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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

mercoledì 18 ottobre 2017

LA GUERRA E’ FINITA – ANDIAMO IN PACE

La storia è la disciplina che si occupa dello studio del passato attraverso l'uso di fonti, cio di documenti, testimonianze e racconti che possono trasmettere la conoscenza. Più precisamente, è stato trovato che il grasso fa parte del passaggio e è destinato alla continuità del sistema di stazza grassa e quanto alle considerazioni di importazione per una determinata specie.

La storia dovrebbe insegnare doverosamente la verità, i fatti che sono realmente avvenuti nel passato, ma a Resia questo non avviene, anzi, la sua storia, almeno per quello che è  successo durante la seconda guerra mondiale, per non parlare della resistenza, viene deformata e travisata.
La storia del passato, che deve essere raccontata al presente, dovrebbe racchiudere le vicissitudini di una parentesi della tua vita, senza manipolazioni della  realtà, ma raccontare la verità. Al tempo di inizio della seconda guerra mondiale, la Val Resia, visto anche la sua conformazione geografica, si poteva pensare e considerare una valle che la guerra non l’avrebbe mai sfiorata. 
In effetti i primi anni li ha trascorsi pacificamente. Non c’era alcuna dislocazione militare, postazioni o strutture, per meglio dire obiettivi di una certa rilevanza, se non la presenza di una caserma dei carabinieri, quindi, militarmente parlando, non aveva nessun obiettivo offensivo nei confronti del nemico; questo prima dell’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, anche se le avvisaglie si erano già evidenziate nel corso d’anno. 
Il 1943  fu un anno molto difficile per l’Italia, con l’ effetto che questo evento si è poi ripercorso anche ed in tutta la Val  Resia.
Visto il clima che si era ricreato,  la partigianeria jugoslava ha subito approfittato di questa situazione  e ha incominciato la sua penetrazione in quei territori più confacenti per le loro scorribande, soprattutto  in quei territori che fino ad allora erano rimasti incontaminati dalla guerra e, fra questi, anche la Val Resia, con scopi altamente mirati. Questi partigiani sloveni, che non avevano ricevuto alcun invitato formale da Resia, si presentarono con prepotenza, ma non a difesa dei Resiani, ma solo per i propri interessi. Questo fatto si è verificato e concretizzato, solo, con  la  complicità di alcuni fiancheggiatori resiani che, a loro tempo si erano organizzati dando origine al Rezijanski Bataljon delle formazioni partigiane jugoslave del IX Corpus, dal 1943  al 1945, che portò poi anche allo scontro fra alcuni componenti della 

Brigata Garibaldi e quelli della Osoppo, che non si verificò in Val 

Resia, per la ferma opposizione di un esponente della VI Brigata 

Osoppo, il partigiano “Livio”, ma che si concretizzò poi a Porzus. 

