Articolo redatto da Franco Tosoni
Ritengo
sia arrivato il momento di esaminare, dibattere e interrogarci sul
problema che interessa la tutela dei diritti delle minoranze,
principalmente quella relativa alla nostra situazione resiana. Ho
scritto ritengo perché presumo, come la situazione attuale lo
richiede, che noi siamo in presenza di una fase di completa
confusione e di disorientamento, e spiego il perché. Il concetto di
minoranza, inteso come aggregazione in un contesto che si distingue
per qualche aspetto, o vari aspetti, da tutti gli altri, a Resia, da
quando ho memoria, siamo sempre stati considerati una aggregazione,
in primo luogo nell’ambito del territorio friulano, sia per lingua,
per usi e costumi, per danza, per musica, e anche per sembianze
morfologiche. Una etnia che si distingueva e si distingue dal
contesto confinante e non solo, una minoranza dalle caratteristiche
particolari, all’interno del territorio italiano, di ceppo slavo e
non sloveno (rosaijanski nõ tï buski).
Ora a Resia è presente un genere di persone resiane che si vuole diametralmente distinguere. Quel genere si è dichiarato minoranza nazionale slovena, non credo per diversità ma, principalmente, per opportunità. Per essere valutati e considerati una minoranza in ambito di un territorio, non perché uno conosce, oltre il resiano, sua madre lingua, imparata oralmente all’interno della propria famiglia, la lingua italiana, per la frequenza obbligatoria perché di nazionalità italiana e, per la particolarità di aver imparato anche la lingua slovena, non puoi, come è stato dichiarato, dico dichiarato e non formalizzato, decidere di appartenere ad una minoranza nazionale, in questo caso, slovena, così di punto in bianco. Lo puoi fare se hai dei requisiti validi e legittimi, in regola con la tua vera identità, discendenza generazionale e caratteristica, quindi se ti mancano questi presupposti, importanti e determinanti, per considerarti tale, come fai a dichiararti di appartenere ad una minoranza con una falsa identità? Una falsa identità dettata particolarmente da una comoda e reale opportunità. O possiamo classificare tale identificazione a problematiche di tipo socio-politico ed economico?
In realtà tu, che
hai scelto questa strada, che fai già parte di una minoranza, quella
resiana, che sei considerato resiano, perché la tua origine è
resiana, e che appartieni alla madre lingua resiana, penso, e per
questi motivi, non puoi rinnegare la tua appartenenza alla nostra
minoranza identitaria. Tu, che vuoi considerarti fuori dal coro,
come ti vuoi considerare e vivere in un ambiente che rinneghi,
creare attrito e discordia, perché è evidente che contrasti con
l’orientamento maggioritario, visto che sei minoranza nella
maggioranza della minoranza identitaria resiana? Una anomalia ancora
più inquietante sussiste nel fatto che alcuni di voi si
dichiarano di appartenere alla minoranza nazionale slovena, compresa
la richiesta e l’acquisizione della carta d’identità bilingui,
italiano – sloveno, ma in realtà sono persone recentemente
immigrate a Resia, determinate per questa scelta, non solo per aver
richiesto la residenza nel comune di Resia, senza conoscere e parlare
la lingua resiana, ma anche per non aver nessun presupposto per tale
richiesta di minoranza, quindi senza nessun requisito identitario
socioculturale. Una anomalia? Direi piuttosto una cavolata.
Quando
si affronta il tema delle minoranze, normalmente ci si riferisce a
gruppi caratterizzati per legami etnici, linguistici o religiosi,
tutti presupposti sconosciuti ai nostri affiliati alla minoranza
nazionale slovena.
Nella
Costituzione italiana il termine “minoranza” è utilizzato
unicamente in relazione a quelle linguistiche, quindi la presunzione,
nel caso nostro, non sussiste se non per atteggiamento
opportunistico.
Ora,
per la maggioranza dei resiani che si batte per avere riconosciuta la
minoranza di identità e tutela delle proprie origini arcaiche,
compresa la propria lingua, che nulla hanno a che vedere con le
origini arcaizzanti slovene,
le scelte di questa esigua minoranza chiaramente vanno a
compromettere il riconoscimento del resiano, come una lingua slava,
che attesti la sua originalità, o quanto meno alla eliminazione di
quegli assurdi accostamenti affinché, questa lingua, non faccia più
parte di quella schiera di dialetti di cui è stata elaborata la
lingua slovena. Basta pensare alla differenza fra la lingua resiana,
una lingua slavo arcaica, e quella slovena, palesemente una lingua
nuova, moderna, per cogliere la dissonanza, per meglio dire trovare
la discordanza e la disarmonia, fra queste due lingue.
