ROSAJANSKI DOLUNO - Dulïna se nalaža tu-w Reġuni Friuli-Venezia Giulia. Göra Ćanïnawa na dilä di mërä ta-mi to Laško anu to Buško nazijun.


IL SITO DEDICATO A TUTTO IL POPOLO RESIANO CHE TENACEMENTE CONTINUA A DIFENDERE LINGUA,CULTURA E TRADIZIONE


Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

domenica 27 marzo 2022

SOLTANTO RESIANI - DA 1400 ANNI

SOLTANTO RESIANI – DA 1400 ANNI

Egregio Direttore

Sono Presidente dell’Associazione che si prefigge il compito di difendere l’Identità Resiana dalle manipolazioni e falsificazioni a cui è soggetta da tempo.

La conformazione geografica della valle, chiusa da tutti i lati, con l’unico accesso carrozzabile costituito da una strada realizzata nel 1838, ha determinato e condizionato la vita e le vicende storiche della valle, ma allo stesso tempo ha favorito il mantenimento di una lingua, di chiara origine slava, che conserva ancora oggi interessanti tratti arcaici e svariati altri elementi di interesse, mentre ha permesso lo sviluppo ed il mantenimento di tradizioni orali, canti e balli unici. E Baudouin de Courtenay nel 1875 scrisse: “…il senso di appartenenza alla medesima famiglia resiana, [è] considerata dagli stessi Resiani qualche cosa di affatto particolare, in contrapposto alle stirpi romane e a quelle slave a contatto immediato con esse.”

Il problema di noi Resiani non è la comparazione della nostra cultura a quella russa, ma lo stravolgimento della nostra identità per farci diventare sloveni e, ancora peggio, la razzia di cultura, musica, tradizioni e letteratura orale, tipiche solo resiane, da parte slovena. Fatti questi già dettagliatamente descritti in una lettera aperta inviata al Suo giornale nel luglio 2020: “L’appropriazione fraudolenta dell’identità, della cultura, degli usi e tradizioni letterarie orali resiane autentiche”.



Per quanto riguarda il convegno a Udine del 2006, dobbiamo ricordare il misfatto perpetrato ai danni del resiano che – da lingua slava arcaica d’interesse mondiale – veniva declassato a dialetto e subito dopo, a dialetto sloveno, “per permettere anche ai Resiani di ricevere qualche spicciolo…”. In quel contesto sono state completamente ignorate e disattese le teorie di valenti linguisti concordi nell’affermare che il resiano è un’interessantissima lingua slava arcaica che non può essere mai un dialetto sloveno, in quanto la sua origine è indipendente dallo sviluppo della lingua slovena.

Fino a qualche decennio fa nessuno ci associava agli sloveni, eravamo SOLTANTO RESIANI, poi un po’ alla chetichella (infatti la parola d’ordine era: “non dite nulla alla gente altrimenti si spaventa”), ci hanno sottomesso alla legge di tutela della minoranza linguistica slovena. 

Se nel caso resiano c’è l’espediente della lingua, quale giustificazione può avere l’estensione della legge di tutela al Comune di Cividale? Si, proprio così. Il Sindaco e Vice-Sindaco denunciano da tempo questo scandalo. Per fortuna che il Sindaco sa difendere il primato dello Stato Italiano. In una recente (21.01.2022) intervista al quotidiano della minoranza slovena, Daniela Bernardi ha affermato fra le altre: “il punto di partenza è che siamo tutti Italiani, se a qualcuno non va bene, che vada altrove; siamo tutti Italiani, ognuno con le sue radici... Ma ripeto, che il punto di partenza è che qui è Italia…”. Magari tutti i Sindaci fossero così!

