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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

sabato 4 febbraio 2017

PIETRO FORTUNA: da il giornale LIBERTA' del 02-04-1946

AL SUONO DELLE CAMPANE

Ce ne accorgemmo subito allorquando la lunga e caratteristica colonna di Pakard, dopo avere attraversato il semi distrutto abitato di resiutta si ingolfò in uno stretto dedalo di vicoletti dal ciottolato sconnesso e infilò la Valle Resia che si schiudeva, dinanzi agli occhi attoniti, tra il verde dei suoi prati e il sole di primavera, come al sorriso invitante e cordiale di una bella ragazza. I viandanti, curvi sotto le gonfie gerle di fieno o pieni di ciottoli, volgono il colto dal denso polverone, agitando l'altra in un festoso saluto "troppa grazie- pareva dicessero- troppa grazia". Lungo la strada che costeggiando il fiume sale su su fino alle pendici del canin, le automobili della "Commissione" scivolano veloci e silenziose. ed ecco apparire, dall'uscita da un'ampia curva il campanile della frazione di San Giorgio.  Ma la commissione non si ferma e continua imperterrita la sua corsa puntando su Prato di Resia, capoluogo della valle. Anche qui festoni tricolori, un frenetico agitare di bandiere, la scosciante musica delle campane e tanto, tanto popolo che si riversa dalle case e sul sagrato della chiesa ove le macchine si sono fermate.  E' una manifestazione gaia e commovente al medesimo tempo e gli sfingei possono a mala pena seguire il sindaco che, aiutato da robusti giovanotti, si fa largo verso i locali ove avrà luogo l'inchiesta. I delegati hanno abbandonato il loro contegno solenne e sorridono cordialmente prendendo fotografie a destra e a manca. Vi sono moltissime donne che osservano la semplice eleganza delle delegate francesi ed inglesi, dandosi gomitate nei fianchi, nascondendo timide la loro allegra risata nel cavo della mano. E' uno strano paese Resia, un paese che esiste e non esiste al medesimo tempo; un paese polivalente; formato da ben sei frazioni, distanti parecchi chilometri le une delle altre. E' il complesso di questi paesini: Prato, Oseacco, Stolvizza, Gniva, San Giorgio, Coritis e Uccea che prendono il nome di Resia dal fiume omonimo che nasce dal Canin e scende rumoreggiando fino a Resiutta, sulla pontebbana, ove si getta il canale.
L'ORGOGLIO DEI RESIANI
I Resiani, sono molto orgogliosi del loro fiume che, come l'Isonzo che le acque intensamente azzurre.
Ma di un'altra cosa essi menano gran vanto di quelle figure cioè che si ridisegnano al tramonto sulle pareti dei "Musi" che raffigurano delicate movenze di donna, profili monanari, criniere di leoni. Un gruppetto di giovanotti vuole a tutti i costi che veda lassù disegnato da una pietraia il profilo di Garibaldi. Nel frattempo i delegati hanno raggiunto la saletta loro appropriata in una locanda; si siedono chi attorno ad un lungo tavolo, chi accanto alle finestre spalancate sul fiume, aprono le loro pesanti cartelle, estraggono carte geografiche e fanno quindi chiamare il signor Clemente, il baffuto sindaco della Vallata. Questi entra nella sala ornata di edera accompagnato dalle concitate raccomandazioni della folla che gremisce i locali e la piazzetta antistante. Par di vedere uno scolaretto che accompagnato da troppe raccomandazioni, si appresta a sostenere con trepidazione il temuto esame. Il sindaco siede tra i delegati, duro ed impettito e risponde alle loro domande tenendo le braccia compostamente distese sul panno verde del tavolo. La porta è ermeticamente chiusa e lascia intravedere solamente le teste dei diplomatici, chine sui libri e su quaderni, intenti ad ascoltare ed a prendere annotazioni. Saputo che io sono un giornalista una enorme quantità di persone mi assale e mi costringe in un angolo. Dopo avermi sottoposto ad un serrato fuoco di fila di domande circa i metodi di inchiesta della commissione, la folla mi rivolge una valanga di informazioni e di preghiere. "Ditelo sul vostro giornale domani; ditelo che noi siamo italiani e che amiamo l'Italia perché  è la nostra madre! . Ditelo , che i nostri figli sono stati