6 GENNAIO 2013 / 6. JANUAR 2013
Dan Emigranta: da Ruperto
Dan Emigranta: da Ruperto
le scuse dell’Italia agli sloveni
Le scuse del Governo italiano per le politiche di assimilazione messe in atto nel passato nei confronti della minoranza slovena sono state espresse dal sottosegretario agli Interni, Saverio Ruperto, nel suo discorso al “Dan emigranta”, la principale manifestazione della comunità slovena della provincia di Udine domenica 6 gennaio a Cividale. In un teatro Ristori tutto esaurito, rifacendosi alle parole pronunciate nel 1976 al Dan emigranta dall’arcivescono mons. Alfredo Battisti, che aveva chiesto perdono per le mancanze della Chiesa Udinese nei confronti delle sue comunità slovene, il sottosegretario ha affermato: “Io mi unisco, nel mio ruolo istituzionale, a quelle parole, se nel passato ci sono state delle azioni per soffocare la giusta espressione dei valori di una comunità che invece va tutelata”.
Ruperto, intervenuto a nome del Governo, ha sottolineato con chiarezza che l’Italia è un mosaico di lingue e culture e ciò rappresenta una ricchezza. “Il mantenimento dell’identità popolare è una risorsa per lo Stato”, ha detto. Quindi ha elogiato l’impegno delle organizzazioni slovene nella trasmissione dell’identità slovena: “Avete saputo valorizzare i giovani e questo è molto importante perché questo è il futuro del nostro Paese, che non deve mai compromettere le identità culturali che lo compongono”. E il tavolo governativo per la minoranza slovena va in questa direzione: “L’Italia ha tante identità culturali che devono essere preservate come tradizione, senza mai dimenticare che preservare le singole identità culturali non pregiudica mai l’unità profonda del popolo. Ci può essere lo stesso unico popolo pur aggregando diverse identità culturali, che devono essere mantenute e portate avanti perché è sempre sulla storia, sul passato, che si fonda il futuro di ciascuno”.
Il direttore del quindicinale Dom, mons. Marino Qualizza, nel suo discorso a nome delle organizazioni slovene, è partito dalla constatazione che “nonostante tutte le avversità della storia siamo riusciti a conservare la nostra identità slovene “e siamo qui oggi, a rinnovare quel proposito di resistenza anche nella bufera, convinti come siamo di lasciare alle nuove generazioni un patrimonio di sapienza, di cultura, di lavoro, di fantasia e di poesia, spesso di dramma, capace di alimentare anche il futuro della nostra terra. Tutto questo è riassunto nella storia e nel presente del Dan Emigranta, perché è così strettamente legato alla nostra esistenza ed identità, che non possiamo immaginarci senza di esso. 50 anni fa ci siamo mostrati in pubblico, siamo usciti finalmente allo scoperto, sostenendo una sola verità: siamo cittadini normali divenuti adulti, coscienti e contenti della loro identità. Tutto il resto è conseguente e va continuato”.
Scendendo nel concreto delle questioni che stanno a cuore alla minoranza, mons. Qualizza ha ricordato che la specialità alla Regione, 50 anni fa, è stata riconosciuta soprattutto per la presenza della minoranza slovena. “Oggi, per mantenere l’autonomia essa si appella al multilinguismo e multiculturalismo, mentre ha un atteggiamento da matrigna verso gli Sloveni, infatti non si dà troppa briga per i nostri diritti e tira fuori con fatica dai suoi forzieri qualche moneta per la nostra minoranza”. E sottolineando positivamente all’apertura del tavolo governativo per la minoranza slovena, presieduto dal sottosegretario all’Interno, Saverio Ruperto, ha evidenziato che lo Stato restringe sempre più i contributi alla minoranza slovena” “Si appella alla cristi economica – ha detto -, ma l’ammontare degli aiuti è poca cosa per uno Stato come l’Italia fra le nazioni più sviluppate e ricche. È necessario assicurare almeno gli aiuti previsti dalla legge di tutela e aggiungere la somma corrosa dall’inflazione in 12 anni. È pure importante che il finanziamento sia sistematico, cioè sicuro nella somma e nel tempo del pagamento e non lasciato alla buona o cattiva volontà imperante al momento. Le risorse per lo sviluppo economico che la legge di tutela assegna per le Valli del Natisone e del Torre, Resia e Valcanale sono di valore vitale. Inaccettabile è il loro taglio. Nella legge era stato introdotto un importo simbolico che Stato e Regione dovrebbero aumentare. Questa potrebbe essere una vera zona franca: sostegno e alleggerimento fiscale per i comuni dove vivono gli Sloveni. La lingua e la cultura si sostengono se la gente rimane sul territorio”.
L’insegnamento dello sloveno è una esigenza fondamentale e mons. Qualizza, auspicando una pronta ristrutturazione della scuola bilingue di San Pietro al Natisone, ha chiesto l’estensione dell’insegnamento bilingue alle valli del Torre e l’attivazione di quello trilingue in Valcanale, assieme all’apertura di scuole medie superiori bilingui.
