Urgente uscire da questa situazione
La decisione del consiglio comunale – presa senza nessun voto contrario e in presenza di un folto pubblico – di chiedere l’esclusione della Resia dalla tabella dei comuni nei quali si applica la legge 38-2001 di tutela della minoranza linguistica slovena conferma la crescente presa di coscienza da parte dei cittadini della fascia confinaria del Friuli della necessità di intraprendere iniziative volte a riconsegnare all’ambito democratico le questioni relative alla loro identità. D’altra parte, questo pronunciamento dimostra l’artificiosità e la precarietà del meccanismo previsto per l’inserimento dei comuni nell’ambito territoriale di applicazione della legge stessa. Anticipa, infine, un periodo di notevoli turbolenze e instabilità nella gestione dei comuni della provincia di Udine nei quali si applica la sopra menzionata legge. L’articolo 4 di questa legge stabilisce che «le misure di tutela» si applicano «nel territorio in cui la minoranza è tradizionalmente presente». Con un salto illogico e poco democratico, la determinazione concreta di questo territorio viene affidata all’iniziativa «di almeno il 15% dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri» dei comuni interessati, senza prevedere meccanismi di verifica dell’effettiva identificazione della popolazione nella «minoranza linguistica slovena». La legge non stabilisce un termine per la definitiva permanenza dei comuni nella tabella che delimita il territorio di applicazione della stessa, lasciando la porta aperta a continue modifiche: iscrizioni, cancellazioni, re-iscrizioni, nuove cancellazioni, eccetera, determinando così uno stato di continua tensione politica su una questione che, purtroppo, risente ancora del clima infuocato del periodo nel quale la sovranità statale su queste terre era ancora incerta. Ogni elezione amministrativa locale rischia di trasformarsi in un referendum sull’inserimento dei comuni della Resia, delle valli del Natisone e del Torre nella tabella di cui all’articolo 4 della legge 38 del 2001: fino alla scomparsa fisica della comunità. La maggior parte delle residue energie rimaste in loco si concentrerà su questa questione, trascurando i problemi legati al degrado demografico e ambientale, all’emarginazione economica e sociale, all’ulteriore asservimento istituzionale, alle ipotesi di rinascita e sviluppo. Il tema predominate del dibattito politico sarà, ancora più di adesso, quello della nuova colonizzazione culturale e linguistica in chiave nazionale e sul come resistere. Le aggregazioni non avverranno più sulla base delle progettualità programmatiche o di schieramento ideale, ma si comporranno sulla risposta alla questione mai risolta: sloveni sì, sloveni no. È indispensabile e urgente uscire da questa situazione. Deve intervenire la politica: di destra, di centro, di sinistra. Trattasi della sopravvivenza di una comunità storica di questo paese il cui destino è stato, troppo a lungo – e anche recentemente – giocato su tavoli impropri: quelli della politica internazionale. È venuto il momento di ripristinare l’esclusivo quadro italiano della questione della Slavia e di restituire la voce ai normali processi democratici. I parlamentari, i consiglieri regionali, i segretari dei partiti di tutti gli schieramenti prendano l’iniziativa di aprire un luogo di confronto serio e costruttivo per ridefinire i termini della tutela di questa comunità e, senza niente togliere a nessuno, ma garantendo la libera espressione di tutte le sensibilità identitarie, creino le condizioni per l’individuazione di una soluzione complessiva (culturale, linguistica, sociale, economica, istituzionale) e ampiamente condivisa che disinneschi la conflittualità in atto e avvii virtuosi processi di rinascita e sviluppo. La comunità della Slavia friulana, in particolare quella delle valli del Natisone, si trova oggi, dopo la cancellazione delle Comunità montane, di fronte a una scelta epocale sul suo futuro istituzionale. Anche in questo contesto, piuttosto che dividersi in base a schieramenti precostituiti nella ricerca di effimeri vantaggi elettorali, andrebbero promosse le convergenze le più ampie possibili nell’individuazione di soluzioni atte a restituire alla comunità la sua piena e autonoma capacità di autogoverno, condizione irrinunciabile per la progettazione di un futuro migliore. Non si tratta di avere ragione o di fare prevalere le proprie posizioni ma di contribuire – ciascuno per quanto gli compete – all’individuazione di una proposta che, avanzata unitariamente, non potrà che essere accolta dai livelli preposti alla sintesi politica relativa al nuovo ordinamento locale in territorio montano.
Ferruccio Clavora Forum per la Slavia Pulfero
Tratto dal Messaggero Veneto del 28 Agosto 2010
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