tutti alpini nella Julia, e che molti sono morti...troppi!". Non c'è più timidezza nel loro sguardo, c'è un'ansia ed una volontà che colpiscono e commuovono profondamente. Uomini e donne hanno gli occhi umidi e trema loro la bocca quando gridano "Viva l'Italia". Mi raccontano la storia su Resia una storia strano e interessante cui la leggenda si mescola con la verità. E' la storia di un gruppo di Unni al seguito di Attila, che fuggiti da Plezzo, hanno trovato pace e lavoro sulle sponde dell'azzurro Resia. Si sono abbarricati sulle zolle ciottolose di queste montagne, hanno costruito pietra su pietra le loro case, hanno generato uno ad uno i loro figli votati per sempre ad un lavoro duro ad una vita di sofferenza giorno per giorno. La miseria di queste genti è grande e il poco grano, le poche bestie, i pochi legumi non bastano al loro bisogno, E sono appena in tremila cinquecento. Nel 1420 passano sotto la dominazione della  Repubblica di Venezia,e nel 1866 furono incorporati nel regno d'Italia. essi parlano un dolce dialetto il "patois" resiano che trae la sua origine dalle antichissime migrazioni di soldati di Attila. Allorché il sindaco esce dalla saletta viene condotto al mio cantuccio, ove sono virtualmente prigioniero, ed è obbligato a ripetere in un silenzio religioso, parola per parola, le domande rivoltegli e le risposte fornite. "Mi hanno chiesto per prima cosa quale lingua parliamo - egli dice - che scuole e chiese abbiamo. Italiane, italiane, italiane ho risposto. mi hanno quindi chiesto quanti operai conta la vallata, come e dove lavoriamo. Quanti capi di bestiame abbiamo, qual'è la nostra situazione alimentare, quale è lo sbocco economico e commerciale di tutte le nostre attività. Il delegato sovietico, che fungeva da presidente mi poneva le domande a cui rispondevo a mezzo di interpreti. A un certo punto un delegato francese disse: non c'è alcun dubbio sull'Italianità di questa terra" ed al momento di congedarmi io raccomandai a lui la comprensione di quanto avevo esposto".
E' ormai mezzogiorno e la Commissione lascia Resia dirigendosi a nord verso Stolvizza che riceve gli ospiti eccezionalmente con archi tricolore, campane a distesa ed un unanime accorrere di bimbi. Bimbi vestiti a festa con i capelli strigliati a dovere, accompagnati dalle madri che li protendono verso i delegati. I delegati sorridono, fotografano, esaminano la chiesa, si muovono nel minuscolo paese seguito da un codazzo di persone che battono le mani gridando "Italia". Le mamme ci tengono a far bella figura ad allorché hanno visto alcuni delegati accompagnarsi con i bimbi, ritoccano le toelet dei loro e li costringono a soffiarsi il naso volenti o nolenti a son di scapaccioni. La carovana riparte e si ferma alle porte di Resiutta per la colazione. verso le tre la colonna si muove di nuovo e, infilata la strada statale, si dirige verso Pontebba. Così la visita della Commissione giunge improvvisa ed inaspettata e la popolazione non si rende conto dell'improvviso movimento. A Pontebba la commissione si ferma per oltre 40 minuti ed interroga il sindaco sul numero di abitanti del comune sulle funzioni annesse dopo la guerra del'18 e sulla situazione politica della zona. Anche e Malborghetto e a Ugovizza, mete successive, l'arrivo dei delegati non dà luogo ad alcuna manifestazione ed i lavori d'inchiesta proseguano calmi, esaurienti, particolari. fra i crochi di curiosi che si aggirano attorno alle auto in parcheggio, due bellissime fanciulle attraggono l'attenzione generale "Parlate tedesco? - viene loro chiesto". " No siamo Italiane!! - esse rispondo- italiane puro sangue! c'era da giurarlo, erano troppo belle
PIETRO FORTUNA

5 commenti :

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  2. Perché scrivi le tue cavolate in italiano e non le scrivi in resiano?

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    2. Mi dispiace, nella frase che hai scritto ci sono alcune imperfezioni che dimostrano che non hai dimestichezza della lingua resiana, c'è più sloveno che resiano.

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