ALL’ARCIDIOCESI DI
S.E. Andrea Bruno Mazzocato
AL PARROCO DI RESIA
Don Gianluca Molinaro
Il
sottoscritto Alberto Siega Presidente
dell’Associazione Identità e Tutela Val Resia (I.T.V.R.) nel leggere l’articolo del quindicinale Dom del 16.09.2016 dal titolo “”Chiesa,
non abbandonarci!”” nota che con arroganza si fanno interpreti di pensieri di
altre comunità affermando “anche attraverso gli otto circoli aderenti,
organizza l’attività dei cattolici sloveni in Val Canale, Resia, Valli del
Torre e Valli del Natisone””. Vorremmo sapere quanti sono gli aderenti, e se
esiste, il circolo sloveno di Resia e quanti di loro parlano lo sloveno.
Domanda semplicissima.
A
noi non interessa che vengano diminuite le foranie e istituite nuove
“collaborazioni pastorali”. Dicono bene che la Chiesa Udinese, unica in questa
parte d’Europa a vantare la presenza delle tre grandi stirpi europee – latina,
slava e germanica. Ben detto “”slava”” ma non slovena.
Dicendo “slava” che
comprende tutte le lingue slave, ma loro intendono esclusivamente lingua slovena. Gli slavi non sono sloveni. Gli sloveni sono
una piccola minoranza degli slavi ma essi pretenderebbero che tutti siano
sloveni, alla faccia della grandeur francese.
Il gruppo redazionale del Dom afferma che le valli del Natisone, del
Torre e Val Resia e la Valcanale dov’è storicamente insediata la minoranza
slovena e la cui tutela è assicurata da leggi di tutela approvate dal
Parlamento italiano e dal Consiglio Regionale. Ancora non abbiamo saputo quando
storicamente a Resia si sia insediata la minoranza slovena. Richiesta fatta al
Comitato paritetico che non ha mai saputo dare risposta, anzi, non ha mai
risposto. A Resia non siamo sicuramente tutelati dalla tanto decantata legge
sulla minoranza slovena, perché non ci sono sloveni. Ci sono alcuni, per mero
tornaconto o pecunia, che si dichiarano sloveni, ma dichiararsi non vuol dire
esserlo. Il Resiano è stato riconosciuto come lingua in via di estinzione
dall’Unesco e quindi non sloveno. E’ parzialmente tutelato dalla Legge 26 della Regione
F.V.G., ma di questo il gruppo redazionale non fa cenno. Come non fa cenno che
a Resia , come previsto dalla legge 38/2001 sono state raccolte le firme
percentuali per la modifica della Legge stessa per l’uscita, il tutto giace
presso il Presidente della Repubblica.
Quindi a Resia non si parla lo sloveno.
Sempre
per conto terzi chiedono una particolare attenzione alle valli del Natisone e
del Torre, alla Val Resia e alla Valcanale, dove in virtù delle specifiche
condizioni ecclesiali, storiche e culturali ed etnico-linguistiche non possono
essere applicati meri criteri numerici e di dimensioni territoriali. Poi si
dilungano su quello che pretendono e chiosano “” in Val Canale e Val Resia,
all’interno di una fusione tra le foranie di Tarvisio e Moggio Udinese, vanno
garantiti il rispetto e la valorizzazione dei fedeli sloveni, anche e
soprattutto attraverso la presenza di sacerdoti che conoscano la loro lingua.
Perché devono essere rispettati e valorizzati i fedeli sloveni, gli altri
fedeli sono di serie inferiore? A noi non risulta che nella forania di Moggio
Udinese vi siano fedeli sloveni, a meno che
non vi sia qualcuno che si dichiara sloveno, ma la conosce la lingua?
Visto
che il gruppo redazionale che da 50 anni collega le comunità di lingua slovena
dell’Arcidiocesi di Udine, ci fa sapere quanti sacerdoti di lingua slovena
hanno esercitato in Resia e per quanto tempo? E quando sono stati richiesti
sacerdoti di lingua slovena?
Il
gruppo pastorale che ha scritto l’articolo in riferimento fa sicuramente parte
di un gruppo di impiccioni incapaci di farsi i fatti propri, che racconta mezze
verità incaricato da nessuno. Unica sua preoccupazione far risaltare la
presenza slovena nella provincia di Udine (ma in effetti quanti sono?) tendente
ad ottenere benefici e denari dalla legge 38/2001.
Resia
non ha mai chiesto un parroco che parli la propria lingua perché sa che non ce
ne sono. Non ha mai chiesto parroci di lingua slovena che è sconosciuta.
Resia potrà essere
messa con qualsiasi forania ad eccezione di Tarvisio e sino a Malborghetto,
cosi non distoglierà sacerdoti di altra lingua.
Noi a Resia, ci
accontentiamo che dopo l’italiano il Vangelo venga letto in Resiano che tutti
capiscono. Ci accontentiamo di poco, ma quel poco lo vogliamo capire, quindi
niente sloveno.
