Giovanni Barbarino si è spento a Roma a 82 anni. Al traforo del Bianco bloccò un uomo che puntava de Gaulle
Da addetto alla sistemazione degli ostacoli a Piazza di Siena a scorta della regina Elisabetta d’Inghilterra e di J.F.K. il salto fu rapido. Passando anche per un incarico a Milano con l’allora capitano Dalla Chiesa. Poi la carriera in mezzo a capi di Stato, sempre come corazziere, uno dei tre della “scuola resiana” composta anche dal Maresciallo di palazzo Francesco Madotto e da Antonio Di Lenardo.
Tante storie d’alto livello da raccontare, finite per sempre nell’album dei ricordi perché domenica, a Roma dove viveva, il cuore di Giovanni Barbarino ha smesso di battere. Lo hanno pianto i parenti più stretti: la moglie Adua, i figli Erica, Sara e Giammarco. Lo piangono tanti amici non soltanto resiani.
Classe 1932, Barbarino originario di Oseacco e poi trasferitori a San Giorgio di Resia, seguiva i genitori nella capitale già nel 1953, ma nella terra natìa continuava a tornare, specialmente d’estate.
Nel 2004, quando il Maresciallo di palazzo Madotto terminava il suo ultra-quarantennale servizio al Quirinale, il bollettino parrocchiale di Resia dedicava ampio spazio ai suoi tre compaesani partiti in cerca di fortuna e finiti per proteggere capi di Stato.
Se Madotto ricorda ancora bene l’ora di jogging col presidente Usa Jimmy Carter nei giardini del Quirinale, sicuramente Barbarino non poteva dimenticare la sua carriera cominciata appunto sistemando gli ostacoli per il celebre concorso ippico Piazza di Siena. Poi, essendo carabiniere, la collaborazione con Dalla Chiesa e quindi quell’illuminante incontro con il maresciallo Picotti di Socchieve (!) che selezionava i corazzieri.
Nel 1955, con Einaudi Presidente della Repubblica, ecco il primo incarico, continuato con Gronchi, Segni, Saragat e Leone. Raccontava Giovanni: «Un giorno la regina Elisabetta II d’Inghilterra venne in Italia e, seduta sulla carrozza, percorreva via dei Fori Imperiali.
Durante il percorso, si girava spesso a guardare nella direzione in cui mi trovavo; non ne capivo il motivo, guardava noi che eravamo a cavallo, ma osservava in particolare i cavalli verso le gambe degli stessi». La regina aveva capito: i ferri di cavallo del Quirinale erano rivestiti di gomma, sia per non fare rumore sia per non scivolare...
Nel 1963 la scorta a J.F.K. quando Kennedy venne a Roma. Ovviamente una scorta a cavallo. A un agente dell’Fbi fu rubata la pistola: panico. A qualcuno scappò un commento critico sulle guardie del presidente Usa. Tre mesi dopo, l’agguato mortale a Dallas...
Pezzi di storia che il resiano Giovanni Barbarino s’è portato per sempre con sè. Ma li aveva raccontati, assieme agli amici, anche a quell’Antonio Longhino (un altro resiano) che adesso si presta con piacere a far sì che le gesta dell’amico abbiano nuovamente il giusto risalto.
Un altro momento epico: nel luglio 1965, al taglio del nastro del traforo del monte Bianco, i presidenti Saragat e de Gaulle venivano avvicinati da uno sconosciuto. Toccò a Barbarino bloccare l’uomo, che poi si scoprì semplice “postino” d’una lettera ai presidenti in cui chiedeva l’Europa Unita.
E a Barbarino in qualche modo si deve anche l’inizio della carriera di Madotto, perché nel 1959, a un matrimonio a Resia, Giovanni scorse un giovane alto con il gerlo sulla schiena e la falce in mano. Era Francesco, prossimo alle visite nell’Arma dei carabinieri.
Corazziere fino al 1975, Barbarino scelse poi di seguire l’allora presidente dell’Iri, Prodi: bisognava organizzare la sicurezza della sede.
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