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Lingua e Storia della Val Resia
Lingua e Storia della Val Resia
È
stata approntata la legge regionale sulle minoranze linguistiche con
il numero 26. Un’ altare alla minoranza linguistica slovena e
nemmeno un distinguo, un piccolo cenno alla lingua resiana, perla
della collana delle lingue slave che negli ultimi secoli ha meritato,
per la sua unicità l’attenzione di studiosi e linguisti di tutto
il mondo. E tant’è datosi che gli slavisti locali hanno nuovamente
decretato l’inclusione del resiano tra i dialetti sloveni.
È
rimasto, al riguardo, inascoltato il suggerimento del professor Hamp
che consigliava di fare un’accurato riesame del resiano prima di
catalogarlo, specialmente per quanto concerne le vocali,
importantissime ai fini di ogni lingua.
È
stato ignorato quanto affermato, a suo tempo, da Baudouin de
Courtenay , uno dei più autorevoli linguisti interessati con vera
passione al resiano, il quale dopo aver spiegato perché i Resiani
non sono Russi, scrive:” in simile maniera possiamo dimostrare che
i Resiani non sono Bulgari, non Sloveni nel senso proprio di questa
parola, non Serbo-Croati nel senso stretto, ecc., e che ci
rappresentano, dal punto di vista glottologico, una stirpe slava
indipendente”. Questa affermazione dava molto fastidio ai suoi
picconatori, tanto che cercarono di screditarlo solo perché il buono
ed onesto B. de C., ormai anziano, stanco ed ammalato, aveva espresso
il desiderio di voler riconsiderare la teoria riguardante
l’accostamento del resiano al turano-altaico.
Da
parte degli slavisti, lo dice un saggio, viste le notevoli
manchevolezze della legge 482/99 sono state seguite le articolate e
complesse disposizioni che non tengono conto della realtà e
dell’equità, ma solo delle forze di “intraprendenti”
intellettuali congiunte all’opportunità di salvaguardare certi
equilibri politici.
Quindi,
catalogare il resiano tra i dialetti sloveni è soltanto un favore
fatto al politico che tende la mano, ovunque possa farlo, per avere
contributi: ciò è tecnicamente, storicamente e scientificamente un
errore. Relegare il resiano nel limbo dei dialetti , anche se la
legge non aiuta, rappresenta una mancanza di rispetto, una “diminutio
capitis” per una lingua con la quale i Resiani, in quasi 1400 anni
di convivenza si sono detti tutto, si sono trasmessi le conoscenze,
la cultura, nonché arti e mestieri, tecnologia e musica.
Per
favore, signori linguisti, se proprio non potete chiamarci lingua
perché la legge non ve lo consente, indicateci con un altro vocabolo
appropriato, ma NON GETTATECI nella fossa comune dei dialetti
sloveni. La lingua slovena stritolerà e ingoierà il resiano in
pochi anni e a Voi rimarrà imperituro l’amaro dentro per non aver
fatto nulla per salvare questa stupenda lingua.
Il
resiano non può essere un dialetto sloveno in quanto la sua origine
è indipendente dallo sviluppo della lingua slovena.
Nello
statuto regionale è sancito che gli appartenenti alla minoranza
slovena del F.V.G. sono cittadini italiani di nazionalità slovena.
Noi non possiamo chiamarci di nazionalità slovena. Con la Slovenja
non abbiamo nulla in comune, né topos, né epos, né ethos, né
logos, né caratteri né modi, e nei tanti secoli trascorsi non
abbiamo vissuto neanche un attimo di storia insieme uniti, anzi ci
siamo trovati gli uni contro gli altri in diverse occasioni. Ad
esempio: nel 1500 , durante la guerra tra Austria e Venezia, gli
Sloveni si sono schierati con l’imperatore, mentre i Resiani sono
rimasti fedeli alla Serenissima; nella guerra 1915/18 Resiani e
Sloveni si sono sparati contro lungo tutta la linea del fronte dal
Brennero fino al Carso . Evitiamo di citare la 2^ guerra mondiale per
i noti motivi, anche se non possiamo non dire che siamo stati aiutati
a combattere una dittatura allo scopo di darcene un’altra, che ci
sono state delle fucilazioni ingiuste e crudeli e che anche Resia ha
avuto i suoi infoibati. Non c’è stata mai convivenza, insomma, né
qualsivoglia interagire per mezzo del linguaggio. E ciò perché
l’uno non ha mai capito quello che diceva l’altro. Sono realtà
linguistiche diverse. I Resiani, quando sono entrati in Valle, per
comunicare tra loro usavano il paleoslavo o slavo antico, il quale ha
assorbito frammenti di celtico, di latino e di longobardo e nel quale
si sono via via inseriti prestiti dal paleoslavo liturgico di
Costantino con lo sloveno portatoci dai monaci di St. Paul e di
Admont, mandati a Resia dagli abati di Moggio nel XIII e XIV secolo
d.C., ed infine i prestiti dal friulano, dal tedesco e dall’italiano.
Guardiamo
le statistiche. Attualmente su 100 parole dette in resiano:
-
40 sono comuni a tutte le lingue dell’universo slavo ( mati, oce,
oci, ecc. );
-
20 sono solo resiane (gjo, karie, rat, want, wsei, mugjul, pravit,
lanita, ecc.);
-
8 sono uguali al solo sloveno (kacja, gosd, skuta, kucjanizza,
ecc.);
-
30 sono parole resianizzate prese dall’italiano, dal tedesco e dal
friulano;
-
2 sono comuni ad alcune delle lingue slave (es.: jinde = ceko, con
il quale abbiamo in comune la desinenza dei verbi ; ric = ucraino;
scja = bulgaro, polacco, ucraino ).
