Il Messaggero Veneto aveva dato ampio risalto a quello che appare un enorme paradosso, cioè la lingua friulana sarebbe declassata a dialetto, mentre i dialetti “slavi” delle genti del Friuli orientale assurgerebbero a lingua “slovena” con le tutele delle leggi 482/99 e 39/01, meglio ancora attuate dalla legge regionale del 2007.
Una assurdità che però pare passare in sordina e di cui, per il friulano, sembrano occuparsene poche persone e nessuno dei dialetti frontalieri che sarebbero fagocitati – eutanasiati! – dalla lingua classica slovena (patetico l’auspicio de sindaci di Lusevera – mio natìo comune – e Taipana che per “salvare le scuole”, com’è scritto sul quotidiano del 19 ottobre scorso, bisogna “arrivare all’insegnamento bilingue”). Il tutto ovviamente auspicabile non solo dagli slovenofili che vogliono la slovenizzazione – nazionalizzazione! – delle comunità frontaliere, com’è anche richiesto dalle massime autorità slovene in visita di stato, com’è avvenuto recentemente da parte della vice premier slovena.
E’ normale quindi che scaturisca e si rafforzi il filoslovenismo con episodi che apparentemente appaiono insignificanti, come il rilascio ex lege della carta d’identità bilingue a quel immigrato emiliano nel comune di Resia oppure che a Drenchia si disquisisca sulla doppia intestazione del gonfalone comunale, cioè anche in lingua slovena oppure come a Taipana il municipio abbia esternamente la doppia titolazione italo-slovena.
Ripeto, nessuno in alto loco se ne cura perché è dato per scontato che l’inclusione dei territori di confine in ambito di tutela globale sia un atto dovuto dopo che la legge è stata bene raggirata con la richiesta ammessa di un terzo dei consiglieri comunali, mentre lo stesso articolo in primis prevedeva una sottoscrizione di almeno il 15% della popolazione interessata. In entrambi i casi comunque la democrazia va a farsi friggere perché una minoranza prevarica comunque la maggioranza; nè si vuol dare retta a chi chiede ripetutamente dal basso la richiesta di un referendum per non essere svenduti come avviene finora sottobanco agli appetiti slovenizzatori.
Sarebbe quindi auspicabile che rinasca una nuova Osoppo morale per salvaguardare l’italianità delle nostre vallate orientali!
Lidio Buttolo, Udine
Risponde Sergio Gervasutti
Passano gli anni, ma il buon vicinato tra friulani e sloveni non è pienamente fiorito, nonostante le leggi, gli accordi, gli impegni di una parte e dell’altra siano volti a favorire la crescita di una comunità senza significativi contrasti. Non c’è da meravigliarsene, il sangue non è acqua e nonostante i confini oggi non rappresentino l’ostacolo di un tempo, taluni aspetti dell’identità personale permangono e si esplicano con vari mezzi: la lingua parlata e scritta è uno di questi.
Comprendo, dunque, Lidio Buttolo quando lamenta l’intromissione dello sloveno sulle carte d’identità, sul gonfalone comunale e quant’altro. Egli teme una slovenizzazione delle comunità frontaliere: libero di pensarla così, ma ritengo esagerato il suo auspicio di un ritorno della brigata Osoppo per ribadire l’italianità di quelle terre: giù il cappello difronte al sacrificio (passato alla storia nel nome di Porzus), ma la speranza è che non debba mai più ripetersi.
Di un problema linguistico si occupa anche il Friuli ufficiale (regione, province, comuni compreso quello udinese guidato da Furio Honsell); in sostanza, interpretando la volontà della popolazione, sostiene che il friulano deve essere ufficialmente riconosciuto “lingua minoritaria”, con ciò che ne consegue. Non è un tema al quale la nomenclatura romana sia particolarmente attenta e sensibile; impegnata com’è (!) è portata a infischiarsene della volontà del popolo friulano.
Sono due i motivi essenziali della battaglia che si sta conducendo: uno è culturale, basato sulla volontà di valorizzare come meritano le espressioni artistiche locali; l’altro, che implica risvolti politici, comporta il completamento dell’autonomia attraverso riconoscimenti anche di carattere finanziario alla Regione. Che sia il caso di portare le bandiere in strada? Il motto c’è già: più friulano, meno tasse. Così diranno che sponsorizziamo il vino bianco e a Roma chiuderanno la partita.
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