla Dalmazia. Venezia ripopolò la regione importandovi migliaia di slavi, bosniaci, morlacchi, che ne divennero valorosi soldati. La città di Venezia non a caso battezzò “Riva degli Schiavoni” il suo attracco più importante nel bacino di San Marco. Le vicende istriane sono numerose e complesse ma, sostanzialmente da allora e fino alla fine del XVIII secolo la storia dell’Istria si identificò con quella di Venezia. Ecco per quale motivo la regione fu poi definita Venezia Giulia dal glottologo Graziadio Ascoli. Il dominio di Venezia ebbe fine nel 1797 con il trattato di Campoformido. La regione passò nelle mani dell’Austria che regnò, salvo la parentesi francese del Regno Napoleonico d’Italia, fino al 1918. La vittoria della Grande Guerra, cui parteciparono da volontari migliaia di istriani e dalmati – e tra questi Sauro, Filzi, Rismondo – portò e far parte del Regno d’Italia non solo Trento e Trieste, ma tutta la Venezia Giulia e dunque l’Istria con Pola, la città di Zara in Dalmazia, le isole di Cherso e Lussino, Lagosta e Pelagosa. Fiume fu annessa nel 1924, dopo essere stata teatro dell’impresa dannunziana del 12 settembre 1919. Il sogno italico della Venezia Giulia durò poco più di vent’anni . Il diktat di pace del 10 febbraio 1947 imposto al termine della seconda guerra mondiale dalle potenze vincitrici, strappò l’Istria, Fiume e Zara e le isole all’Italia, consegnandole alla Jugoslavia di Tito.

L’ignobile Trattato di Osimo

La città di Trieste (zona A del Territorio Libero Trieste previsto dal trattato di pace) rimase sotto amministrazione angloamericana fino al 26 ottobre 1954 quando tornò ad essere finalmente libera e italiana. La zona B (la parte nord occidentale dell’Istria fino al fiume Quieto) rimase sotto amministrazione provvisoria jugoslavia fino all’ignobile Trattato di Osimo (10 novembre 1975) con il quale l’Italia rinunciò senza contropartite al suo diritto su quei territori. Con la disgregazione della Jugoslavia e la nascita dei due nuovi Stati sovrani (1992) l’Istria fu divisa in due: la parte settentrionale fino al fiume Dragogna entrò a far parte della Slovenia, mentre la parte a sud del Istria, il Quarnaro, la Dalmazia divennero Croazia. Nessuno dei due Stati ha ritenuto di restituire agli esuli italiani neppure un mattone delle proprietà confiscate dal precedente regime comunista jugoslavo. Il martirio delle foibe di Trieste e dell’Istria, con il loro tragico carico di migliaia di morti senza croce e l’esodo dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati è ora patrimonio della coscienza comune degli italiani grazie alla legge sul Giorno del Ricordo che si celebra il 10 febbraio di ogni anno.

Foibe, lettera di protesta della Slovenia. La Croazia contro Tajani

11 febbraio 2019:
Lubiana scrive a Mattarella: "Da Roma inaccettabili dichiarazioni". Ira di Zagabria su "Istria e Dalmazia italiana", il presidente del Parlamento europeo: "Io mal interpretato"

Ancora tensione sulle foibe. Il presidente della Slovenia, Borut Pahor, ha scritto una lettera al capo dello Stato Sergio Mattarella esprimendo preoccupazione per "alcune inaccettabili dichiarazioni di alti rappresentanti della Repubblica Italiana in occasione della Giornata del ricordo che danno l'impressione che gli eventi legati alle foibe siano stati una forma di pulizia etnica". 
L'agenzia croata Hina lega la protesta di Pahor anche alle dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini che, ieri, ha dichiarato che "i bimbi morti nelle foibe e i bimbi di Auschwitz sono uguali".

sabato 9 febbraio 2019

10 febbraio 2019: FOIBE - PER NON DIMENTICARE


Cenni storici:

Istria, Fiume e Dalmazia nei trattati internazionali
dell'avv. Vittorio Giorgi, in occasione del Giorno del Ricordo 2008

Il tema della lotta antifascista, che è stato il fondamento della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (nata con la violenza e col sangue nel 1945 e morta nella violenza e nel sangue nel 1991), viene talvolta utilizzato da molti, croati e negazionisti vari, per giustificare cose ingiustificabili come la pulizia etnica ai danni degli italiani o per delegittimare legittimi trattati internazionali come quello di Rapallo del 1920 e quello di Roma del 1924. Perfino una parte della stampa e dell'opinione pubblica croata condivide questa riflessione. La lotta combattuta dai partigiani croati contro i fascisti italiani e croati, tra il 1941 e il 1945, non può avere effetto retroattivo. Bisogna fare una precisa distinzione spazio-temporale perchè l'annessione dell'Istria, della città di Fiume e della Dalmazia a favore dell'Italia è maturata in tre diversi contesti storici e politici.