Forti le parole contro il tentativo di negare l’identità slovena. “Sono inaccettabili gli attacchi e perfino l’avversione contro i resiani che si riconoscono sloveni. Quanto avviene sotto il Canin, ricorda la favola di Fedro sul lupo e l’agnello: superior stabat lupus, longe inferior agnus – ha affermato mons. Qualizza -.Purtroppo, la ‘sindrome resiana’ si sta allargando nella Benecìa. Sorgono e si sviluppano strane teorie, sostenute anche da alcuni comuni, da politici provinciali e regionali. Coloro che negli anni bui hanno lavorato contro la lingua slovena, hanno adottato ora un’altra politica di assimilazione al fine di separare gli Sloveni della provincia di Udine da quelli di Trieste, Gorizia, dell’Isontino e della Slovenia. E questo lo fanno con il denaro destinato agli Sloveni. Dobbiamo opporci con tutte le forze e far rivivere la Resistenza. Lo Stato, la Regione e le amministrazioni locali hanno il dovere di rispettare le acquisizioni scientifiche che ci riconoscono come Sloveni Doc e devono togliere ogni appoggio politico e finanziario a quei circoli. Ne va della serietà della politica”.
Al “Dan emigranta” il saluto del Governo sloveno è stato portato dalla vicepremier Ljudmila Novak, che ha elogiato gli sloveni della Provincia di Udine, che attraverso le bufere della storia hanno conservato le proprie lingua e cultura e le stanno trasmettendo con successo alle giovani generazioni. “Ogni lingua rappresenta una ricchezza inestimabile ed è uno strumento di pace, amicizia e collaborazione in un Europa sempre più integrata e senza confini”.
Il sindaco di Cividale, Stefano Balloch, ha annunciato che un luogo della città sarà intitolato a mons. Ivan Trinko, il patriarca della Benecia, in questo 2013 nel quale ricorre il 150° anniversario della nascita.
Al Dan emigranta del cinquatenario erano presenti, tra gli altri, i parlamentari Tamara Blažina e Carlo Monai, l’asssessore regionale all’Istruzione, Roberto Molinaro, il consigliere regionale Igor Gabrovec, il prefetto di Udine, Ivo Salemme, e numerosi sindaci e amministratori locali. Dalla Slovenia c’erano il presidente della commissione parlamentare per gli sloveni nel mondo, Franc Pukšič, il parlamentare Danijel Krivec, il prefetto di Tolmino, Zdravko Likar, e i sindaci della valle dell’Isonzo.
Tratto dal DOM.IT
Nostra Risposta :
Esilarante l'accusa di nazifascismo al Monsignor Qualizza, quando i santini del duce( sempre ben custoditi) ce li ha qualcuno certamente distante dalla comunità slovena. Difendiamo quindi la resianità, come diceva il buon Benito, attraverso l'uso esclusivo dell'italiano. Osteggiamo quindi apertamente il pericolo di slovenizzazione della Valle a favore dell nostro piano di italianizzazione, con la promozione di piatti tipici locali, con slogan tipo "pizza, pasta e mandolino". Ricordando sempre la nota radice comune tra i fondatori di Roma e i resiani filoitalici, famosi per la forte somiglianza linguistica e culturale, provata dal famoso detto locale"dividi et impera" che recentemente è stato ribadito anche attraverso la schiacciante prova del DNA.
RispondiEliminaLe frasi ormai, per partito preso, sono, a ragion di logica e di ragionamento, intercalate con parole e frasi, senza che uno se ne accorga, senza necessità argomentale e senza necessità di riflessione, si inseriscono continuamente nei discorsi riguardante il resiano e la questione resiana.
RispondiEliminaI preti, alcuni preti e monsignori, sono ancora vestiti della tonaca di colore nero o del clergyman, ma la loro passione è di colore rosso, indipendentemente se uno li vuol accusare di nazifascismo o di comunismo, a secondo della tendenza e della visione oculare ed angolare.
Resia, durante la seconda guerra mondiale, se non fosse stata interessata dai drappelli di partigiani titini, spalleggiati poi anche da alcuni simpatizzanti resiani, che hanno agito di disturbo e di confusione, più che di sostanza, disorganizzati e scomodi per la giusta causa, sarebbe rimasta un’isola tranquilla senza avvertire quegli errori ed orrori che si sono poi susseguiti e verificati. Anche in quelle occasioni si parlava di slovenizzare la Valle, con la conseguenza e con l’intento di appropriarsi e di esportare, senza mai dare sostanza e consistenza.
Devi conoscere la storia per averla vissuta e non per sentito dire, così come oggi, molti giovani, tendono a dare lezione del fare e non fare, apparentemente privi della consapevolezza e di ogni conoscenza Senza menzionare pizza, pasta e mandolino, noi siamo distanti da questi slogan, apparentemente maccheronici, ma possiamo benissimo menzionare la farina friulana che ha provveduto a sfamare buona parte della gente resiana, durante e dopo l’ultima guerra. Ormai i tempi sono lontani, i ricordi pure.
Da Fratoso un cordiale saluto