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Il Popolo Resiano, lotta contro l'imposizione all'appartenenza alla Minoranza Nazionale Slovena

martedì 5 giugno 2007

E LO CHIAMANO SOLO SLOVENO ( ? )








Plurilinguismo come risorsa e potenzialità delle minoranze                                          Le minoranze linguistiche, plurilingui per tradizione e per necessità, si propongono come modello di comunicazion  tra lingue e culture e come laboratorio di soluzioni per rispondere da una parte al bisogno inalienabile di identità e di radicamento della persona umana, dall’altra alla «rivoluzione» di un mondo sempre più globalizzato e di società sempre meno omogenee dal punto di vista culturale e linguistico. Al centro di questi bisogni e di sfide sta la scuola come luogo privilegiato di trasmissione della cultura di un popolo, ma anche di conoscenza e di apertura al mondo.
Possono essere sintetizzati con queste parole le riflessioni, le esperienze, gli stimoli e le proposte emerse dal convegno internazionale, organnizzato dall’Istituto per l’istruzione slovena il 18 e 19 maggio, a San Pietro al Natisone. Protagonisti degli interventi e delle tavole rotonde non sono stati specialisti della materia ma persone che si confrontano ogni giorno con questi problemi, i rappresentanti delle minoranze linguistiche presenti sui confini tra i vecchi e nuovi Stati aderenti all’Unione Europea, ma anche dei popoli, come il friulano, il ladino, il sardo, che non vantano «agganci» oltre i confini, nonché delle minoranze sparse in tutta l’Italia, che pure stanno stabilendo fruttuosi contatti con le lingue standard di riferimento o con le comunità, pur esse minoritarie, negli Stati vicini.
«Le minoranze sono di per se stesse plurilingui — ha sottolineato il presidente dell’Istituto, Giorgio Banchig —: oltre alla lingua materna, conoscono il dialetto della comunità più ampia, la lingua standard di riferimento, la lingua dello Stato, nel quale vivono, e le lingue straniere imparate a scuola. Si tratta di un’esperienza, di un modo di essere, di ragionare, di rapportarsi con potenzialità ancora inesplorate sotto diversi aspetti: da quello didattico a quello psicologico, da quello sociologico alla capacità relazionale, dalla percezione della propria identità e dalla sua trasmissione alle giovani generazioni all’esigenza di una valorizzazione delle lingue e culture minoritarie che va oltre il puro riconoscimento legislativo e il godimento di alcuni elementari diritti. Ma sia chiaro — ha chiarito —: plurilinguismo non deve significare annacquamento della propria identità o abbandono delle proprie radici. Plurilinguismo delle minoranze significa partire da una situazione particolare, tante volte svantaggiata, per allargare orizzonti e stabilire relazioni più vaste, sulla base di una dotazione linguistica più ampia e nella consapevolezza del valore di una identità personale e comunitaria».
Ma per rispondere adeguatamente a questo loro «mandato», le minoranze devono disporre di strumenti minimi: l’istruzione nella lingua materna, mezzi di comunicazioni adeguati, sostegno alle proprie attività culturali. Come può un giovane della Slavia Friulana, si è chiesto Banchig, dialogare con i coetanei sloveni d’oltre confine o con quelli delle comunità del Triestino e del Goriziano se l’istruzione bilingue si ferma alla quinta elementare e non conosce attraverso la televisione quello che succede a pochi chilometri di distanza?
Una prima, parziale risposta a questi interrogativi è arrivata dall’assessore regionale alla Cultura e Istruzione, Roberto Antonaz, il quale ha rivelato che «siamo alla vigilia della soluzione del problema dell’istituzione della scuola media bilingue. Ci sono ancora alcune procedure da affrontare, come l’aggravio economico».
