La lingua non può essere considerata, a parere mio, un identificativo di un popolo. Di un periodo storico non si ricorda il linguaggio parlato dalla gente, ma le sue idee, i suoi costumi, gli usi, le credenze, gli svaghi, la concezione del lavoro, della vita e della morte. Quindi non mi serve la lingua per ricordare un popolo, ma la sua cultura in cui è compresa anche la parlata del popolo stesso. Sono giunta a una tale considerazione partendo dalla mia esperienza di vita, per cui tutto ciò che affermo può essere solo la testimonianza di un vissuto. Sono anni che manco dalla mia terra, l’ho lasciata giovanissima quando credevo che bastasse cambiare regione per cambiare mentalità. Mi sono trovata proiettata in un mondo completamente diverso, esattamente a 1.200 chilometri, dove da subito ho dovuto imparare il modo di ragionare del luogo, i costumi, gli usi, la cultura insomma. Da ultimo, e solo perché ero insegnante e quindi mi era utile professionalmente, ho studiato la lingua parlata in Friuli. Ma non mi sarebbe servito conoscerla per vivere qui e lavorare. Ma ciò che avvalora di più la mia tesi è che, dopo un periodo lungo di lontananza, io non ricordi il parlato salentino (qualcuno dice che non voglia farlo), ma la verità è che non mi serve per rammentare la terra natia. La amo, ne faccio parte, la testimonio continuamente con il modo di rapportarmi con la gente, esternando il Dna tipico della gente salentina nei fatti, nelle parole, nella disponibilità, nella generosità. Immagino che possa essere così per tutti i popoli, per i residenti delle varie regioni. Ecco perché sarebbe il caso di non insistere tanto sulla trasmissione (che già di suo come termine non accetto, perché una lingua si parla, si vive, si gusta, non si trasmette) della lingua locale. Insisterei, invece, sulla necessità di far veicolare le tradizioni, i costumi, i modi di pensiero, di ragionare, della mentalità di un territorio ai giovani, in modo tale che negli anni li facciano propri e con essi sviluppino il senso di appartenenza a quel luogo. Concetto basilare per sentirsi parte di una comunità ben definita, e diventare portatori sani di princìpi e cultura caratteristici di una regione. Princìpi talmente forti da essere inattaccabili da altri, con culture e modi dì essere differenti, quindi sicuri che non vuol dire chiusi alla conoscenza e all’apertura verso altro da sé. Nel percorso della vita contano il valore e il rispetto che a essa vengono dedicati e non certamente la lingua con cui a essa ci si rivolge.
Maria Sabina Marzotta Udine
Tratto dal Messaggero Veneto del 20 ottobre 2010
Complimenti alla signora Maria Sabina Marzotta, davvero un ottimo articolo che condivido in ogni sua parte.
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