Se si fa sistema
In relazione alla lettera pubblicata lunedì 17 scorso e firmata da Guido Danelutti ci corre l’obbligo di fornire alcune precisazioni e risposte. Innanzi tutto ringraziamo l’estensore per aver preso spunto dalla nostra nota. Infatti riteniamo importante che si riapra nella nostra regione un serio dibattito dedicato alle aree protette. In secondo luogo, vorremmo evidenziare come le critiche presenti nella lettera siano quantomeno ingenerose e forse suggerite da una scarsa conoscenza della nostra realtà. Se da una parte, infatti, è vero che il nostro Parco è piuttosto piccolo per essere un’area protetta montana, è altrettanto vero che questo non ha mai rappresentato un limite eccessivamente gravoso per le sue attività.Nel corso dei suoi quasi quindici anni di vita, il Parco ha operato negli ambiti che la legge istitutiva gli ha indicato tutelando e valorizzando il proprio patrimonio naturalistico, costruendo centri visite e punti informativi, recuperando ricoveri montani e mantenendo la sentieristica, ospitando migliaia di studenti in visita, organizzando eventi promozionali e visite guidate, attuando e diffondendo buone pratiche finalizzate a promuovere lo sviluppo sostenibile locale. Tutto ciò è stato certificato dall’apprezzamento di migliaia di visitatori e da alcuni riconoscimenti ottenuti anche a livello internazionale. Potremmo essere più puntuali evidenziando tutta una serie di esempi e di progetti, ma preferiamo che chi è effettivamente interessato a conoscerci e a sostenerci venga direttamente a trovarci: saremo ben lieti di fornire qualsiasi spiegazione necessaria. Va però evidenziato come i risultati ottenuti siano il frutto di una rete di relazioni costruita nel corso del tempo con soggetti operanti nel territorio interessato dall’area protetta, ma anche al di fuori di questo: altri enti, università, istituzioni, associazioni, soggetti economici, singoli cittadini che non hanno avuto paura di collaborare con una realtà che tanto “fantasma” in fondo non è. Vale la pena altresì sottolineare ancora un paio di aspetti che il signor Danelutti non conosce o non ha colto. Il primo relativo alla scelta compiuta dal sottoscritto in accordo con l’attuale consiglio direttivo, che ha deciso di tagliare del 30% l’indennità del presidente e integralmente i gettoni spettanti ai consiglieri. Un segnale magari piccolo, ma sicuramente significativo, di quanto a cuore ci stia la sorte del Parco. Il secondo inerente al fatto che la mia precedente lettera non voleva “piangere il morto”, ma porre questioni sul ruolo attuale dei parchi alla luce delle esigenze di cambiamento del modello di sviluppo. Su questo ci stiamo confrontando all’interno dell’ente e vorremmo che si aprisse un confronto che potesse coinvolgere molti interlocutori. In relazione allo sviluppo dei territori ripeto che nessuno oggi mi sembra essere in possesso della bacchetta magica; il Parco è uno strumento che funziona nel momento in cui fa sistema con gli altri soggetti presenti sul medesimo territorio e da questi è riconosciuto. Ma è sicuramente uno strumento importante, in cui noi continuiamo a credere perché in questi anni, pur fra mille difficoltà, ha saputo essere nelle sue azioni concrete propositivo e innovativo, anche giocando il ruolo di volàno economico. Poi, è ovvio, si può sempre migliorare; ma eliminare no. Perché eliminare il Parco vorrebbe solamente dire restituire al cittadino un territorio più povero, meno visibile e un po’ più triste. Questo penso non lo voglia neanche il signor Danelutti, che invito a venirci a trovare per una conoscenza reciproca e un sereno scambio di idee.
Sergio Chinese
presidente dell’ente Parco naturale delle Prealpi Giulie
Resia
Tratto dal Messaggero Veneto del 26 gennaio 2011
Eccovi la lettera
PREALPI
Un Parco non decollato
La lettera del presidente dell’ente Parco delle Prealpi Giulie, signor Sergio Chinese, pubblicata alcuni giorni fa sul suo quotidiano, oltre a illustrare principi di innegabile verità, contiene altresì alcuni spunti di riflessione che vale la pena di analizzare. Innanzitutto il signor Chinese si chiede perché i parchi sono visti come un peso per la collettività evoluta. Esistono invero alcuni politici locali, e fors’anche regionali, nonché illustri rappresentanti del mondo venatorio che per meschino tornaconto personale cavalcano e diffondono ad arte il terrore per i parchi. Dicono che nei parchi non si può tagliare nemmeno la legna, che i proprietari perdono ogni diritto sui propri fondi e altre amenità del genere che il tempo ha saputo abbondantemente sbugiardare.
Il signor Chinese dovrebbe invece chiedersi come mai, in 15 anni di attività, il parco da egli rappresentato, al contrario di quanto avvenuto in tutte le altre realtà consimili, non ha saputo fungere da volano economico per le comunità sulle quali esso insiste. La risposta è molto semplice: perché è un parco fantasma! Stiamo parlando di una porzione di territorio che le lobbies venatorie hanno relegato nella parte sommitale di un’aspra catena montuosa, irraggiungibile e invisitabile per quelle categorie di persone che tutti gli analisti economici indicano come i maggiori fruitori di dette aree nonché i maggiori apportatori di benefici economici, ossia le famiglie e le scuole. Fra l’altro, una siffatta perimetrazione etologicamente non permette alcuna tutela delle popolazioni animali, almeno quelle di maggiori dimensioni che, infatti, alla prima nevicata escono dai confini finendo inevitabilmente impallinate. In ultimo non permette alcuna seria attività di studio e infine non permette una corretta gestione del territorio.
Ma allora un parco del genere a cosa serve? I più maliziosi risponderebbero che è servito unicamente come salvadanaio per alcune amministrazioni comunali e ora che i soldi sono finiti si piange il morto... Caro signor Chinese non si possono fare le nozze con i fichi secchi. O si seguono i “dictat” venatori e quindi ci si rassegna a un parco “che non c’è” oppure si ha il coraggio di renderlo un vero parco con un vero territorio strutturato in modo da attrarre turismo e risorse e quindi costituire una opportunità per le economie disagiate delle popolazioni montane. Così com’è non serve a nessuno se non a rappresentare un inutile costo per la collettività. Se i politici locali non intendono ampliarlo tanto da renderlo fruibile, meglio farebbe il presidente Tondo a sopprimerlo del tutto dirottando fondi e personale verso quelle realtà che hanno dato prova di maggior lungimiranza, soprattutto nei riguardi delle nuove generazioni.
Guido Danelutti
Tolmezzo
Tratto dal Messaggero Veneto del 17 gennaio 2011
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