Qualcuno
mi spieghi, perché tanto interesse per la Val Resia? Io ho un’idea ma potrebbe
anche essere quella sbagliata e per non incorre in errore chiedo aiuto a quelle
persone che, forse, la vedono giustamente e diversamente. La mia idea, quella
sbagliata, la voglio comunque manifestare, se poi sarà corretta qualcuno me lo
farà, in qualche modo, sapere. Non è un giro di parole voglio solo essere chiaro
nella mia esposizione dei fatti. Il problema della cultura resiana, questo è
l’argomento in cui vado a trattare.
I
primi che hanno cominciato ad interessarsi del mondo reale resiano sono, in
prevalenza, tutti venuti dal mondo slavo, non da quello sloveno, loro sono
venuti dopo, i barbari, sono coloro i quali hanno fatto razzia della cultura resiana.
Forse si sono ripresi quello che era nel loro diritto, almeno basandosi su
quanto aveva scritto Aldo Madotto nel suo libro, “LA
VAL RESIA ED I SUOI ABITANTI” che, in date e
avvenimenti, si legge: “625-631 – Ha luogo il primo insediamento di tribù
slovene nella valle.” Chi sa dove avrà letto o sentito questa
notizia e poi, in modo irriverente, riproposta? Mistero o
invenzione?
Fra
i primi studiosi ad interessarsi di Resia, della sua lingua, dei suoi usi e
costumi, delle sue tradizioni, certamente è stato il nobile Jan Potocki, studioso dell'antichità, archeologo e
scrittore polacco, se non il primo molto probabilmente fra i
primi.
Fu
poi la volta di Sreznevskij Izmail Ivanovič. - Slavista
professore nell'università di Pietroburgo. Si occupò soprattutto di
lingua russa, della vecchia
lingua russa.
Segue
poi il prof. Jan Baudouin de
Courtenay, polacco di origine francese, membro dell’Accademia imperiale
di Pietroburgo , docente universitario e celebre linguista e filologo, il più
noto studioso della cultura resiana.
Infine
la musicista e pianista, Ella von Schultz-Adaiewsky, di origine
russa.
Per
citare solo alcuni fra i più conosciuti e famosi personaggi che si sono
interessati del mondo slavo della Val Resia. La gente di Resia, a questi
personaggi, aveva dato, come ha sempre fatto, la massima disponibilità e la più
ampia collaborazione. Tutto il materiale da loro raccolto non è stato poi usato
per fini e scopi strumentali ma come raccolta e documentazione per lo studio,
alla comparazione e alla consonanza fra
le varie lingue slave con obiettivi didattici e culturali. E bisogna darne atto
della loro onestà, correttezza e rispetto verso la nostra lingua, i suoi usi e
costumi e le sue tradizioni.
Non
è stato così, invece, il comportamento dei personaggi, quelli provenienti dalla
Slovenia o appartenenti alla minoranza slovena in Italia. Questi, vista la
povertà della propria personale cultura e di quella slovena, hanno voluto arricchirla con quella
resiana, approfittando della disponibilità e della bontà dei resiani che hanno
creduto nel lavoro che stavano facendo.
Questi
hanno giocato sporco. Hanno approfittato dell’ospitalità e della disponibilità
dei resiani ed hanno avuto libero accesso, chissà con quali promesse, persino
nell’archivio parrocchiale, illudendo i vari narratori di favole, suonatori di
violino, cantori di canti e melodie per poi impacchettare il tutto, depositare
fra le varie facoltà universitarie di Lubiana, confezionando, cucendo e
ricucendo, a piacimento tutto il materiale raccolto. Se tutto questo non basta
hanno provveduto poi a mettere a disposizione, di tutto questo materiale, anche
dei centri culturali sloveni, con la possibilità di appropriarsene, senza
chiedere permesso a nessuno, e di farne cattivo uso. Sono diventati degli eroi
in patria, hanno arricchito la cultura slovena con quella resiana, manipolando a
piacimento soprattutto la musica, il ballo e le canzoni tradizionali resiane.
Vero signori Matičetow, Merkù e compagnia bella? Non basta aver stravolto,
alterando e falsando: musica, ballo canto e melodie, adesso si approfitta pure
ad insegnare a ballare la “resiana” anche ai bambini, così per far passare come
musica e danza slovena. Dunque, devo dedurre, che tutta questa immensa
documentazione raccolta, senza che alcuna copia sia stata lasciata a
disposizione dei resiani, già inizialmente, penso, sia stata strumentalmente
organizzata per appropriarsene per poi venire utilizzata come cultura slovena.
