PER NON DIMENTICARE: ARTICOLO ANNO 2017
Due professori dell’Accademia delle Scienze confronteranno i risultati genetici e le misure dei volti con quelle degli slavi antichi. Ripercorrono le orme degli slavi che si insediarono nella valle. Catalogheranno il materiale genetico e i resti ossei nel cimitero.
La parlata è simile al linguaggio di alcune zone della Russia, i tratti somatici degli abitanti della Val Resia si possono confondere con quelli delle genti della steppa e i documenti confermano la presenza delle popolazioni slavo-arcaiche ai piedi del Canin, dal 600 dopo Cristo.
Passano i millenni, ma la storia resta e due ricercatori dell’Istituto di etnologia e antropologia dell’Accademia delle scienze russe ripercorrono le strade che nell’antichità portarono gli slavi in quell’angolo di terra che custodisce paesaggi e tradizioni uniche. Giunti a Resia nei giorni scorsi, Stefania Zini e Nikita Khokhlov cercano le assonanze linguistiche, studiano i profili genetici e culturali dei resiani per confrontarli poi con quelle dei popoli russi. E se le origini dei resiani sono legate agli slavi antichi, l’obiettivo è capire da quale regione della Russia provenivano i loro avi. La ricerca partirà dal cimitero più antico della valle, quello della pieve di Prato di Resia. È lì che i ricercatori vorrebbero scavare per catalogare il materiale osseo.
I risultati saranno determinanti per dare una svolta alla battaglia sulla tutela linguistica che i resiani da sempre portano avanti con ostinazione, soprattutto da quando la loro parlata fa parte dei dialetti sloveni.
Tutto è iniziato quasi per caso ai tempi della nomina di Carlo Dall’Ava a console onorario della federazione russa, con il quale i rappresentanti dell’associazione “Identità e tutela Val Resia” hanno cercato un contatto per promuovere il gemellaggio con la città di Fryazino, quella che il sindaco di Resia Sergio Chinese, descrive come «la piccola Silicon valley della Russia.
Le imprese che si insediano in questo luogo - sottolinea – per 50 anni non pagano le tasse». Ma questo è un altro discorso perché, la svolta verso la ricerca antropologica sui resiani è scattata durante la visita del sindaco di Fryazino, Sergeev Igor Mikhailovic. Fu lui a stupirsi ascoltando gli abitanti della valle: «Ma voi – disse – parlate ancora come i nostri vecchi».
Era dai tempi della rivoluzione russa che il primo cittadino di Fryazino non sentiva più quelle parole. «Durante la rivoluzione - spiega Chinese - anche in Russia venne introdotta la koinè, tutti dovevano parlare lo stesso linguaggio». Accomunati dalla parlata, i contatti si sono intensificati e durante uno dei viaggi in Russia, Chinese conobbe la ricercatrice milanese di nascita, russa d’adozione impegnata nella ricostruzione della storia di una comunità di italiani partita, nel 1800, dalla Puglia verso la Crimea. Rientrata in Italia durante la seconda guerra mondiale, una ventina di famiglie si è fermata a Trieste. Non a caso i due ricercatori hanno fatto tappa anche nel capoluogo triestino.
«L’intenzione – conferma la ricercatrice – è quella di usare lo stesso modello per studiare i russi trasferiti a Resia». I documenti, questo lo sottolinea il sindaco, «confermano la presenze delle popolazioni slave a partire dal 600 dopo Cristo. Era il periodo delle grandi migrazioni slave verso Costantinopoli, l’impero romano d’occidente».
E se l’obiettivo è capire da dove arrivavano gli antenati dei resiani, Zini e Khokhlov stanno valutando come organizzare la ricerca. «Potremmo tentare uno scavo nel cimitero più antico della pieve di Santa Maria Assunta di Prato di Resia» continua il sindaco, mentre la studiosa precisa che «potendo lavorare sui resti ossei ci si potrebbe avvicinare alle origini dei resiani e scoprire da quale zona della Russia provengono».
La comparazione dei dati non preoccupa perché «il laboratorio di antropologia fisica dell’Accademia delle scienze è in possesso di un archivio enorme che rappresenta le caratteristiche dei vari gruppi linguistici». I ricercatori sperano di arrivare allo scavo per riuscire a misurare una mascella o un cranio e ricostruire quindi i tratti somatici degli antichi resiani.
Analogo il percorso per il confronto dei campioni genetici che i ricercatori raccoglieranno tra gli abitanti nelle varie frazioni. «Risalire alle nostre origini – ripete Chinese – serve per riprendere e tutelare la nostra identità».
Definito il progetto, l’amministrazione comunale di Resia cerca i fondi per avviare la ricerca antropologica che può essere letta anche come una conseguenza dei risultati della mappa genica elaborata nell’ambito del Parco genetico del Friuli Venezia Giulia, il progetto finanziato dalla Regione.
Quella mappa conferma che «gli abitanti di Resia e Illegio per motivi che ancora non sappiamo (differente origine, lungo isolamento o ambedue questi motivi) condividono un patrimonio genetico diverso, almeno in parte, da quello delle altre popolazioni». Insomma, un insieme di elementi giustifica i nuovi studi ecco perché il Comune e gli stessi ricercatori dell’Accademia delle scienze russa auspicano «di poter contare su fondi privati per completare lo studio». L’appello è stato lanciato, la Val Resia attende risposte.
Tratto da un articolo del Messaggero Veneto del 2017
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