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martedì 25 gennaio 2022

IL CORAZZIERE DELLA VAL RESIA

Da Segni a Ciampi, i 45 anni del corazziere friulano al fianco dei presidenti: «Cossiga mi fece inaugurare il municipio di Resia» 
I racconti di Francesco Madotto, oggi alfiere dell’Arma al Quirinale

Ha trascorso 45 anni al Quirinale, vedendo passare sotto i suoi occhi sette presidenti della Repubblica. E ancora oggi, nonostante sia in pensione, continua a frequentare il palazzo per cerimonie ufficiali, con il ruolo di alfiere del medagliere dell’Arma dei carabinieri.

Lui è Francesco Madotto, classe 1939, friulano della Val Resia, che ha avuto il privilegio diservire, con la divisa da corazziere, Antonio Segni, Giuseppe Saragat, Giovanni Leone,Sandro Pertini, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.

Alla vigilia della scelta del successore di Sergio Mattarella, chi meglio di lui può raccontare come vengono vissuti i giorni della vigilia al Quirinale? Una testimonianza specchio del carattere del Madotto, misurato e rispettoso delle istituzioni, un vero predestinato nel ruolo di servitore dello Stato, essendo nato il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica.

Che aria si respira prima del voto per il nuovo presidente della Repubblica?

Non sono più in sevizio, ma per l'esperienza maturata e per la frequentazione del palazzoche ancora mi viene concesso, posso interpretare ciò che accade in questo periodo. Momenti vissuti senza preoccupazione, ma con curiosità nell'attesa del nuovo inquilino del quirinale.

Si parteggia per uno o per l'altro candidato?

No, dipendenti e colleghi corazzieri sono pronti ad accogliere a braccia aperte chiunque sia nominato.

Ci sono preparativi particolari?

Certo, c'è la cerimonia di insediamento a cui pensare. Ma prima c'è quella del commiato. Ne ho fatte diverse, e devo dire che sono momenti di grande emozione. Quando il presidente uscente saluta i suoi collaboratori, persone con cui ha condiviso gli ultimi sette anni di vita, l'atmosfera è davvero toccante. C'è un grande silenzio in quegli istanti.

L'insediamento, invece, è diverso?

Il trasferimento del nuovo presidente dal Parlamento al Quirinale è una vera festa.

Tra corazzieri e presidente si instaura un rapporto?

Resta sempre una doverosa distanza tra le parti. Ma nasce un rispetto reciproco che spesso porta il presidente a parlare con uno o con l'altro corazziere. Ci sono dei momenti in cui il Capo dello Stato è soltanto un uomo, e quindi cerca un confronto, un dialogo su cose banalie e della quotidianità.

Avrà un sacco di aneddoti da raccontare?

Ricordo bene Pertini, il lunedì,ci coinvolgeva sull'andamento della giornata sportiva. E quando incontrava scolaresche Friulane, oltre a citare le amicizie con Enzo Bearzot e con Dino Zoff, faceva riferimento a me, a un maresciallo friulano dei corazzieri.

Anche con Leone ci fu un rapporo speciale?

Dopo il terremoto del 1976 venne a sapere che tra le case distrutte c'era anche la mia, a Resia. Volle informarsi su quanto accaduto e mi disse di rivolgermi alla sua segretaria in caso di bisogno. Non lo feci e ricostruii la cas acon le mie forze. Ma apprezzai il gesto.

Mancano quei momenti?

Sicuramente, ma grazie all'Associazione nazionale carabinieri ho la possibilità di andare a palazzo. Questo mi aiuta a non sentirmi del tutto fuori dal mio ruolo. Corazziere una volta, corazziere tutta la vita. C'è ancora una cosa che vorrei aggiungere su Cossiga.

Prego

Mi chiamò nel suo ufficio e mi diede l'incarico di partecipare al suo posto all'inaugurazione del minicipio di Resia. Rimasi di stucco. Accettai e arrivai in paese in uniforme insieme al prefetto di allora. Era il 1988. La mia gente rimase colpita nel vedermi. Ne fui davvero orgoglioso.

Ha parlato di Resia, terra che ha dato un contributo importante ai corazzieri.

Quando arrivai al Quirinale, nel 1959, su 120 corazzieri, 25 erano Friulani.Oggi non ce ne sono più di 4 o 5. E a cavallo tra anni 70 e 60 eravamo addirittura in 3 solo della frazione di Oseacco di Resia. 

Le piacerebbe vedere un presidente Friulano?

Certo, ma non perchè sarebbe più bravo degli altri, ma per orgoglio territoriale.

Articolo tratto dal Messaggero Veneto del 21 gennaio 2022