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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

venerdì 7 dicembre 2018

LA GUERRA E’ FINITA – ANDIAMO IN PACE – TERZA PARTE

RICEVO E VOLENTIERI PUBBLICO

Articolo scritto da Franco Tosoni

Nel mio precedente articolo – seconda parte - avevo riportato alcuni stralci del libro, “HO INCONTRATO L’SS CHE MI AVEVA FUCILATO” - di Arrigo Forniti “Mosca”.  Così come riporto anche in questa mia terza parte.
La componente della pattuglia partigiana, partita da Robedischis il 23 marzo 1944 e sorpresa dalle SS a Slue di Oseacco di Resia il 17 aprile 1944, era costituita da: quattro italiani – un resiano – uno spagnolo – tre sovietici e un tedesco. Come si può dedurre, quindi,  dalla componente la pattuglia, fra i nomi elencati non emerge alcun partigiano sloveno, per quale motivo, ne consegue, che sulla lapide, posta nel cimitero di Oseacco in onore dei partigiani caduti nella lotta per la libertà, compare una scritta: sloveno ignoto? Con  quale proposito, in seguito, è stato inserito quell’ignoto se tutti i partigiani avevano un nome o un sopranome, un nome di battaglia, e in questa circostanza no?  Casualità, circostanza, combinazione, possibilità di interpretazione occasionale, episodico o accidentale?
È bene ricordare che i partigiani jugoslavi furono mandati via  dalla popolazione di Oseacco, donne e anziani armati di solo bastoni e forconi, e che fino al quel momento, nella Valle di Resia, non avevano avuto  perdite di vite umane, così come non avevano mai avuto uno scontro frontale con i tedeschi. Resta comunque strano che oggi gli sloveni vengano a ricordare un partigiano ignoto, il solito Ulisse di omeriana memoria che nessuna formazione avrebbe mai preso con se, appunto, perché ignoto. Nelle formazioni partigiane tutti avevano il proprio nome e cognome ed altri  il nome di battaglia, ma tutti riconosciuti e riconoscibili. Come mai solo gli jugoslavi avevano gli ignoti, che più che ignoti erano sicuramente inesistenti? Quest’anno, come ogni anno, una rinnovata adunanza da parte di una delegazione slovena che interviene, presenzia, alla cerimonia per onorare i caduti nella Val Resia durante la guerra di liberazione. Una  celebrazione che si ripete ormai ogni anno dal giorno  dell’inaugurazione del monumento cimiteriale. Sembra, in questo modo di pensare, più ad una sceneggiata, o ad una dimostrazione di carattere promozionale, che un sentimento di devozione, visto la perplessità e la diffidenza che i partigiani titini avevano da subito generato nei confronti della popolazione resiana. Un’isola felice, così si era dimostrata la Val Resia dall’inizio della seconda guerra mondiale fino all’8 settembre 1943,  giorno dell'armistizio e conseguente inizio della resistenza, se non ci fosse stata la penetrazione in valle di alcuni gruppi di partigiani titini che, come si vociferava in quel tempo, don Arturo Blasutto, nella circostanza del momento vicario di Oseacco, fu iniziatore dei contatti con le formazioni partigiane e che per questo motivo  fu poi perseguito e ricercato, e per tal motivo, all’inizio del 1945, decise di lasciare Oseacco.
Che motivazione e spiegazione si può dare al popolo resiano questa assidua partecipazione slovena per onorare, chi e che cosa?
Per non essere smentito, anche quest’anno si è rinnovata la consueta cerimonia presso il cimitero di Oseacco, 31 ottobre 2018, ore 16,30, con una folta rappresentanza dei comuni sloveni di Tolmino, Caporetto e Plezzo, presenti anche alcuni resiani, i soliti che si dichiarano di appartenere alla indefinita minoranza slovena a Resia.
L’associazione di I.T.V.R. ha celebrato questa cerimonia, in onore dei nostri caduti, a differenza dello scorso anno, che era stata onorata prima della consueta partecipazione slovena, il giorno 1 novembre 2018. Una  scelta poco felice aver preferito posticipare di un giorno questa cerimonia. Penso, e lo dico con profonda convinzione, che era più che giustificata e motivata la presenza della nostra associazione, quel determinato giorno, a protezione della nostra identità e tutela in nome del popolo resiano, visto i numerosi resiani caduti, e non solo resiani, in contrapposizione a quella rappresentanza slovena che ogni anno viene a Resia per onorare uno sloveno ignoto, ignoto solo perché una iscrizione risulta incisa su quella lapide ma che indubbiamente, anzi, sicuramente lascia molti dubbi sulla sua reale presenza ed esistenza. Non credo che si è voluto onorare, incidendo su quella lapide, sloveno ignoto quel partigiano titino ucciso dagli stessi suoi “compagni” nei pressi di Oseacco, ma certamente quel giovane aveva un nome, perché allora questi due episodi, di sicuro, sono ancora avvolti in una nebulosa spiegazione e interpretazione?.
Torno a ribadire, e lo faccio con tutta la mia convinzione  che, per il prossimo futuro, sia solo ed esclusivamente il popolo di Resia a rendere gli onori alla memoria di questi partigiani caduti, e che la gente di Oseacco torni serena a stringersi unita e onorare  quei poveri ragazzi morti combattendo agli stavoli Slaue di Oseacco.”
Forse così la pace potrà finalmente avere il suo vero e lieto fine.
Franco Tosoni