ISTRIA. Terminata la Prima Guerra Mondiale, il Regno d'Italia e il neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni  (dal 1929 Regno di Jugoslavia) il 12 novembre 1920 firmarono il     "TRATTATO DI RAPALLO" per spartirsi alcuni territori del defunto Impero d'Austria-Ungheria. All'Italia andò l'Istria, la città dalmata di Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa; al regno degli slavi la Dalmazia. Il trattato rispettò solo in parte le promesse fatte all'Italia nel 1915, col Patto di Londra, da Francia e Inghilterra. Non bisogna essere esperti di storia per sapere che in quel momento, l'Italia e gli Italiani non erano "fascisti". Il movimento dei "Fasci di combattimento" venne fondato da Benito Mussolini a Milano nel marzo 1919 con 800 iscritti. Nel novembre dello stesso anno, alle elezioni per il rinnovo della Camera vinse il Partito Socialista con il 30% dei voti, seguito dal Partito Popolare col 20%. I fascisti non conquistarono nemmeno un seggio! In questo contesto politico si colloca il Trattato di Rapallo. Nel maggio 1921 si andò di nuovo alle elezioni: i fascisti presero 35 seggi (tra i quali quello di Mussolini) contro i 159 dei liberaldemocratici, i 107 dei popolari e i 122 dei socialisti. Il movimento di Mussolini  nel novembre successivo si trasformò nel "Partito Nazionale Fascista", forte di 249.000 iscritti. L'Italia inizierà a diventare "fascista" all'indomani della famosa "marcia su Roma" del 28 ottobre 1922, quando il re Vittorio Emanuele III affidò a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo. Così cominciò il "ventennio". Ma siamo, giova ripeterlo, nel 1922  non nel 1920.

martedì 5 febbraio 2019

Foibe: Film “Rosso Istria”: prima serata su Rai 3 - 8 febbraio ore 21:20

“Red Land – Rosso Istria” il film (vedi articolo precedente) che racconta la tragica vicenda di Norma Cossetto  sarà proiettato in prima serata su Rai Tre.
Il film andrà in onda nell’ambito delle commemorazioni del Giorno del Ricordo (il 10 febbraio) per i martiri delle foibe, ovvero l’8 febbraio.
Questo è un evento che non ha precedenti: ricordiamo che la pellicola diretta da Maximiliano Hernando Bruno, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, è stata protagonista di diversi episodi che ne hanno osteggiato la distribuzione o anche solo la proiezione.




La deputata di FdI Paola Frassinetti e il collega Federico Mollicone hanno  presentato un’interrogazione parlamentare proprio al fine di conoscere i palinsesti della Rai, di sapere dunque come la televisione nazionale avrebbe ricordato i martiri delle foibe in occasione del giorno a loro dedicato. E la risposta della Rai è stata innegabilmente positiva: vi sarà, infatti, “un’ampia copertura informativa e una programmazione dedicata di film, documentari, et cetera”.

Paola Frassinetti ha parlato di “obiettivo raggiunto” e ha aggiunto: “Ovviamente siamo soddisfatti, la riteniamo una svolta. Attraverso la vicenda di Norma Cossetto questo film rende benissimo l’idea della persecuzione contro gli italiani attuata dai partigiani comunisti di Tito”.

E la parlamentare di Fratelli d’Italia conclude dando l’annuncio di una nuova iniziativa, che questa volta riguarderà le scuole in cui si chiede che venga proiettato il film: “C’è una mozione già sottoscritta da Lega e Forza Italia, che spero venga votata all’unanimità”.
Ma la Frassinetti specifica anche che per parlare di foibe agli studenti dovrebbero essere chiamati i discendenti dei reduci dell’esodo istriano o esperti della materia storia “non l’Anpi o altri soggetti che tendono a sminuire o fare revisionismo, perché altrimenti si svilisce il Giorno del ricordo e si fanno cento passi indietro”.

Tratto dall'articolo del 19 gennaio 2019 del sito "Il Primato Nazionale"