È interessante notare anche quanto avvenuto il 23 novembre 2017, (vedi lo stesso quotidiano on-line del 23.11.2017): una delegazione della minoranza slovena si è incontrata con l’allora Sindaco di Udine, accompagnato da un Consigliere comunale e dal Presidente delle istituzioni per l'ARLEF, perché secondo loro Udine aveva meritato l'inclusione nella zona, dove si esercita la legge di tutela degli Sloveni. L’allora Sindaco ha spiegato, che “non ha nulla contro la possibile inclusione di Udine nella legge di tutela degli Sloveni (basterebbe un terzo dei consiglieri comunali), peccato solo che la proposta sia arrivata in ritardo, infatti al sindaco e all'amministrazione uscente scade il mandato (nella primavera 2018 ci saranno le elezioni comunali)”. 

Di questo gli Udinesi non sapevano nulla e allargando la visuale, si nota che in certi Comuni, ci sono tensioni, situazioni conflittuali, opposizioni durissime per renderli ingovernabili: sono tutte tattiche per disturbare, sfiancare, mettere in cattiva luce l’Amministrazione. Perché? Per subentrare e poi … tutto è possibile. 

Ci vorrebbe ancora molto spazio per descrivere cosa significa essere sotto una legge di tutela della minoranza slovena. Contributi? Solo a coloro che svendono la propria identità e collaborano.

I Friulani devono sapere che la legge di tutela diventa una propaganda di slovenizzazione, una dittatura culturale, un’imposizione della lingua slovena, al punto che ci si sente stranieri nel proprio paese. Ma chi sono questi ‘sloveni’? La loro identità nazionale è nata alla metà del 1800, a seguito dei moti nazionalisti europei, penetrati anche fra gli Slavi, che vivevano sotto l’Impero Austriaco. Mentre nel 1800 i Resiani vivevano a Resia già da 1200 anni, con la loro precisa cultura, identità e lingua. Gli ‘sloveni’ si chiamavano semplicemente Carinziani, Stajerski e Koroski. Non avendo una storia importante alle spalle, gli sloveni se ne sono inventata una, eroica e fiabesca e, per mancanza di una chiara tradizione culturale slava alle spalle, hanno pensato di appropriarsi della cultura resiana, antica, conservativa e interessante; questa sì originale e di chiara matrice slava.


 Il Presidente

        Dott. Nadia Clemente

          Resia


Tratto dal Messaggero Veneto di Domenica 27 marzo 2022

martedì 22 marzo 2022

LA GUERRA È FINITA - I RICORDI FUNESTI RESTANO

Con questo articolo mi riporto nuovamente al cimitero di Oseacco, precisamente al cospetto della controversa lapide dedicata alla memoria dei partigiani, alla cui dedica è scritto: “AI PARTIGIANI CADUTI NELLA LOTTA PER LA LIBERTA’ per relazionare quanto non mi è chiaro, purtroppo, anzi non mi è mai stato chiaro. Il motivo? Nutro ancora delle perplessità su come e in che modo è stata pensata, ideata e concepita questa lapide. Ci sono tante cose poco chiare e oneste, a cominciare dallo Sloveno Ignoto. Ma questa volta non mi soffermo su questo nominativo ignoto, ma sul nome di Naidon Isidora. Se la memoria non mi tradisce, e non mi inganna, questo nome mi riporta ad una bambina nata a San Giorgio di Resia l’1.12.1938 e deceduta il 7.5.1945 a seguito dello scoppio di una bomba, che ancora oggi mi sembra di sentire il frastuono di quella forte esplosione. Nella circostanza, visto che era assieme a lei, è morto anche un suo coetaneo di nome Micelli Valentino, ma lui, inspiegabilmente, non compare su quella lapide. Era il 1945; preciso che il 25 aprile 1945 è la data che rappresenta la fine del tragico periodo della Seconda guerra mondiale per l’Italia. Naidon Isidora e Micelli Valentino, quindi, muoiono qualche giorno dopo la fine di quel conflitto per l’Italia.