Così l’ottimo lavoro svolto è diventata una farsa,
Pure
Julijan Strajnar, nel suo libro ”CITIRA”, tra l’altro, scrive:
“E’ interessante anche l’informazione che
ci fornisce Vincenzo Ostermann scrivendo che gli Slavi (più
giusto sarebbe dire “gli Sloveni”) adoperano uno strumento chiamato cetra o
zitare.” Sempre lo Strajnar, nel suo opuscolo che accompagna il CD - REZIJA,
scrive: “i resiani hanno conservato nel
loro dialetto (il più arcaico dialetto della lingua slovena), nel canto, nella
musica e nel ballo le caratteristiche originarie della loro cultura arcaica. I
resiani si distinguono per il loro grande amore e rispetto della propria
tradizione. Per tutte queste ragioni essi hanno potuto salvaguardare la loro
specifica cultura popolare, originale, omogenea e arcaica. Essa è rimasta quasi
intatta, in modi e forme viventi, sia presso gli anziani che presso i giovani.
Per l’etnomusicologo, per il linguista Resia è dunque una vera miniera di
curiosità, che ha pochi paralleli sul territorio etnico sloveno e in
Europa.”
Ora
questi personaggi, devo desumere, o ci hanno preso tutti per i fondelli o nei
loro discorsi, nelle loro azioni, nei loro interventi, sono loro ad avere quella
parte della ragione, date le circostanze e le convinzioni degli slovenisti,
dove, nel suo libro, anche Aldo Madotto ha voluto ribadire che
tra il “625-631 – Ha luogo il primo insediamento di tribù
slovene nella valle.” Dunque miei cari compaesani resiani, con
queste conclusioni, ci dobbiamo tutti considerare resiani-sloveni, così come gli
altri, di chiara tendenza e teoria slovena, ci considerano tali, tutti
discendenti di quel antico insediamento di tribù slovene nella Val Resia. Grazie
anche ad alcuni nostri conterranei che sfacciatamente hanno sposato questa
assurda teoria.
Ma
non è così perché io non ci sto ad essere considerato tale o conforme, perché
nulla ci unisce, visto che tutto ci divide, dalla storia alla lingua,dagli usi e
costumi alle tradizioni, rimangono solo le chiacchiere per rivendicare una
realtà completamente diversa ed assurda. Noi non ci siamo appropriati di nessuna
cultura esterna alla nostra, noi vogliamo conservare quella che abbiamo perché
da quella cultura che noi conserviamo la nostra unicità e la nostra autenticità
identitaria, discendenti di quel popolo antico che circa 1400 anni si insediò
nella valle, che sicuramente e onestamente non era sloveno. Da una mia ricerca
ho potuto riscontrare,finora, dei video-filmati, circa una cinquantina di
episodi della nostra cultura calpestata, video che evidenziano esibizioni in
pubblico di musica e canti modificati e strumentalizzati, spettacoli in strada
con svariati strumenti e con presentazioni più o meno serie da rasentare il
ridicolo. Per tutto questo, io dico, che sarebbe ora di finirla, in questo caso
e per questi affronti, tutti i resiani, la Val Resia, la sua cultura e tutto quello che ne deriva, chiedere e
pretendere il dovuto rispetto.
Forse
Aldo Madotto aveva torto nel citare quella data perché non è
tra il “625-631 – Ha luogo il primo insediamento di tribù
slovene nella valle.” - ma dal 1962 in poi, data
ipotetica.
Infine
vorrei riproporre un «nous reconnaissons»
esposto
a suo
tempo da Jean Clemente Tomaseċ e Anna Cesare
”Accusiamo!!!
Accusiamo:
gli arbitrari che hanno celato ai cittadini di Resia le loro mire politiche (
creazione dell’unione dei circoli culturali sloveni)
Accusiamo:
gli arbitrari che hanno volontariamente omesso di consultare la popolazione, il
che avrebbe evitato gli attuali conflitti e l’impostazione delle leggi 482 e 38
che amalgamano la lingua resiana allo sloveno.
Accusiamo:
gli arbitrari che deformano volontariamente gli studi sulla linguistica ( es. J.
I. Baudouin de Courtenaj aveva citato la lingua resiana come slava e non
slovena.
Accusiamo:
gli arbitrari che non riconoscono ai Resiani partiti da Resia per vari motivi,
il diritto di difendere le loro origini, la loro lingua, le loro usanze, la loro
valle e soprattutto la loro italianità.
Accusiamo:
gli arbitrari che, favorevoli alla slovenizzazione, dimenticano che sono
cittadini italiani, disonorando anche gli antenati da cui discendiamo. Ricordatevi del 1 aprile 1946. Basta
alla disonestà intellettuale.
N.B.:
il termine “ accuso” è dello scrittore francese Emile ZOLA, di origine italiana
che aveva denunciato le menzogne dello stato maggiore francese concernenti il
capitano Dreyfus. La storia gli ha dato ragione!!!
Franco
Tosoni
bravissimo. complimenti per l'articolo ben fatto,ponderato,storico e veritiero,inoppugnabile
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