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giovedì 31 gennaio 2019

L’Unesco inaugura l’Anno delle Lingue Autoctone

Trecentosettanta milioni di esseri umani nel mondo parlano lingue tramandate da generazioni nei luoghi spesso impervi e difficilmente accessibili in cui si sono stabilite le tribù dei loro antenati. Queste popolazioni rischiano di perdere il proprio patrimonio culturale e sono escluse dal progresso, che con le nuove tecnologie impone una lingua universale. L’Unesco ha lanciato l’Anno Internazionale delle Lingue Autoctone, d’intesa con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La comunicazione è alla base della pace.
“Ogni due giorni una lingua autoctona sparisce. La diffusione della tecnologia nelle lingue dominanti influenza la ricerca scientifica e l’accesso al progresso”, ha sottolineato la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, in apertura della cerimonia nella sede dell’Unesco, a cui sono stati invitati i rappresentanti delle culture indigene. Azoulay ha inoltre confermato l’attenzione internazionale nel percorso di sostegno intrapreso nel 2006 con la Dichiarazione dell’Onu sui Diritti dei Popoli Indigeni, che recepiva le conclusioni della Convenzione dei Popoli Indigeni e Tribali nel 1989 e della Conferenza mondiale dei Popoli Indigeni, svoltasi nel 2014, ponendo il tema tra le priorità dell’Agenda di Sviluppo Sostenibile entro il 2030. Il piano di interventi fornirà informazioni su clima, ambiente (una delle priorità congiunte con l’Onu è combattere il surriscaldamento della Terra, attraverso l’adozione di comportamenti responsabili), medicina, e moda, inclusa nel patrimonio immateriale dell’umanità.


I toni del dibattito sono allarmati: l’80 per cento delle lingue autoctone è destinato a sparire entro il 2100. Il presidente del Consiglio esecutivo dell’Unesco, Lee Byong-hyun, ha aggiunto: “Non è la prima volta che l’Unesco si occupa di cultura indigena, ma nel 2019 questo è il primo anno specificamente dedicato, e forse non è fare ancora abbastanza in difesa della diversità culturale.”
Tra gli interventi delle delegazioni permanenti dell’Unesco, l’ambasciatrice canadese Marie Elaine Ayolte, conferma che in Canada esiste il problema del rischio di scomparsa delle lingue autoctone. Nella giornata all’Unesco sono stati invitati, tra altri, artisti che compongono nelle lingue tradizionali, con risultati emozionanti per l’espressività di suoni ed interpretazione. Per il Canada, Odeshkun Thusky, 10 anni, della nazione Anishinabe, Jaaji an Inuk Mohawk, in lingua inuktitut di Quaqtaq, e Chelsey June Algonquin, in lingua meticcia. Per la Svezia, Katarina Barruk, che canta in sami, lingua degli abitanti dell’estrema regione del Nord. Per la Bolivia, il gruppo musicale Alaya, in lingua aymara. Per la Federazione russa, Ragtyna Tymkyl, artista di lingua youkagouir, e Zarifa Mgoyan, artista dell’Unesco per la Pace.
Elena Burga, vice-ministro dell’Interculturalità del Perù, riferisce che nel Paese 4 milioni e mezzo di persone vivono in condizioni di isolamento perché indigeni, “stranieri nei loro Paesi: la perdita di una lingua è la perdita della visione differenze del mondo e comporta la dominazione di un gruppo sull’altro.”
Da segnalare che il network Wikimedia ha lanciato Wikitongues, banca dati di lingue: “Chiunque può collaborare incidendo un messaggio in lingua originale, che sarà conservato nella banca dati come patrimonio sonoro delle differenti culture”, afferma il presidente di Wikimedia Francia, Pierre-Yves Beaudouin.
Mohamed Handaine, rappresentante del Comitato di coordinamento dei Popoli Autoctoni d’Africa, e membro per il Marocco del Comitato direttivo per l’organizzazione dell’Anno Internazionale dedicato, mette in risalto l’importanza dell’azione Unesco nel continente africano: “In Africa, dov’è nata la vita, come la recente scoperta dei più antichi resti umani hanno dimostrato, vivono molte popolazioni che trasmettono con le loro lingue un patrimonio di modi di ricordi, di modi di dire. È un ambiente ricco di cultura, di cui dobbiamo tutelare la continuità.” Per facilitare l’integrazione, nel rispetto della diversità, l’Unesco ha previsto la diffusione di contenuti online, ad esempio programmi scolastici, per i bambini indigeni. Il rispetto del linguaggio è rispetto dei diritti.

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