Al momento del ritrovamento della bomba, assieme ai due ragazzi deceduti, c’era una terza bambina, ma questa si è salvata perché, prima del tragico evento, è corsa a dissetarsi, probabilmente pressata da un forte bisogno di bere; quindi, si è recata presso una fontana poco distante, circa un centinaio di metri, così da quel bisogno si è potuta salvare mentre per gli altri due lo scoppio della bomba gli è stato fatale. Naidon Isidora è morta all’istante, mentre Micelli Valentino, probabilmente, è morto in casa a seguito delle gravi ferite riportate. La terza bambina, quella che si è salvata, si chiama Barbarino Giorgetta, oggi vive a Miami, Florida. È da lei che ho raccolto una parte di questa grave e luttuosa vicenda.
Dal racconto di questa grave tragedia, mi riporto nuovamente ad evidenziare quanto e in che modo è stata falsificata la realtà dei fatti. Quei nominativi rilevati su quella lapide non sono del tutto attendibili. Forse non si è voluto documentarsi seriamente e saggiamente prima di inserire quei nomi, cercare quella autorevolezza e la sincerità dei fatti sulla effettiva realtà. Della compilazione della lista da inserire su quella lapide, non si è tenuto conto di altri martiri di quella guerra, altre persone resiane morte a Resia, che non sono state rilevate e inserite, come non si è tenuto conto, a parte il nome della ragazza, mentre il nome di quel ragazzo non è stata presa in considerazione, anche se associato allo stesso destino, così come non si è voluto ricordare gli altri tre ragazzi di San Giorgio di Resia, deceduti anch’essi per lo stesso movente e nello stesso anno 1945. Non conosco però l’esatta datazione. Questo ulteriore episodio succedeva nei pressi di Povici – frazione del comune di Resiutta. I loro nomi: Di Biasio Antonio, Di Biasio Arnaldo, fratelli, e Barbarino Roberto, loro cugino, tutti e tre abitavano nello stesso cortile, in case adiacenti. Conosco questi fatti, e lo mosso testimoniare essendo stato un loro coetaneo. Alcuni avevano qualche anno in più, certi qualche anno in meno, ma erano tutti ragazzi giovanissimi e questo motivo pone in evidenza la tragica gravità di quegli episodi che avevano, di fatto, assunto un momento di grande turbamento fra noi adolescenti, una ferita che ancora oggi affiora nei miei ricordi.
Sarebbe opportuno e doveroso aggiornare quella lapide, aggiungere e cancellare.
Franco Tosoni

ORGOGLIO: ORGOGLIOSI DI ESSERE RESIANI E DI PARLARE “IL RESIANO”

 L’orgoglio di un piccolo paese. Ho cercato in questo breve video/servizio, già pubblicato con il mio articolo - APPARTENENZA -, di individuare l’essenza degli interventi che si sono succeduti. L’essere una comunità unita e orgogliosa della propria identità dimostra come l’attaccamento alle proprie origini, al proprio paese, alla propria lingua, sia per questa piccola comunità sfoggio di un orgoglio al massimo della sua aspirazione. Sono caratterizzati, questi abitanti, da una lingua parlata da oltre 1000 anni, e il loro desiderio è quello di tramandarla, così come gli è stata affidata e conservata. In altri luoghi, la stessa lingua, iniziando dai noti luoghi dei monti Lessini fino ad arrivare nella valle di Cembra Tn, percorrendo tutta la dorsale delle colline vicentine a nord, a ridosso delle piccole dolomiti vicentine, estendendosi poi su tutto l’Altopiano di Asiago, tanto da arrivare a lambire anche la pianura veneta. In tali luoghi ormai si è perso quasi ogni evidente collocazione e traccia se non per qualche piccolo episodio isolato, praticamente in vista del suo definitivo tramonto. La stessa sorte, così come si traduce il nostro folle e insensato comportamento, questo tira e molla, questo interesse di bottega, una fine che noi, questa è la mia sensazione, saremo costretti ad assistere quella conseguenza crudele e definitiva della nostra amata lingua.

