In questi giorni ho trovato un articolo dal titolo " FAR VIVERE IL DIALETTO RESIANO " sul sito del Novi Matajur, dove viene presentato un piccolo volume (l'ennesimo), che evidenzia come, secondo loro, il Resiano è semplicemente un dialetto Sloveno.
Leggiamolo insieme.
L’Accademia slovena delle scienze e delle arti ha pubblicato un agile volumetto intitolato “Resiano un dialetto sloveno”. Il libro è stato curato da Jože Toporišič, insigne linguista sloveno ed allievo della grande scuola linguistica slava che annovera tra le sue file nomi quali Jacobson, Chomsky ed altri. La prefazione è dello storico della letteratura Boris Paternu, la traduzione è opera di Liliana Spinozzi Monai.
La pubblicazione include testi scientifici sul resiano di Fran Ramovš (1890-1952), Tine Logar (1916-2002), Jakob Rigler (1929-1985) e dello stesso Toporišič (1926). La lettura dei testi non è facile in quanto si tratta di scritti esplicitamente scientifici. La dialettologia moderna, che lavora su accenti, vocali e fonemi, sui toni, sulle sillabe finali ecc. comparandoli e soppesandoli, diventa un linguaggio fra il musicale ed il matematico.
La tesi che il resiano sia un dialetto sloveno non è dunque aprioristica. Nel suo complesso si basa sull’analisi delle singole parole, sull’accentuazione, sulla fonetica, sugli accenti circumflessi, sulle vocali comparandole con i dialetti sloveni della Carinzia, della Val Torre e dell’Alto Isontino percependo influssi sia friulani che germanici. Logar annota fenomeni simili in un’area che va dalla Valle del Gail (Carinzia) fino all’Istria.
Il dialetto resiano è indubbiamente arcaico ma non isolato. Lo dimostra la comparazione con altri dialetti sloveni e con i tratti assunti dai dialetti dalla stessa lingua letteraria. Ciò che gli autori contestano al primo scienziato alle prese con il resiano, vale a dire a Baudouin de Courtenay, è il fatto di aver considerato il resiano isolato da altre realtà linguistiche e dialettali. Baudouin non fu estraneo all’influsso di Vuk Karadžić e del panslavismo che fu contrario alla formazione di una lingua letteraria slovena, una vicenda questa che a molti studiosi italiani e anche nostrani è poco nota.
La tesi di Paternu è dunque ovvia. Il resiano ebbe una vita propria che però beneficiò di incontri con dialetti sia sloveni che romanzi e germanici. Riuscì ad esprimersi anche in modo letterario con testi artistici, con un suo vocabolario e con una vivacità e spiritualità aperta. Rinchiudere il resiano in una peculiarità locale senza aperture linguistiche e culturali vuol dire lasciarla ad una sempre più stretta comunità e ad un uso sempre meno corrente fino all’esaurirsi della spiritualità ed al senso intrinseco delle parole che ogni lingua porta con se.
Ebbene, persino lo Studioso Baudouin de Courtenay viene criticato per i suoi studi, che di fatto considerava il Resiano una Lingua che si sviluppò isolata da altre realtà Linguistiche e Dialettali.
- SORPRENDENTE -
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