Durante tutto questo periodo ci furono alcuni scontri con l’esercito 

tedesco che, pur non avendo alcun  distaccamento in Val Resia, 

infatti il loro comando era presso la caserma di Moggio Udinese, 

faceva delle saltuarie incursioni in Valle per la presenza, appunto, 

della resistenza partigiana, ma  le loro azioni erano più di disturbo 

che di offesa. In una di queste incursioni i tedeschi, messi al 

corrente da confidenti resiani, e avendo saputo della presenza di 

partigiani agli stavoli Slaue di Oseacco, una mattina li hanno 

sorpresi e attaccati causando una grave perdita di vite fra i 

partigiani presenti. Quei partigiani rimasti uccisi furono poi sepolti 

nel cimitero di Oseacco, dove sulla lapide posta sono indicati i loro 

nomi, ma fra questi non figura alcun partigiano sloveno, forse 

perché qualche tempo prima le donne di Oseacco, armate con 

bastoni e forconi,  riuscirono ad allontanare questi partigiani titini 

dal paese.
Adesso io mi chiedo, se nessun partigiano sloveno è mai caduto in combattimento contro i tedeschi in terra resiana, come nessun partigiano sloveno è mai stato sepolto nel cimitero di Oseacco, così come nessun nome sloveno compare sulla lapide posta nello stesso cimitero, ciononostante una rappresentanza slovena si presenta puntualmente ogni anno per onorare, chi e che cosa? Perché questa assidua presenza, senza che ci sia alcuna motivazione? Questa continuità quasi confidenziale, ormai consolidata nel tempo, è stata onorata anche nell’anno 2016, con una presenza assai numerosa e altamente qualificata. Erano  infatti presenti: il Console generale sloveno a Trieste, il Prefetto di Tolmino ed un Sottosegretario del Ministero degli sloveni in Italia, una delegazione dei comuni di Tolmino e di Caporetto, più una quindicina di coristi sloveni, che si sono poi esibiti, più altre persone slovene al seguito. C’era anche una legazione delle Valli del  Natisone con tanto di stendardo, recante appunto la dicitura: Valli del Natisone. Motivo?
Di resiani presenti: oltre al sindaco, alcuni rappresentanti degli alpini in congedo, della protezione civile, rappresentanti della minoranza del comune di Resia. Una presenza indicativa di persone, invece, ma questo era scontato, della frazione di Stolvizza. Da annotare la  totale assenza della popolazione della frazione di Oseacco, considerando pure che in quel paese sono ancora in vita due ex partigiani ultranovantenni. Perché  non erano presenti? Io c’ero, più per curiosità che per obbligo, e la mia sorpresa  è stata di forte contrasto nel prendere consapevolezza nel constatare la numerosa presenza slovena, senza alcuna motivazione e  testimonianza, e la quasi mancanza di interesse, di distacco e di indifferenza, della popolazione resiana, a parte la presenza  rappresentativa dovuta e di obbligo. Essere presente e presenziare ad una cerimonia senza avere una valida ed effettiva motivazione mi sembra di ricorrere ad una forzatura a cui manca, concretamente, una effettiva e reale ragione,  dove non esiste un  legittimo movente se non per onorare nessuno. Forse si, i partigiani italiani. Una ricorrenza senza la presenza concreta di un valido motivo, un controsenso? Io penso di si.
A Resia quasi ogni frazioni ha un proprio monumento posto a ricordo dei propri caduti, per la nostra Patria e  per la nostra terra resiana, ove ogni anno il popolo resiano  ricorda e rende gli onori alla loro memoria. Auspico che, per il prossimo futuro, sia solo ed esclusivamente il popolo di Resia a rendere gli onori alla memoria di questi partigiani caduti, e che la gente di Oseacco torni serena a stringersi unita e onorare  quei  poveri ragazzi morti combattendo agli stavoli Slaue di Oseacco.
Franco Tosoni

LA GUERRA E’ FINITA – ANDIAMO IN PACE  ( seconda parte )

Avevo concluso il mio precedente scritto evidenziando che: “A Resia quasi ogni frazione ha un proprio monumento posto a ricordo dei propri caduti, per la nostra Patria e per la nostra terra resiana, ove ogni anno il popolo resiano ricorda e rende gli onori alla loro memoria.
Auspico che, per il prossimo futuro, sia solo ed esclusivamente il popolo di Resia a rendere gli onori alla memoria di questi partigiani caduti, e che la gente di Oseacco torni serena a stringersi unita e onorare quei poveri ragazzi morti combattendo agli stavoli Slaue di Oseacco.”
A Oseacco non esiste ancora un monumento posto a ricordo dei propri caduti di tutte le guerre, compresi i partigiani morti, una difformità che non trova riscontro con le altre frazioni. Perché? Forse un motivo, o una ragione esiste, probabilmente questa ragione la puoi trovare nel cimitero del paese, dove? Nell’angolo del lato sinistro, dopo aver varcato il cancello di questo cimitero.
In questa mia seconda parte voglio riportare alcuni stralci del libro “HO INCONTRATO L’SS CHE MI AVEVA FUCILATO” - di Arrigo Forniti “Mosca”.
La componente della pattuglia partigiana, partita da Robedischis il 23 marzo 1944 e sorpresa dalle SS a Slue di Oseacco di Resia il 17 aprile 1944, era costituita da:
1. Conti Mario “Mario” nato a S. Lazzaro di Savena (BO) nel 1924 – fucilato dopo lo scontro.
2. Forniti Arrigo “Mosca” nato a Vicenza nel 1926 – fucilato dopo lo scontro – sopravvissuto – deceduto nel 1980.
3. Mercadel Pietro “Mark” da Muggia – Primo Comandante del Distaccamento “Garibaldi” costituito alla fine dell’aprile 1943 – Vice Commissario del Brisko Benski ODRED – Garibaldino di Spagna. Nelle fasi finali dello scontro, benchè ferito, riesce a salvarsi. Deceduto dopo la guerra.
4. Mizza Felicita “CICCI” , moglie di Pieri Stanislao “Stanko” nata a Micottis di Lusevera nel 1924. era incinta. Fucilata dopo lo scontro.
5. Pieri Stanislao “Stanko” nato nel 1921 a Aurisina, già del 1° Btg “Garibaldi”. Fucilato dopo lo scontro.
6. Siega Arturo “Arturo” nato nel 1924, resiano. Vice Comandante del Rezijanski Bataljon. Nelle fasi finali dello scontro, benchè ferito, riesce a salvarsi.
7. “JONNY” partigiano tedesco di Berlino. Fucilato dopo lo scontro.
8. “KARL” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.