Dal nostro discontinuo percorso, così come appare la situazione attuale, ci sarebbero delle interessanti indicazioni e suggerimenti che individuano chiaramente quanto si potrebbe fare e ottenere se le parti fossero unite. Le “parti?” Bisogna far presente che a Resia ci sono due “parti”, due percentuali. Quella “parte” che predilige essere considerata minoranza slovena a Resia, tale minoranza tuttora insiste e intende chiarire, in modo definitivo, tirando in ballo studiosi di parte, che l’origine del “dialetto resiano”, la pensano, la considerano, che sia (ma anche) evidente, senza alcuna “certezza e convinzione”, la sua origine slovena. Resiani senza orgoglio. Resiani di rivendita della nostra identità. È solo una piccola essenza, una piccola percentuale -, si stima, quella che si concede e indica quel percorso anche al resto della popolazione resiana, quella che dichiara che tutti i resiani sono di origine slovena e che noi resiani – la maggioranza imprescindibile -, di conseguenza, parliamo tutti un dialetto sloveno, cioè che la nostra lingua è un dialetto della lingua dialettale slovena, una lingua giovane, come dire che la figlia è nata prima della madre. Assurdo e irrazionale! Anche gli studiosi la “pensano”, ma non parlano di “certezze", perché non le hanno, di conseguenza la vogliano dare a bere alle persone prive di conoscenza specifica della realtà resiana e dei resiani. L’altra “parte”, cioè quella che ha una altissima percentuale, difende, invece, la nostra identità resiana, considera che noi parliamo una lingua, di matrice slava, il “resiano”, non come si valuta e si divaga, e non indica assolutamente che i resiani si esprimano in una forma dialettale, lingua russa o slovena che sia, ci considera un popolo, il popolo resiano, difende le nostre origini e cerca di salvaguardare: lingua, usi e costumi, danza, musica, cioè l’unicità e le singolarità delle nostre origini.
Noi ci consideriamo, e lo siamo, unici nel nostro genere. Siamo un popolo con una identità reale e una propria lingua, fra le altre nostre singolarità e particolarità, e lo dobbiamo fortemente considerare e difendere con orgoglio, mantenere, preservare e sviluppare con forza nostra storia linguistica e la nostra unicità.
Per non smentirmi, riporto nuovamente la frase che un giornalista ha riportato e trascritto, la breve dichiarazione del sindaco di Resia: “Abbiamo radici solide, costituite dalla nostra lingua, dalla nostra musica e dalle nostre danze, ma per noi adesso è prioritario mettere al centro del nostro agire le persone”.
Non uno qualsiasi, con tutto il rispetto, ma il sindaco di Resia. Ha parlato e dichiarato, “costituite dalla nostra lingua”. La nostra lingua! È evidente, quindi, che la nostra lingua è una sola e unicamente, “IL RESIANO”. Non lo sloveno, neppure il russo, ma “IL RESIANO”. Vergogna a non difendere la nostra lingua, capaci sono di offenderla e di ignorare la nostra realtà. Questi sono i resiani che si dichiarano: “Minoranza slovena a Resia”, autodefinizione o autocertificazione etnica più falsa che si potesse concepire.
Noi coesistiamo in questa Valle dal momento del nostro insediamento, e sono la bellezza di circa 1500 anni. Non sono pochi. Soltanto in questi ultimi anni c’è stato un cambiamento radicale, mentre prima gli abitanti erano, contadini, boscaioli, emigranti, gente semplice e onesta, ma uniti nel portare avanti la nostra identità, nessuno pensava al russo e tantomeno allo sloveno. Ci sono volute le nuove generazioni, quelle istruite, per cambiare le cose e instaurare in Valle uno stato confusionale; il loro! La riflessione che fa un commentatore: “A me fa pensare che qualcuno voglia portare a casa un profitto personale, ma per realizzare qualsiasi scambio bisogna essere in due.”
Se uniti, contrariamente, possiamo pressare con forza e convinzione sulle nostre istituzioni, darci quella che adesso è dispersa perché manchiamo di consistenza, concretezza e perseveranza. La ragione consiste nel fatto che noi siamo creditori nei confronti dello Stato italiano, vuoi per la scelta fatta a seguito del plebiscito del 1866 e quella preferenza generata il 1° aprile 1946, quella di aver scelto nuovamente l’Italia. Non abbiamo mai cercato, in tutte le configurazioni, mentali e materiali, le istituzioni slovene, perché sono istituzioni che non fanno altro e solo i loro interessi, il loro profitto. Resia gli fa molto comodo e ispira solo una sostanziale appendice saporita e appetitosa che poi, ottenuto il voluto, Resia sarebbe e verrebbe scaricata, svuotata e umiliata. Di tutto questo i nostri compaesani, cioè quelli che si proclamano diversi, sono consapevoli del rischio che la nostra unicità, incoraggiando quell’ avventura, potrebbe essere definitivamente compromessa?
La frattura, quindi, che si è venuta a creare fra le due fazioni, spinge le parti ad arroccarsi sempre più sulla propria posizione. Invece, si dovrebbe unire le forze e continuare nella ricerca di soluzioni e uniformare le forze per ottenere tanto e di più, molto di più, visto che siamo un popolo, un popolo diverso sotto tutti gli aspetti con una propria identità e tipicità.
Questo permetterebbe, una volta per tutte, di dare un chiaro segno e porre finalmente fine alle tante speculative teorie sulle nostre origini, ma seguendo altre strade, talvolta sconnesse e incerte, siamo sicuri che non arriveremo mai da nessuna parte. Questo dovrebbe significare che, unendo le forze, si potrebbe arrivare lontano, ad un concreto e significativo risultato, probabilmente come quella ricerca della nostra terra di origine, quell’inizio del nostro essere resiani.
Franco Tosoni