Secondo noi se il
gruppo redazionale estensore dell’articolo vuole la messa in sloveno, visto la
vicinanza del confine possono tranquillamente andare a sentire la Santa Messa
in Slovenia.
Vorremmo però qui
ricordare che nella zone da essi spesso ricordate, molte persone non parlano lo
sloveno, ma un dialetto. Ma si sa che più circoli ci sono più incassi si fanno.
Noi Resiani non chiediamo niente relativamente alla riorganizzazione,
l’unica cosa che non vogliamo è quella di essere intruppati con gli
sloveni con i quali nulla abbiamo a che fare.
Solo il Parroco potrà
decidere sulla riorganizzazione tenendo conto che i Resiani non intendono in
alcun modo essere assoggettati a Tarvisio o altre località che si ritengono
slovene.
Ho l’impressione che i ragazzi che mandano a scuola a
San Pietro, detta bilingue, perché imparino lo sloveno come fosse inglese o
francese, è solo per poter dire che sono sloveni, ma finita la scuola
continuano a parlare il loro dialetto slavo infischiandosene dello sloveno che
a casa loro non parlano.
Dall’articolo “””la silenziosa collaborazione dei
sacerdoti delle Valli alla nascita della Sso”””” del 30.11.2016 a firma L.B.
alla fine dell’articolo troviamo scritto “”in questi anni la Sso nella Slavia friulana, a Resia e in Valcanale
è cresciuto ed ha acquisito prestigio, dando voce ai cattolici sloveni e
conferendo loro pari dignità rispetto agli altri sloveni.””” Possiamo quindi
immaginare gli “ altri sloveni ”
sono coloro che si dichiarano senza esserlo o sono coloro che lo sono veramente
e devono distinguersi da quelli che non lo sono?
Come già detto non chiediamo niente relativamente alla
riorganizzazione della Chiesa pastorale Udinese, ma non vogliamo essere messi
con Foranie che si dichiarano slovene e che possano chiamarsi slovene.
Questa Associazione è composta da 640 iscritti e 3.000
simpatizzanti.
Nel ringraziare dell’attenzione e sicuri di essere
ascoltati, porgiamo distinti saluti
Il Presidente
Alberto Siega
PS.: A seguire l'articolo in questione del Dom del 16 settembre 2016
16 SETTEMBRE 2016 / 16. SEPTEMBER 2016
Cerkev, ne zapuščaj nas!
Chiesa, non abbandonarci!
Petnajsdnevnik Dom, Združenje »Don Evgen Blankin« in Združenje »Don Mario Cernet« predlagajo ustanovitev ene foranije za Benečijo in ene foranije za Železno in Kanalsko dolino. Vprašajo, naj nadškofija poskrbi za duhovnike, diakone in pastoralne delavce, ki znajo in govorijo slovenski jezik.
Il gruppo redazionale del quindicinale «Dom», che da cinquant’anni collega le comunità di lingua slovena dell’Arcidiocesi di Udine, l’associazione «don Eugenio Blanchini » che, anche attraverso gli otto circoli aderenti, organizza l’attività dei cattolici sloveni in Valcanale, Resia, Valli del Torre e Valli del Natisone, e l’associazione «don Mario Cernet» di Valbruna intendono contribuire alla riflessione sulla riorganizzazione pastorale della Chiesa Udinese attraverso l’accorpamento delle foranie e la costituzione delle «comunioni pastorali», che uniranno strettamente le attuali parrocchie.
Il progetto presentato ai Consigli Presbiterale e Pastorale diocesani prevede che dalle attuali 24 si passi ad appena 9 foranie e vengano istituite 56 «collaborazioni pastorali».
Si tratta di un passaggio delicato e decisivo per la sopravvivenza delle comunità di lingua slovena dell’Arcidiocesi di Udine, che sono insediate in territorio montano e soffrono un drammatico calo demografico con tutto ciò che ne consegue sul piano sociale ed economico, ma pure su quello religioso. Esse rappresentano, infatti, una preziosa eredità della Chiesa madre di Aquileia che le ha accolte e generate nella fede cristiana. La loro emarginazione o la loro scomparsa rappresenterebbero un impoverimento dell’eredità storica e spirituale della Chiesa Udinese, unica in questa parte d’Europa a vantare la presenza delle tre grandi stirpi europee – latina, slava e germanica.
L’anno pastorale 2016-2017 dell’Arcidiocesi sarà dedicato a esaminare il progetto. «Che le nostre parrocchie scoprano la gioia e la ricchezza di crescere nella comunione reciproca, dove ognuna è valorizzata, dove la più piccola ha un’attenzione particolare, dove si respira la misericordia di Gesù nei rapporti reciproci », ha ben evidenziato l’Arcivescovo, che nei prossimi mesi incontrerà, a zone, i sacerdoti e i consigli pastorali foraniali per condividere il significato e le linee del progetto delle Collaborazioni pastorali e raccogliere suggerimenti.
