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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

sabato 28 aprile 2007

Da italianissimi a slavi doc - DOM.IT -








Tra la fine del quinto secolo dopo Cristo e l'inizio di quello successivo, schiere compatte di slavi, associate con gli àvari e da essi organizzate, presero a valicare i Carpazi e ad attraversare il Danubio dirigendosi verso ovest e sud-ovest. Percorsa la pianura pannonica, essi dilagarono in tutta la penisola balcanica.
Nell'avanzata verso occidente alcuni nuclei di slavi, i progenitori dei moderni sloveni, incontrarono i grandi fiumi che scendono dalle Alpi in direzione sud-est, il Mur, la Drava, la Sava e i loro rispettivi affluenti.
Risalendone i corsi e addentrandosi lungo le vallate montane, essi occuparono a poco a poco un vasto territorio e raggiunsero, nel momento della massima espansione, il Carso settentrionale, le soglie della pianura friulana, le sorgenti dello Zeglia, della Drava, dell'Isel, del Moll e del Mur, il medio e basso corso dell'Enns, che valicarono, spingendosi fino al Traun, ed infine il Danubio.
Così i libri di storia raccontano l'insediamento degli sloveni.
Era il 500 dopo Cristo e gli slavi già stavano assumendo l'attuale configurazione in 12 diversi popoli. Nell'800 abbiamo, infatti, i cosiddetti «Brižinski spomeniki» (Monumenti di Frisinga) che segnano ufficialmente — logicamente si formò molto prima — la nascita della lingua slovena.
Lungo i secoli, ci furono molti tentativi di tornare indietro nella storia e di rinverdire i fasti della grande nazione slava.
Ricordiamo solo i movimenti panslavisti del secolo XIX e la creazione per ben due volte, alla fine della prima e durante la seconda guerra mondiale, della Jugoslavia.
Quest'ultimo progetto ha esalato l'ultimo respiro appena un mese fa, con il distacco del Montenegro dalla Serbia.
Eppure c'è sempre chi non si rassegna alle sentenze della storia. Così il panslavismo, come una novella Fenice, riesce a rinascere dalle proprie ceneri.
La notizia è di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia. A Merso di Sopra, comune di San Leonardo, Slavia Friulana, Italia, dalla fusione di otto associazioni, è nata nientepopodimeno che la «Lega Slava».
Dietro ad un tavolo si sono seduti personaggi muniti di curriculum inequivocabili in materia di slavistica: un ex tassista, un ingegnere in quiescenza, un colonnello di fanteria collocato in riserva, un sottufficiale dei carabinieri in pensione, un imprenditore artigiano, il giovane capo � di San Daniele, ma di origini lombarde � della delegazione del Friuli della Lega nazionale e altri loro accoliti. Insieme hanno deciso di cambiare il corso degli eventi. E fanno sul serio. Lo si capisce dalla scelta del portavoce caduta su Sergio Mattelig. Fallito il tentativo di Tito, spetterà a lui riportare in alto la bandiera dello slavismo: dopo il maresciallo di Kumrovac scende in campo il maresciallo di Ponteacco.
Facile ironia, si dirà. Ma di fronte ad annunci del genere è l'unico atteggiamento possibile. Leggiamo il comunicato: «La popolazione che la Lega Slava rappresenta, originaria della steppa russa e stanziatasi nei territori attualmente occupati da 1400 anni, evolutasi in ambiente neolatino, fu sempre rispettata anche se priva di qualunque nazionalità, fino a quando, nel 1866, le fu offerta con un plebiscito la scelta: unanimemente si decise per quella italiana». Gli slavisti, quelli veri, quelli dotati di titoli accademici, si stano sganasciando dalle risate. Anche se forse qui c'è piuttosto da piangere, considerato il pesante deficit culturale che sta alla base dell'iniziativa. Manca la conoscenza della storia, della linguistica, della slavistica e addirittura l'abc della lingua italiana. Si confonde, infatti, il concetto di cittadinanza con quello di nazionalità. Urge la frequenza di aule scolastiche, magari quelle dell'università della terza età, considerati i dati anagrafici dei promotori.
Eppure c’è poco da scherzare. Ad inquietare è in primo luogo l’uso strumentale che verrà fatto dell'iniziativa. La Lega nazionale non è forse l'organismo che nello scorso febbraio organizzò la giornata della memoria dei cosiddetti esuli istriani e dalmati pubblicando una cartina bilingue (italiano-friulano) con annessi all'Italia territori appartenenti alle repubbliche di Slovenia e Croazia? Non c'è una certa assonanza e un singolare tempismo tra «Lega Slava» e le popolazioni «slavofone» del nuovo corso (quello dell'involuzione culturale!) del presidente della Provincia, Marzio Strassoldo?
Da «italianissimi» a «slavi doc», dunque. Il passo non è indifferente, soprattutto in chiave politica. Qui bisogna tenere alta la guardia: c'è un chiaro tentativo di far ripiombare la Slavia friulana negli «anni bui» di funesta memoria. La risposta da dare è semplice: attuare senza ulteriori esitazioni la legge di tutela degli sloveni. E' quanto chiediamo ai governi statale e regionale: facciano presto.


Autore: M. K.


3 commenti :

  1. Certo che Lei se la prende con persone che hanno la "colpa" di pensarla diversamente, li prende in giro dando loro del tassista, ingegnere, colonnello, carabiniere, sempre in modo arrogante, COMPLIMENTI, Lei non si firma per intero, loro almeno lavorano o hanno lavorato, mentre Lei cosa fà? Ho voluto inserire nel blog questo articolo per far vedere come questi filo sloveni continuano con cattiveria a deridere persone che cercano di difendere le propie idee.

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  2. Sono d'accordo con il commento precedente. Perchè queste persone non firmano ciò che scrivono? Di che cosa hanno paura?

    I veri grandi intellettuali non deridono mai nessuno perchè sanno che chi si permette di schernire il prossimo denota povertà di spirito.

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  3. Sono d'accordo con il commento precedente. Perchè queste persone non firmano ciò che scrivono? Di che cosa hanno paura?

    I veri grandi intellettuali non deridono mai nessuno perchè sanno che chi si permette di schernire il prossimo denota povertà di spirito.

    Alba Di Lenardo Vissach

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