Consideriamo
la storia. I Resiani sono sotto il Canin fin dal VII secolo d.C.,
arrivati direttamente da nord-est avendo potuto beneficiare di un
periodo di libertà di movimento dopo che Samo ebbe a liberare quasi
tutti gli Slavi occidentali. Il gruppo giunto in Carinzia era
notevole ed eterogeneo. Gruden e Rutar lo vorrebbero formato da soli
Sloveni, scientemente equivocando sul fatto che Franchi, Bavari e
Sassoni chiamavano gli Slavi, tutti gli Slavi : Esclavens, Esclovens,
Escloviens, ma nessuno storico non sloveno avalla questo dato e
Lewanski addirittura li ammonisce e afferma: “ Tra il VI e l’VIII
secolo d.C. gli Slavi penetrarono nei territori limitrofi al Friuli
formando insediamenti provvisti di un ordinamento statale nel Noricum
meridionale. Contrariamente agli assunti dei primi ricercatori detta
colonizzazione fu opera degli Slavi occidentali e NON degli Sloveni.”
Tale nome per gli Sloveni arriverà solo due secoli dopo, allorquando
i Franchi li liberarono dalla schiavitù degli Avari. Dal gruppo
trovatosi in Carinzia si staccarono i componenti di quattro tribù
che decisero di raggiungere la piana friulana attraverso la valle del
Fella. Esse si scontrarono con i Longobardi che le respinsero dopo
aver inflitto loro gravissime perdite. I superstiti si rifugiarono
nella valle di Resia ed iniziarono una vita di comunità che non si è
mai interrotta fino ad oggi. I manipoli di predoni slavi di cui ci
narra Paolo Diacono che infastidiscono con le loro incursioni in
pianura i Longobardi per buona parte dell’VIII secolo, possono
essere solo Resiani ma non Sloveni. Nella storia universale gli
Sloveni ( Esclovens ) sono menzionati soltanto nel nono secolo:
nell’816 una loro delegazione è a Compiègne per un atto di
sottomissione a Ludovico il Pio, nonché per chiedere la distinzione
dai loro oppressori e di poter usufruire del territorio posto tra
Sava e Drava per viverci e svolgere le loro attività; però la
fedeltà all’imperatore ebbe breve durata: tra l’820 e l’823
certo Liudovit assoggettò buona parte della popolazione della
Pannonia occidentale, tra cui gli Sloveni, e la spinse alla rivolta
contro i Franchi. Il gruppo ebbe un primo successo contro Cadola,
marchese del Friuli, e riuscì a invadere parte del territorio a
ovest del Sava, ma poi i Franchi inviarono sul posto un forte
contingente di uomini e anche con l’ausilio dei Croati ( Bozna ),
dispersero e decimarono i rivoltosi. Dopo tale batosta, gli Sloveni
si ripresero nella seconda metà del nono secolo e ricevettero pure
la visita di Cirillo e Metodio, ma poterono ricompattarsi e iniziare
finalmente una vita di comunità (per diventare uno dei popoli più
miti e corretti della storia ) solamente dopo il 950, all’esaurirsi
della furia degli Ungari che, in cinque distinte ondate, passarono
sulla Pannonia occidentale come un ferro rovente.
A
questo punto siamo in aperto conflitto con i cinque più cinque che –
con un’azione politica degna del miglior Talleyerand, motivata dal
solo” scientifico” riflesso linguistico- hanno chiesto ed
ottenuto l’inserimento del comune di Resia tra quelli tutelati
dalla legge sulla minoranza slovena. Vorremmo capire come mai ( un
virus ? ), pur avendo essi in valle un seguito più vicino allo 0 che
non al 15% esatto dalla legge ( e non potrebbe essere altrimenti,
datosi che nessun Resiano, ma proprio nessuno può legittimamente
dichiararsi di nazionalità slovena e nessuno, ma proprio nessuno
conosce l’inno nazionale sloveno ), continuano imperterriti a
perseguire il loro scopo e a mantenere la posizione e la consegna
assegnategli al momento del loro reclutamento da parte di Maticetov,
regista di tutta la faccenda, il quale - anche con l’aiuto di
portatori locali, ovviamente - è riuscito a portare l’acqua del
Resia nel Sava , blandendo e ammaestrando, strada facendo apprendisti
linguisti, pseudo giornalisti e scrittori, tesisti, eccetera.
Qualcuno degli istanti surriferiti ha addirittura ammesso che il
resiano non può essere un dialetto sloveno e che i Resiani non
possono evocare la nazionalità slovena ma che tutto viene portato
avanti per il bene di Resia, visto e considerato che i competenti
organi accettano anche noi Resiani . “ Insomma, ci fingiamo Sloveni
per avere i contributi “, e non gliene cale né poco né tanto se
il magistrato potrà intravedere nel loro dire ed agire la
configurazione di uno o più elementi costitutivi del reato di truffa
ai danni dello Stato, datosi che quelli elargiti sono quattrini
sborsati dai contribuenti italiani.
Ai
signori competenti della CULTURA si chiede la cortesia di voler
restituire la dignità di LINGUA al RESIANO, perla della collana
delle lingue slave da sottoporre all’attenzione e alla tutela
dell’UNESCO come patrimonio universale. Grazie
Associazione
culturale “ Identità e Tutela Val Resia “
Gilberto
Barbarino
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