Per quanto riguarda le valli del Natisone e del Torre, la Val Resia e la Valcanale, dov’è storicamente insediata la minoranza slovena e la cui tutela è assicurata da leggi di tutela approvate dal Parlamento italiano e dal Consiglio regionale, innanzitutto desideriamo richiamare quanto affermato dal Sinodo diocesano Udinese V: «La necessità di incarnare il Vangelo nelle culture locali richiama l’importanza che ha per l’evangelizzazione l’uso delle lingue parlate in Friuli: “L’evangelizzazione perde molto della sua forza e della sua efficacia se non tiene in considerazione il popolo concreto al quale si rivolge, se non utilizza la sua lingua, i suoi segni e simboli, se non risponde ai problemi da esso esposti, se non interessa la sua vita reale” (EN 63). Perciò questo Sinodo udinese quinto raccomanda che le comunità cristiane locali tengano conto del pluralismo etnico-linguistico della Chiesa che è in Friuli. Esse infatti sono chiamate ad utilizzare quella lingua che permette di far risuonare e percepire me g l io il mess aggio evangelico. Non si tratta di strumenta-l izzare il Vangelo in funzione della tutela o promozione di una lingua, ma di essere fedeli allo stile di evangelizzazione della Chiesa nella sua storia. Fin dagli inizi la Chiesa “imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli. E tale adattamento
della predicazione della parola rivelata, deve rimanere legge di ogni evangelizzazione. Così infatti viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo e al tempo stesso viene promosso uno scambio tra la chiesa e le diverse culture dei popoli” (GS 44 1461). Pertanto gli operatori pastorali delle comunità locali ricorrano all’uso della madre lingua friulana, slovena o tedesca, tutte le volte che ciò favorisce la comunicazione efficace del messaggio cristiano». Ci piace ricordare anche come l’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato, dopo la visita alla forania di San Pietro al Natisone, nell’omelia della concelebrazione finale il 4 luglio 2010 assicurò che la Chiesa Udinese non ha nessuna intenzione di lasciare le comunità delle Valli del Natisone e di tutto il territorio montano al proprio destino, anzi si impegnerà sem- pre più a fondo per dare loro nuova speranza. «C’è un gregge sui monti – disse –, ma non è un gregge disperso. Ci sono delle difficoltà, ad esempio certi paesetti di montagna si stanno spopolando di più, ma non è un gregge disperso. Infatti ho visto in mezzo a ogni gruppetto di case un campanile e una chiesa, e attorno alla chiesa c’erano i cristiani. Allora è un gregge sì sui monti e nelle valli, ma non è disperso perché è attorno alle chiese, dunque attorno al Signore».
Rispondendo alla richiesta di contributo alla riflessione formulata dall’Arcivescovo nella ricorrenza dei Patroni Santi Ermacora e Fortunato, sulla scorta delle Costituzioni sinodali e del magistero di mons. Mazzocato e dei suoi predecessori, chiediamo nella realizzazione della nuova organizzazione pastorale diocesana una particolare attenzione alle valli del Natisone e del Torre, alla Val Resia e alla Valcanale, dove, in virtù delle specifiche condizioni ecclesiali, storiche culturali ed etnico-linguistiche non possono essere applicati meri criteri numerici e di dimensioni territoriali.
In primo luogo non riteniamo rispondente alle esigenze pastorali la fusione della forania di San Pietro al Natisone con quelle di Cividale e Rosazzo.
Troppo forte è la diversità tra territorio montano, spopolato e allo stremo socialmente ed economicamente, con la pianura densamente abitata e ricca di risorse. Ben difficile risulterebbe un efficace piano pastorale comune. Altrettanto si può dire della fusione delle foranie di Nimis, Tarcento e Tricesimo.
Più rispondente alla situazione sarebbe una nuova forania che comprendesse il territorio montano e pedemontano da Lusevera a Prepotto, includendo Cividale. Una tale unità pastorale era stata peraltro più volte auspicata in importanti convegni diocesani sulla montagna e sulla valorizzazione delle comunità di lingua slovena e friulana.
In Valcanale e in Val Resia, all’interno di una fusione tra le foranie di Tarvisio e Moggio Udinese, vanno garantiti il rispetto e la valorizzazione dei fedeli sloveni, anche e soprattutto attraverso la presenza di sacerdoti che conoscano la loro lingua.
Pure nella prospettata collaborazione pastorale di San Pietro al Natisone bisogna garantire sacerdoti che conoscano lo sloveno, così pure nelle collaborazioni pastorale di Nimis, Faedis e Cividale, che comprenderanno parrocchie di tradizione slovena.
La scarsità di sacerdoti di lingua slovena può essere superata con una più fattiva collaborazione della Chiesa Udinese con le Chiese sorelle della Slovenia e la formazione di sacerdoti, diaconi e operatori pastorali con conoscenza della lingua locale.
Tutto questo affinché la nostra Chiesa Udinese, secondo l’esortazione dell’Arcivescovo, sia «un’oasi di misericordia, nella quale tante persone possano incontrare per la prima volta o incontrare nuovamente Gesù, il Volto della misericordia del Padre». U. D.
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