É
inutile continuare su questo tono se non si capisce l’originalità
della lingua resiana e la sua salvaguardia, ma prendiamo il caso
delle minoranze germanofone della provincia di Udine, riconosciute
come tali, dove la vicina Austria non ha minimamente preteso di
estendere la propria influenza e di dichiarare, che questi comuni,
dove è presente la parlata tedesca, la propria influenza su questi
territori. Se la lingua resiana è stata dichiarata una lingua slava
arcaica, come potrebbe la lingua slovena, dichiarata come lingua
moderna, in qualche modo, in futuro, valorizzare la lingua resiana,
agli sloveni stessi sconosciuta?
Ci
sono varie leggi che, in differenti modalità, disciplinano la
questione delle minoranze; prendiamo l’esempio della legge
482/1999, della legge 38/2001 e della legge 26/2007, fatte su misura
per gli sloveni e per lo sloveno, ma che nessuna di queste leggi, se
non per un accontentino con la legge 26/2007, riconosce la tipicità
della lingua resiana, ma solo per volerla, con pressante volontà e
collocazione, come un dialetto della lingua slovena, semplicemente
assurdo.
Non
si chiede di stravolgere la prospettiva di quello che ormai è stato
fatto e disciplinato, ma almeno cercare di riparare la tipologia di
quello che, se non altro, potrebbe apparire possibile, cioè cogliere
un fattibile e probabile percorso per fare in modo di concedere più
autonomia al resiano e alla sua cultura, che al momento, penso sia
ancora possibile e realizzabile. Per fare questo bisogna essere
chiari e concreti e valutare attentamente e realmente quelle
possibilità, che al momento potrebbero offrire, senza contare e
rischiare di pretendere molto per poi non ottenere nulla.
Prefiggersi, quindi, una linea di condotta graduale e costante per
arrivare successivamente a centrare l’obiettivo.
Franco
Tosoni
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RispondiEliminaPer qualche linguista da strapazzo il Resiano è un dialetto dello sloveno. Il Resiano è lingua arcaica riconosciuto da tutti, anche dagli sloveni. Come è possibile che il nipote sia padre della nonna? stando a quanto vedo scritto dal professore cosi sarebbe perché la lingua slovena sarebbe arcaica (sic) e non moderna (1810). Naturalmente i Resiani che per ben due volte vollero rimanere con l'Italia sono stati dei cretini, sempre a suo dire. Però se avesse letto bene, avrebbe notato che la seconda volta, chiesero che se non potevano rimanere in italia di andare con l'Austria, mai con la jugoslavia ora slovenia. Ancora non conosce la differenza tra slavo e sloveno. In breve, sono slavi tutti quelli che non parlano e se ne fregano dello sloveno. E' chiaro? Rimangono slavi e non sloveni coloro che non insegnano il Resiano ai figli, anche se ciò può essere disdicevole. Mettiamola cosi, i Resiani sono una minoranza degli sloveni a Resia e dovrà essere fatta una battaglia per questo, ma ricordiamoci che la 38 è stata fatta per la minoranza slovena con gli italiani del F.V.G. e che i Resiani avranno la loro legge di minoranza. Ci sarà da ridere. Sarà scomodato tutto il mondo ma sarà ottenuta una legge di minoranza e non ci sarà bisogno di essere inseriti nella 482 del 1999. Vorrei ricordare l'onestà dell'Austria e altri che in Friuli V.G. hanno delle minoranze linguistiche e che non hanno chiesto ciò che ha richiesto la slovenia per Resia a dimostrazione della sua piccolezza e voglia di espansione. Chi è residente a Resia, anche se non Resiano, fa parte della minoranza nazionale slovena. Complimenti allo scrittore di cui sopra che ha sempre parlato male degli italiani del sud che senza saperlo sono suoi connazionali. Ecco perché condivide con loro la pizza, il mandolino e le cipolle pur parlandone male.
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