9. “JURKA” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.
10 “NICOLAJ” partigiano sovietico. Fucilato dopo lo scontro.”
Ma i resiani lo sanno che nel cimitero di Oseacco esiste una lapide, un po' particolare, dedicata proprio ai partigiani caduti, e che ogni anno, dal momento della sua inaugurazione, una delegazione slovena partecipa alla cerimonia per onorare a ricordo di questi caduti? Credo che siano in pochi a conoscenza di questa lapide. Tutto bene per questa ricorrenza se non ci fosse una contraddizione, nessun partigiano sloveno è stato ucciso in Val Resia, come nessun partigiano sloveno è sepolto nel cimitero di Oseacco. Sulla lapide però compare una scritta: sloveno ignoto. Perché ignoto se tutti i partigiani avevano un nome o un sopranome, un nome di battaglia, in questo caso no? 
Forse una spiegazione c’è e credo, come mi è stato riferito, che l’ignoto sloveno non potrebbe essere altro che un partigiano titino ucciso dagli stessi suoi “compagni” nei pressi di Oseacco, per errore, per volontà, non si sa, oppure qualcuno lo sa benissimo. Forse in questo episodio si può nascondere, quindi il motivo di questo sconosciuto, di questo anonimo. Questa lapide, menzionata come Monumento Cimiteriale ai Caduti nella Val Resia durante la Guerra di Liberazione, inaugurata il 16.09.1978, e posta in questo angolo, è formata da due elementi, da una parte sono scolpiti i nomi dei caduti, con in cima lo stemma della Repubblica italiana, nell’altra parte, quella parte più larga, è incisa la scritta: AI PARTIGIANI CADUTI NELLA LOTTA PER LA LIBERTÀ POSSA QUESTO SACRIFICIO SPRONARE I POPOLI ALL’UNITÀ ALLA LIBERTÀ ALLA FRATELLANZA. 
Di fianco la stessa iscrizione, ma in lingua slovena. Nel mezzo di queste due scritte è collocata una stella in bronzo a cinque punte, il pentacolo, questo simbolo che può avere diverse interpretazioni, ma in questo caso, il presente simbolo, rappresenta la stella rossa, simbolo dei partigiani titini. 
In senso obliquo, e ai lati di questa stella, sono disposti due rami, presumo di alloro, uno collocato sul lato superiore, l’altro sul lato inferiore. Detto questo, e non trovando altre giustificazioni per la presenza annuale, regolare e persistente, di una delegazione slovena, io mi chiedo, ma cosa vengono a fare questi, così numerosi ed autorevoli, senza una motivazione ed una giustificazione, proprio a Resia? Quando basterebbe farlo, per...SPRONARE I POPOLI ALL’UNITÀ ALLA LIBERTÀ ALLA FRATELLANZA, in qualsiasi altra località del Friuli Venezia Giulia.
Da una parte vengono tollerati, e non si può fare altrimenti, dalla ipotetica autoproclamata minoranza slovena di Resia, invece, vengono incensati ed osannati, due interpretazioni contrapposte di non facile spiegazione, ma di chiara deduzione. Che motivazione e spiegazione può dare al popolo resiano questa assidua partecipazione slovena per onorare, chi e che cosa? 
Già a suo tempo le donne di Oseacco, armate con bastoni e forconi, riuscirono ad allontanare i partigiani titini dal paese, perché con la loro presenza stavano mettendo in pericolo la sicurezza della gente e delle loro case. 
Difatti i tedeschi avevano minacciato di incendiare l’intero paese, ma grazie all’intervento dell’allora sindaco, Giovanni Clemente Tomasig, questo pericolo fu scongiurato. Si sono mai chiesti se sono ben visti e benvenuti a Resia? 
O se invece la loro presenza, per questo motivo, dia enormemente fastidio alla maggioranza dei resiani, fatta eccezione per alcuni abitanti che si dichiarano di appartenere alla minoranza slovena a Resia che, oltre ad onorarli,farebbero salti mortali pur di accoglierli nel migliore dei modi, addirittura ossequiarli?
Come si può desumere,quindi, dalla componente la pattuglia, fra i nomi elencati non emerge alcun partigiano sloveno, infatti il gruppo era costituito da:
quattro italiani – un resiano – uno spagnolo – tre sovietici e un tedesco – nessuno sloveno, allora perché sulla lapide compare la scritta, sloveno ignoto, da dove salta fuori questo sconosciuto se non per il motivo, forse, che ho sopra descritto? 
A questo punto perché, visto la nazionalità di questi partigiani caduti, non si invitano a codesta celebrazione, che sarebbe più giusto e legittimo, delegazioni degli altri paesi, che ne avrebbero più valore?
Forse la pace non ha avuto ancora il suo vero epilogo.
Franco Tosoni

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