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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

sabato 28 aprile 2007

Slavia Friulana

Non c'è più timore di smentita. La costituzione della «Lega Slava» è nient'altro che una manovra politica allo scopo di proseguire la politica snazionalizzatrice/assimilatrice nei confronti degli sloveni del Friuli, partita esattamente 140 anni fa, subito dopo l'ingresso della Slavia nel Regno d'Italia. E che tutta l'operazione sia orchestrata dall'entourage del presidente della Provincia, Marzio Strassoldo, autore negli ultimi mesi di un'inaspettata quanto repentina ed anticulturale svolta «slavofona», ora è molto più di un semplice sospetto. Lo conferma autorevolmente una nota dell'ufficio stampa di Palazzo Belgrado nella quale lo stesso Strassoldo replica all'articolo «Da italianissimi a slavi doc» apparso su «Dom» del 30 giugno scorso.
«Quanto alle comunità delle Valli del Natisone, del Torre, di Resia e della Val Canale ­ vi si legge ­, il presidente ribadisce la sua ferma determinazione ad attuare quanto indicato nel programma. Conosco le sterili polemiche che accompagnano ogni pronunciamento sulla questione, che non sia in linea con gli schieramenti che da lunghi decenni contribuiscono al deterioramento dei rapporti all'interno di queste comunità. Tuttavia ­ ha rilevato Strassoldo ­, non intendo entrare nel merito di queste controversie che non sono meramente nominalistiche ma toccano aspetti delicati dell'identità di queste comunità».
Giusto. Il presidente non ha alcun titolo per affrontare la questione né dal punto di vista linguistico né identitario, eppure si contraddice perché proprio lui con le sue posizioni contribuisce ad alimentare «sterili polemiche» e al «deterioramento dei rapporti». Uno scenario che, ad onor del vero, è sopravissuto solamente nelle teste dei nostalgici del ventennio fascista e dei reduci degli «anni bui», in cui nella Slavia imperversavano le formazioni paramilitari antislovene. «Definire genericamente le comunità delle valli, comunità di lingua slovena o slavofone, può essere una distinzione, una questione di convenienza redazionale sulla quale è strumentale innescare polemiche», prosegue Strassoldo, sbagliando di grosso. E' questione di sostanza: se in Valcanale, Resia, valli del Torre e del Natisone non ci sono sloveni, non è possibile applicare le leggi di tutela 482/99 e 38/01. Proprio ciò che da sempre vogliono gli «italianissimi» fondatori della «Lega Slava».
«La sostanza del discorso verte invece sull'identificazione nazionale delle stesse» comunità, afferma ancora il presidente. E qui cade definitivamente la maschera: Strassoldo, a differenza di molti, sa ben distinguere tra i concetti di stato e nazione, come ha dimostrato recentemente alla presentazione, nella sede provinciale, del libro di Daniele Bonamore che ha giustamente definito il Friuli nazione in quanto «corpo sociale che si caratterizza per usi, tradizioni e lingua». Nella Slavia i tre elementi, piaccia o non piaccia, sono sloveni. Basta consultare tutte le ricerche scientifiche dei più autorevoli linguisti ed etnologi.
«Compito della Provincia, pertanto ­ prosegue la nota ­, è quello di promuovere e valorizzare le culture locali». Ci mancherebbe. E' quello che vanno facendo da decenni «Dom» e tutte le organizzazioni slovene. Con grande impegno. Non altrettanto fanno i componenti della «Lega Slava». Quando mai hanno promosso, ad esempio, l'uso della «lingua locale» nella scuola, nella pubblica amministrazione, nella stampa e nelle loro manifestazioni?
Ha ragione Strassoldo quando rileva che «le diatribe in corso non hanno però consentito l'individuazione di soluzioni adeguate ai gravi problemi di natura sociale ed economica che affliggono queste minoranze». Infatti, proprio a causa della presenza di comunità slovene, la politica italiana fino a pochi anni fa ha tenuto la Slavia Friulana ai margini dello sviluppo. Il «Giornale di Udine» («Ufficiale pegli Atti giudiziari ed amministrativi della Provincia del Friuli») in data 22 novembre 1866 scriveva che bisognava eliminarle. Usando il guanto di velluto: «Non faremo però nessuna violenza; ma adopereremo la lingua e la coltura di una civiltà prevalente quale è l'italiana per italianizzare gli Slavi in Italia, useremo speciali premure per migliorare le loro sorti economiche e sociali, per educarli, per attirarli a questa civiltà italiana che deve brillare ai confini tra quegli stessi che sono piuttosto ospiti nostri». E ancora: «Supponiamo che tutti i giovanetti slavi che appartengono alla provincia di Udine sopra Cividale, Faedis, Attimis e Tarcento e nella Valle di Resia venissero istruendosi alla lingua e coltura italiana, e che in quelle valli si leggessero libri popolari italiani, è certo che la trasformazione sarebbe accelerata, e che colla nuova generazione si parlerebbe la nostra lingua da per tutto». Era la pianificazione di un vero e proprio etnocidio.
Tanti furono gli atti di violenza contro l'uso dello sloveno. Culminarono nel 1933 con il decreto di Mussolini che lo proibiva anche nelle chiese. I carabinieri andarono di casa in casa a sequestrare catechismi e libri devozionali. Poi arrivò la bufera del secondo conflitto mondiale, seguita dagli anni della guerra fredda in cui era facile propagandare l'equazione sloveno-comunista. Così che si può gridare al miracolo se oggi qui si parlano ancora dialetti sloveni.
Ora Strassoldo invita tutte le parti in causa «ad avviare un confronto più pacato sulla sostanza delle azioni concrete da intraprendere per salvaguardare e valorizzare le espressioni linguistiche, la cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi di queste comunità senza chiusure pregiudiziali né forzature» (chissà cosa ne pensano i suoi amici della «Lega Slava»?). Pertanto, si impegna a promuovere in prima persona «una verifica sulla questione centrale di questa problematica e a promuovere la ricerca di un minimo comune denominatore di tutte le forze in campo per individuare azioni concrete tese a bloccare il rapido declino demografico e socio-economico di queste comunità».
Appurato che in Italia il modo più efficace per affossare definitivamente un problema è costituire una commissione di studio, il presidente della Provincia potrebbe intanto dare prova di buona fede coprendo il posto di impiegato per la minoranza slovena, che è vacante da parecchi mesi nonostante avessero superato il concorso numerose persone, e ricostituendo la specifica commissione consultiva. Chiediamo troppo?



M. K. (Dom, 15. 7. 2006)

2 commenti :

  1. Ma scusate, ma che paura avete Voi filo Sloveni ad organizzare un censimento dei Sloveni nella Slavia Friulana? Forse non esistono?

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  2. Sono così pochi che non occore fare nessun censimento!!! E loro lo sanno bene ecco perchè non lo chiedono.....

    http://resiaitalia.splinder.com

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