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sabato 17 dicembre 2011

Val Resia: l’ombra del Canin

Fin dalla nascita percepisci quella strana sensazione di apprensione che poi ti accompagnerà per buona parte della tua vita, la separazione dalla terra d'origine, la lontananza dal proprio paese e dalla propria casa. Questa situazione la avverti ma non sai quando giungerà questo distacco, questa partenza, sei solo consapevole di aspettare quel giorno, che arriverà.
Il tuo paese di nascita, che ti ha visto crescere, dove hai vissuto i tuoi anni dell’infanzia, gli anni della scuola, le prime turbative giovanili, sai perfettamente che non ti potrà mai dare un futuro e questo fatto è sempre sentito come un conflitto nella tua vita personale.

Una volta questo distacco era temporaneo, stagionale, quello che caratterizzava buona parte i nostri antenati, fenomeni migratori di manovalanza. Chi partiva lo faceva per un periodo breve, di alcuni mesi, per poi ritornare presso la propria abitazione a trascorrere i mesi invernali.
Ora questo distacco è più facile che diventi, con ogni probabilità, un fatto di emigrazione permanente. I tempi e le possibilità di lavoro sono cambiati e le vie di comunicazione e d’integrazioni più praticabili.
Pur consapevole che la separazione dalla tua valle, dai tuoi monti, dai ricordi d’infanzia, non sempre desiderata e accettata a cuor leggero, ma come la conseguente di una scelta obbligata per questioni economiche e sociali. Sei conscio di questo distacco ma in te non ci saranno mai il pensiero e la coscienza, nel cuor tuo e nella tua mente, di rinnegare il tuo passato e le tue origini. Questa separazione per qualcuno si verifica e si è verificata con una certa rassegnazione, in modo tranquillo e sereno, per altri con un senso traumatico e doloroso, nella stessa maniera che si procede nello sradicamento di una pianta per trapiantarla poi da un’altra parte. Questa operazione sofferente non sempre dà i suoi frutti sperati, ma nella consapevolezza della condizione che ne deriva cerchi di fare buon viso e cattivo sangue.
Chi parte sa che forse, nell’arco della sua vita, ha poche possibilità di ritornare ancora in forze, chi mai più, chi nella sua tarda età per godersi almeno in santa pace i suoi pochi anni che gli restano da vivere. Il fenomeno dell’emigrazione non è solo un problema che riguarda gli abitanti della Val Resia, ma inevitabilmente per buona parte della gente che vive in zone chiamate propriamente o impropriamente disagiate e con un trascurabile margine di sicurezza per il futuro.
Nel momento della partenza non ti viene mai in mente da dire addio, anche se forse per molti sarà  una separazione definitiva, ma sempre e consapevolmente un arrivederci, un mandi, uno sbugan con l’augurio che presto o tardi, possibilmente, di ritrovarti all’ombra del Canin.
Sei consapevole, però, che la sua ombra non riuscirà a ridarti pienamente quella serenità sperata e coprire tutte le avversità e le contraddizioni che accompagnano quotidianamente la vita nella Valle. Sei lontano, ma le avverti, e sei consapevole che qualcuno tradisce le proprie origini e mette in discussione tutto quello che tu di positivo hai lasciato.
Vedere il proprio paese, la propria valle lacerati da contrapposizioni non sempre conformi alle regole, assistere a dei conflitti di natura esistenziale, vedere gente lottare per riprendersi la propria identità e la propria sovranità, la propria indipendenza linguistica, al solo pensiero tutto questo è penoso. Chi vive lontano dalla Valle sente questo fatto con un trasporto di sentimenti ancora più forte, a differenza dell’essere presenti, e costatare con le proprie sensazioni questi problemi, che esistono e che provocano profonde ferite nella tua identità.
Anche se lontano dalla propria terra di origine non dimenticherai mai le tue radici, la tua provenienza e quell’appartenenza ad una stirpe unica per la sua tipicità propria di un popolo, il popolo resiano, indipendente nella propria resianità.
Franco Tosoni
San Giorgio di Resia

Tratto dal Messaggero Veneto del 17 dicembre 2011

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