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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

giovedì 3 febbraio 2011

A proposito delle mire jugoslave sul Friuli

In primo piano Per posta e per e-mail Il signor Claudio Zanier invita quanti sostengono la bizzarra tesi della volontà comunista del periodo resistenziale di portare il confine al Tagliamento a addurre almeno una prova documentale. Ricerche effettuate in ambito comunista evidenziano tale volontà jugoslava appoggiata anche da comunisti friulani, non andata a buon fine per la presenza sul territorio delle forze anglo-americane, alle quali devo almeno la mia riconoscenza, non soltanto per avere sconfitto il nazifascismo, ma anche per avermi evitato la dittatura comunista. Dal 5 all’8 marzo 1945 Lino Zocchi e Mario Lizzero, responsabili Pci del gruppo Divisioni Garibaldi del Friuli, raggiunsero un accordo con i capi del IX Korpus e responsabili politici sloveni per consentire a un reparto interamente sloveno di spingersi molto avanti in Friuli, accanto alle formazioni partigiane italiane, «per concorrere alla liberazione di una delle maggiori città della Destra Tagliamento» che lo stesso Lizzero ha precisato successivamente essere Pordenone, 15 km a ovest del Tagliamento (Pierluigi Pallante “Il Pci e la questione nazionale Friuli Venezia Giulia 1941-45”, a cura dell’Ifsml, Udine, pagina 250/1). Il 22 ottobre 1944 il comando del IX Korpus invia una lettera al commissario politico della divisione Natisone “Vanni”: «Oggi più che mai ci occorre una ottima e fondamentale campagna propaganda per la popolarizzazione della Jugoslavia democratica del maresciallo Tito; non solo nella regione del Litorale sloveno e Trieste. Bisogna specialmente potenziarla in Friuli e da qui verso l’occidente» (“Le Brigate Garibaldi nella Resistenza”, 2º volume, pagina 469). Ne “La nostra lotta” numero 17 del 13 ottobre 1944 s’invitavano le formazioni partigiane italiane che si fossero trovate ad agire nel campo operativo del maresciallo Tito a «mettersi disciplinatamente sotto il comando operativo» di quelle jugoslave (pertanto, dopo aver liberato Pordenone, i partigiani italiani avrebbero ricevuto ordini da quelli sloveni). L’ufficio intendenza del distretto militare con sede a Caporetto l’11 marzo 1945, nel frattempo, istituiva le commissioni economiche militari (Cem) con una zona di attività dall’Isonzo al Tagliamento con a capo il comando competente del IX Korpus, come da comunicazione 5 maggio 1945 stilata a “Cervignano”. Col supporto dell’Archivio Osoppo, il libro di Gianni Conedera “Dalla Resistenza a Gladio” – edito in proprio – riferisce quanto ebbe ad affermare nel 1971 il maggiore John Roworth, agente della missione inglese che operò in Carnia e in Friuli col nome di copertura “Nicholson”: «Agli ultimi di febbraio 1945 sono partito per il sud in aereo con due relazioni: una di Cosattini di Udine e una di Bartoli di Trieste: vi si trattava del problema delle mire dei titini che puntavano al Tagliamento». (pagina 237). La volontà slava si manifesta sin dall’aprile 1943 a Fausto Barbina per bocca di un sacerdote di Trieste, don Luigi Piccinini, che, qualificatosi portavoce dei cattolici sloveni, afferma: «Le dico francamente che gli slavi intendono che come confine sia il Tagliamento». (pagina 226). Lo stesso volume – pagina 227 e seguenti – riporta il “contestato” manifestino del Pci udinese che, distribuito nottetempo in città tra il 6 e il 7 aprile 1945, contiene frasi molto esplicite: ... «Friulani! Dovete comprendere che il diritto dei nostri fratelli sloveni a raggiungere il sacro confine del Tagliamento è pienamente giustificato da ragioni storiche, geografiche ed etniche!». Tale volantino è commentato dal quotidiano fascista udinese “Il Popolo del Friuli” il successivo 11 aprile. Lo studioso Luciano Patat ne contesta l’autenticità soprattutto perché gli jugoslavi chiedevano molto meno, almeno ufficialmente, aggiungo. Se detto manifestino fosse stato opera dei nazifascisti, il loro giornale non avrebbe atteso ben quattro giorni per darne notizia e il Pci lo avrebbe rinnegato a tamburo battente: anche a guerra conclusa, non conosco alcuna presa di posizione ufficiale a tal riguardo. Solamente dopo decenni lo studioso citato lo giudica falso: troppo tempo è trascorso per accogliere pacificamente questa tesi assolutoria. Essa è contraddetta dallo stesso Lizzero Mario, responsabile della Federazione udinese del Pci: in una nota del 28 aprile 1948 in calce al detto manifestino egli prospetta a don Luca Ascanio “Aurelio” «dei dispiaceri» in quanto non era opportuno che tenesse con sé quel volantino (esibito a Lizzero). Se era falso, perché dargli tanta importanza?
Andrea Picco
Udine

Tratto dal Messaggero Veneto del 1 febbraio 2011


2 commenti :

  1. Il comunismo ha provocato molte vittime come del resto anche il nazi-fascismo,non dimentichiamolo.Se guardiamo nello specifico ai fatti riguardanti la storia recente ci possiamo comodamente soffermare sull'imminente pericolo di invasione da parte dei titini che in effetti hanno occupato assieme agli alleati le zone orientali(trieste)della nostra regione.Non dimentichiamo però che l'evento se non parzialmente non si è mai svolto a differenza dell'occupazione italiana  negli anni precedenti al 1943 delle odierne Slovenia e Croazia creando non poche sofferenze alla popolazione locale(Provincia di Lubiana),sarebbe il caso  quindi di fare della buona informazione pubblicando anche eventi storici di altra natura,magari anche "scomodi"...

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  2. La crudeltà e l'efferattezza del comunismo Jugoslavo non ha avuto eguali rapportandoli all'occupazione fascista di territori croati e sloveni : è vero che gli italiani erano nemici, ma non era necessario evirarli, porre in bocca i genitali, ecc.. Si uccidevano e basta. Gli infoibati denotavano previe torture, le donne stupri, e così via purtroppo. E' vero che il fascismo in Jugoslavia voleva italianizzare i cognomi, ma è anche vero che dalla fine della guerra gli jugoslavi hanno obbligato più con le cattive che con le buone oltre 300.000 persone a lasciare le loro case.
    Peraltro l'occupazione italiana di parte della Jugoslavia era una tragica conseguenza della 2' G.M. che,  apparentemente è stata scatenata da Hitler, ma in realtà ebbe la benedizione di Stalin con il suo discorso segreto del 19 agosto 1939 al Politburo ( il 28.8 vi fu la firma del patto Ribbentrop-Molotov). Stalin affermò: è interesse dell'URSS che scoppi una guerra tra il Reich e le potenze anglo-francesi, che duri più a lungo possibile e poi, quando le parti si saranno sfiancate, interverremo noi per estendere il comunismo che, in tempo di pace, non può prendere il potere in Europa. Egli voleva giungere alle rive dell'oceano Atlantico e la conclusione della 2' G.M. fu per lui in realtà una sconfitta, non avendo raggiunto gli obiettivi prefissati. Tant'è che non assistè alla parata  della vittoria del 9 maggio 1945 sulla piazza Rossa. 22.10.11

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