Che si sia trattato di un convegno atteso e ricco di contenuti è emerso anche dai saluti che autorità e rappresentanti delle organizazioni culturali hanno portato ai partecipanti: dal sindaco di San Pietro, Tiziano Manzini, che si è rammaricato «per non aver appreso la lingua materna», ad Odorico Serena della Sociatà filologica friulana e componente del Comitatico paritetico, che ha auspicato una maggiore collaborazione tra maggioranza e minoranza; dal presidente della Skgz, Rudi Pavšič, che si è detto a favore di un dialogo tra sloveni, friulani e italiani d’Istria e dell’allargamento della rete delle scuole bilingui in provincia di Udine, al presidente dello Sso, Drago Štoka, che ha puntato il dito contro quegli amministratori che, volendo cancellare i loro comuni dall’elenco di quelli ammessi a tutela, fanno un passo indietro nella storia; dal prof. Giorgio Ziffer, dell’Università di Udine, il quale ha sostenuto che il cittadino europeo deve possedere «una competenza trilingue» al presidente del Confemili, Domenico Morelli, che ha ricordato l’importanza e il ruolo della scuola bilingue di San Pietro e la straordinaria intuizione di Paolo Petricig nel’individuare in quella scelta la migliore soluzione per la provincia di Udine.
I relatori alla prima tavola rotonda hanno offerto una panoramica sulla situazione dell’insegnamento delle lingue minoritarie nel Friuli Venezia Giulia che, vantando la presenza della comunità slovena, tedesca e friulana, si presenta terra d’incontro delle tre grandi culture europee. La situazione per quanto riguarda l’insegnamento delle / nelle lingue minoritarie in regione è quanto mai diversa. Tomaž Simčič, responsabile delle scuole slovene presso l’Ufficio scolastico regionale, ha presentato il sistema delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nelle province di Trieste e Gorizia che coprono tutti i gradi della scuola primaria e secondaria; la direttrice della scuola bilingue di San Pietro, Živa Gruden, ha parlato della singolare esperienza del suo istituto che in pochi anni ha superato i 200 iscritti; l’esperta di educazione plurilingue, Silvana Schiavi Fachin, ha parlato del friulano nelle scuole: dalle prime esperienze ad una proposta organica di educazione plurilingue con lingue dell’ambiente; Velia Plozner dell’istituto comprensivo di Timau - Cleulis si è soffermata sull’approccio dei bambini alla parlata germanofona. Su questo tema, ma visto sul versante plurilingue della Val Canale, si sono soffermate il giorno seguente Donatella Sacchet e Anne Marie Tributch della direzione didattica di Tarvisio.
Il complesso sistema dell’insegnamento della lingua materna presso le comunità italiana e ungherese in Slovenia è stato presentato rispettivamente dalle docenti universitarie Nives Zudič Antonič e Albina Nečak L�k, mentre Anja Zorman ha parlato dell’insegnamento, sempre in Slovenia, delle lingue minoritarie come lingue dell’ambiente.
Al fine di impostare una maggiore collaborazione tra gli istituti scolastici degli stati confinanti e promuovere una vitale «osmosi» tra alunni e studenti e spronarli ad imparare le lingue, ad allargare gli orizzonti, a conoscere la cultura del vicino di casa, a bandire campanilismi e pregiudizi che in passato hanno portato a creare steccati e sensi di superiorità / inferiorità vengono da anni realizzati tra le scuole progetti di collaborazione tranfrontaliera. Di queste esperienze hanno parlato i responsabili sia italiani che sloveni di questi progetti: Andreja Duhovnik, Luisella Tenente, Valerija Perger, Alenka Razpet, Alessandro Guglielmotti e Nino Ciccone.
La situazione dell’insegnamento bi- e plurilingue nella Carinzia slovena è stata presentata da due ispettori: Tomaž Ogris delle scuole elementari e Teodor Domej delle scuole medie. Il convegno si è concluso con una interessantissima tavola rotonda, alla quale hanno partecipato i rappresentanti di alcune minoranze presenti in Italia: Maria Giacin per i ladini del Veneto, Luis Thomas Prader per i tedeschi e Roland Verra pei i ladini del Sud Tirolo, Peyre Anghilante per gli occitani del Piemonte e Silvano Palamà per la comunità grika del Salento.


Autore: L.M.                                    -  DOM     NOTIZIE  -


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