Un necessario chiarimento della definizione “Benecija, benecijani” usato con troppa spregiudicatezza dai media. La mia famiglia e io, che risiediamo da “sempre” nelle Valli del Natisone, “Nediza”, non avevamo mai sentito un valligiano “nedisovaz o recanj” (da rieka, il fiume Alberone, nome in idioma locale dato all’affluente del Natisone che percorre le nostre convalli ai piedi dei monti Matajur e Colovrat) chiamare questo territorio col nome Benecija. La prima persona che ho sentito appellare con questo nome la Slavia Friulana è stata, subito dopo la 2ª guerra mondiale, la moglie di uno sloveno proveniente da una frazione di Caporetto (Slo), la cui famiglia, fuggita dalle epurazioni del regime del maresciallo Tito, si era stabilita nel mio paese. Questa signora mi spiegò che il termine “Benecija e benecijani” era usato in Slovenia in modo dispregiativo per indicare gli abitanti della Slavia veneta, e quindi pure della Val Torre. Tale termine si traduce in “servi di Venezia”, Repubblica dalla quale, peraltro, abbiamo avuto la massima autonomia politica, amministrativa e giudiziaria (si celebravano in loco tutti i processi, compreso l’omicidio, fino all’arrivo di Napoleone - trattato di Campoformido). Quando certi media, e specialmente quelli legati alla minoranza slovena (da noi inesistente; importata artificiosamente da pochi elementi che traggono beneficio economico nel sostenerla, aiutati pure dalla Slovenia; impostaci per legge in un preciso contesto politico; passata sulle nostre teste senza alcuna verifica locale fra gli abitanti), adoperano quel termine per indicare la mia patria, esistente da 1400 anni nel contesto del Friuli e dell’Italia, mi sento profondamente offeso. Le nostre genti, schiave di nessuno e non avvezze a farsi mettere i piedi in testa da altri, avevano coniato in risposta un altro termine per indicare gli sloveni di oltre l’Alpe: questa parola era “ùneizi”. Da bambino non capivo cosa volesse dire, poi mi venne chiarito da mio nonno che derivava da “ùna” (lana). Mi spiego: le due economie, una al di qua e una al di là delle Alpi, erano molto diverse; la nostra era basata sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame (mucche nelle stalle), la loro era basata sul pascolo degli armenti (pecore e capre), producevano e commerciavano lana, da qui “ùneizi” (caprai, pecorai, lanai). Fino al termine dell’ultima guerra mondiale a nessuno era mai saltato in mente di cercare di fondere le due etnie. Le genti di confine, pur nella loro diversità, avevano sempre avuto rapporti commerciali con il massimo rispetto le une verso le altre. La politica slovena invece ha sempre avuto mire espansionistiche verso queste terre (vedi i piani di Tito fino al Tagliamento). Io ricordo i primi tentativi di slovenizzazione: creazione di circoli “culturali”, il primo fu l’Ivan Trinko (all’anagrafe Giovanni Trinco) di Cividale, gestito da poche persone che si contavano sulle dita di una mano. Fui invitato pure io, coi miei amici, da uno di loro a una festicciola che lì si svolse; non aveva niente di culturale però c’era abbondanza di tutto: mangiare, bere, musica e qualche ragazzina, invitata pure quella. Avendo intuito che qualcosa non andava, con gli amici, decidemmo di non frequentare più quel posto. Un giorno, chi mi aveva invitato, vedendo l’insuccesso della sua missione, mi disse: cosa credi, a noi basta che ne resti uno su cento di voi, e abbiamo raggiunto lo scopo. Ultimamente, dopo le vicende relative all’edificio scolastico della scuola bilingue, ho notato una specie di assalto al forte da parte della minoranza slovena, supportata dalla vicina repubblica: visita di ministri sloveni alla scuola bilingue di San Pietro al Natisone e commissioni paritetiche; tutti prodighi di consigli e diktat volti a indicarci come comportarci e chi siamo. Bontà loro, non lo sapevamo! Ci dicono come le nostre autorità devono agire per trovare una dislocazione a loro gradita, magari a scapito delle istituzioni scolastiche già funzionanti da sempre sul territorio comunale. Mi sorge qualche domanda. È mai possibile che tutti, da Udine, da Gorizia, da Trieste, da Tarvisio, da altre località della regione, dalla Slovenia si sentano in dovere, attraverso la stampa, di insegnarci chi siamo e da dove veniamo? Noi valligiani siamo così poveretti, ignoranti e non degni di essere interpellati su quello che riteniamo di essere e su quello che vogliamo continuare a essere? Non è che siamo diventati merce di scambio per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko e della costruzione del rigassificatore di Zaule? Sono queste due cose per le quali l’Italia è ricattata? Le genti delle Valli del Natisone, che hanno superato difficoltà storiche attraverso i secoli, mantenendo l’identità tramandata dai padri per 1400 anni, credo lo faranno anche in futuro. Ho notato ultimamente che alcuni importanti politici a diversi livelli si stanno adoperando per ripristinare la verità storica da troppo tempo calpestata e mistificata e questo mi riempie di speranza. Noi abitanti della Slavia, gente riservata e che chiede solo di essere lasciata in pace, non siamo solo quelli che frequentano la scuola bilingue (piena di risorse economiche) e i circoli culturali sloveni (ben foraggiati anche questi)... Siamo molti di più!... La nostra gente auspica inoltre che sia considerata la possibilità di rivedere la sciagurata legge che istituisce la minoranza slovena nella provincia di Udine e che si ripristini la verità. Non mi si dica che la cosa non è fattibile perché si tratta di una legge dello Stato. Se ci sono la volontà e la necessità si fa.
Renzo Onesti
San Pietro al Natisone
Tratto Messaggero Veneto di mercoledì 26 maggio 2010
mamma mia che tristezza... nel 2010 ancora a spaccare il capello i 5 (in 4 è troppo facile...)
RispondiEliminaMai è stato usato questo termine come dispregiativo,si senta pure offeso nella sua non conoscenza ...
RispondiEliminaMai è stato usato questo termine come dispregiativo,si senta pure offeso nella sua non conoscenza ...
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RispondiEliminaAlle elezioni regionali del 2013 ,nel comune di Lusevera , TRE ( 3 ) persone hanno votato per la Slovenska Skupnost .
RispondiEliminaLa signora Olgica conosce probabilmente le altre due .
Piu' minoranza di cosi' ...
Pero' aggiungo che il suo amico aveva ragione :ne basta solo UNA.
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