Letterina ........ Precisazione? Il presidente di chi? A nome di chi?


 

Radici Russe a Resia dove si accolgono gli sfollati Ucraini










 

Il legame di Resia con le ex nazioni sovietiche.

 La guerra in Ucraina vista da qui, nella Val di Resia, a pochi chilometri dal confine sloveno, evoca paure antichissime. Questa valle ha vissuto nei secoli le grandi tragedie del Novecento, dalla disfatta di Caporetto (1917) ai disastrosi terremoti nel 1976, che misero in ginocchio l’intera regione. Oggi quel senso di orrore pervade le 945 anime che vivono nella valle anche perché – non tutti lo sanno – Resia è considerato un “Comune russo” in terra italiana. “Per arrivare in Val di Resia bisogna avere un motivo – spiega il sindaco Anna Micelli, 47 anni, eletta nel 2019, figlia di genitori resiani al 100% -. È una valle nascosta, laterale, che nei secoli è rimasta chiusa in se stessa tramandando lingua, usi e costumi attraverso le generazioni”.

La lingua/dialetto di Resia, tema tuttora scottante tra i numerosi linguisti europei che continuano ad occuparsene, ricorda in forma sorprendente la lingua russa. Tanto è vero che nel 2016, tra Resiae Fryazino, città satellite situata nell’hinterland moscovita, è stato siglato un Patto di Amicizia che ha favorito scambi, incontri, relazioni. Che in Val di Resia si fossero insediate popolazioni slave prima dell’anno Mille è fuori di dubbio. E che la lingua parlata di origine russa sia rimasta praticamente inalterata nel tempo è altrettanto indiscutibile. I resiani sono fieri di appartenere a una comunità con una solida base identitaria e vivono il culto dei propri avi sostenendo e portando in giro per il mondo le proprie radici culturali, dalla musica alla danza e alla cucina tradizionale.

“Ma questa valle deve investire sul presente e sul futuro – aggiunge Micelli – per far sì che la montagna non si spopoli. I segnali sono incoraggianti, stiamo investendo sulla formazione dei più giovani, dalla fine (auspicata) della pandemia ci attendiamo una ripresa psicologica ed economica”. Queste giornate di guerra in Ucraina, tuttavia, adombrano lo sguardo del sindaco: “I nostri antenati hanno combattuto per la vita e l’amicizia tra i popoli, bisogna fermare subito il conflitto e sedersi attorno a un tavolo per negoziare. Chi ricorre alle armi non ha mai ragione”. 

Tratto da Friuli Oggi  del 26 febbraio 2022