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lunedì 1 febbraio 2010

RESIA No alle altre tre centraline

Ora che sulla centralina che si vorrebbe attivare sul torrente Resia, in località “Ponte Rop”, è calata l’opposizione, oltreché dell’opinione pubblica e del Comitato contrario, anche del consiglio comunale di Resia, ne rimangono altre tre in progetto a Zamlin, Uccea e Resiutta. Il Resia è ancora un gioiello ecologico, che i pescatori, locali e foranei, ben conoscono e che a centraline funzionanti non sarà più lo stesso. Questo corso d’acqua, simbolo del Parco delle Prealpi Giulie, è ancora il custode di una tanto irripetibile quanto preziosa risorsa naturale, in cui vivono la trota marmorata, tipico endemismo padano, il temolo adriatico, altrove sempre più raro, e non ultimo il gambero d’acqua dolce, tutte specie oggetto di tutela ai sensi della Direttiva europea 92/43/Ce “Habitat”. Infatti le prime due sono oggetto di specifici progetti di conservazione, che l’Ente tutela pesca ha avviato da tempo per la loro salvaguardia e reintroduzione negli areali originari. Queste centraline, con la loro captazione, andrebbero a impattare pesantemente oltreché negativamente su alcuni dei tratti più interessanti del torrente, in aperto contrasto con quanto dettato dalla Direttiva europea 2000/60/Ce che si prefigge di impedire un ulteriore deterioramento dei corpi idrici, favorendo la protezione e il miglioramento degli ecosistemi acquatici. Ma il mondo della pesca sportiva, che genera in Val Resia una corrente turistica ecocompatibile, chiede una volta per tutte a chi dovere l’adozione di criteri volti a definire la sostenibilità ambientale dell’uso dell’acqua e in particolare che vengano limitati il numero e lo sviluppo delle derivazioni per ogni singolo corpo idrico, al fine di garantirne la conservazione delle caratteristiche naturali e della funzionalità ecologica. In attesa di queste doverose norme, che sembra siano attualmente allo studio in Regione, è necessario che la stessa sospenda cautelativamente il rilascio di nuove autorizzazioni a derivare l’oro bianco della nostra montagna.


Claudio Polano


Gemona


Tratto dal Messaggero Veneto del 27 gennaio 2010  

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